A Montetauro trenta consacrate adottano bambini

Ero a Loreto, nella piana di Montorso, alla messa del Papa domenica 5 settembre 2004, per la conclusione del “pellegrinaggio” dell’Azione cattolica italiana e internazionale. Duecentomila persone cantavano sotto il sole. Dalla tribuna stampa scorsi la sagoma inconfondibile di suor Paola, la responsabile della Piccola famiglia dell’Assunta, una comunità di consacrate che si dedicano a bambini e persone menomate a Montetauro di Coriano, in provincia di Rimini.
Sono stato due volte in quella comunità, affascinato dalla totale dedizione di ognuna di loro ai “piccoli” di cui si fanno mamme adottive: ognuna ha un “figlio” che tiene sempre con sé, in camera, a tavola, in cappella. Ed erano là, nella piana di Montorso, ognuna con in braccio il “piccolo”, o per mano, o nella carrozzina accanto a lei. “Come avete fatto a ottenere il privilegio dei primi posti, accanto alle autorità?” ho domandato. E suor Paola, sudata e felice: “Perché gli ultimi saranno i primi!”
In quella valle, tra il mare e la collina, non c’era riparo dal sole. Gli amici di Montetauro (50 membri della comunità, 20 disabili, 20 accompagnatori, 70 persone della parrocchia) erano costretti a bere una bottiglia d’acqua dopo l’altra. “Il caldo era tanto, ma siamo felici di essere stati lì”, mi dice suor Paola al telefono, dopo il rientro a Rimini.
Chiedo come mai fossero a Loreto: “C’era una ragione particolare ed è la beatificazione del riminese Alberto Marvelli (1918-1946). Noi viviamo a Rimini e dunque dovevamo partecipare alla festa di un nostro fratello. Ma ci tenevamo anche a portare i nostri piccoli dal Papa. Rimini è a poco più di cento chilometri da Loreto e noi siamo convinti che loro hanno tutto il diritto di essere presenti ai veri grandi eventi”.
Considero la nascita di quella comunità – trent’anni fa – un segno dello Spirito per la nostra epoca. Attribuisco lo stesso significato alla Nostra famiglia di don Luigi Monza (1898-1954), che era nata una ventina di anni prima e che si occupa – anch’essa – dei disabili. E tante sono oggi le coppie che adottano bambini menomati, o le “case famiglia” e le “famiglie allargate” che li ospitano.
Il genio della carità è inesauribile e ogni epoca cristiana inventa le sue forme di aiuto. Tra quelle specifiche del nostro tempo, c’è il soccorso agli ultimi nella quotidianità. Non si ispirava già a tale segno Padre Pio quando pensò di creare la Casa sollievo della sofferenza?
Se passi una giornata nella comunità di Montetauro, il Vangelo hai l’impressione di toccarlo con mano, nella forma della carità più disinteressata.
A lume di ragione sarebbe logico organizzare un’assistenza in comune, come avviene in tanti istituti e case di accoglienza: permetterebbe di fornire prestazioni più qualificate e di accogliere un numero più alto di bisognosi. Ma quella sarebbe la logica dell’efficacia, a Montetauro invece tutto è dettato dall’amore che – per sua natura – tende a essere esclusivo e vuole durare per sempre.
Ecco dunque che ogni «sorella» riceve come in adozione una creatura massimamente bisognosa: qualche volta sono bambini totalmente incapaci di intendere e di volere. Tra madre e figlio si crea un rapporto definitivo: la regola della comunità prevede che nulla possa turbare quel legame a vita tra la madre di vocazione e il figlio adottivo: la «mamma» non può essere trasferita, il «figlio» non può esserle tolto per nessuna ragione.
Capita che – inseriti in questo rapporto d’amore esclusivo e vitale – anche i bimbi più gravi rifioriscano e tornino a sorridere, qualche volta a parlare. Per esempio Simone è un bimbo cerebroleso grave dalla nascita: «E’ impossibile che possa vivere», avevano detto i medici. Ora ha undici anni e con i suoi occhi azzurri osserva la mamma di vocazione, le sorride, socchiude gli occhi, le parla con il cuore.
Suor Maddalena vive come in simbiosi con Ciriaco. Quand’era piccolo lo teneva sempre in braccio e ora continua questo rapporto come di fratelli siamesi: «A dire la verità sento che il Signore, tramite Ciriaco, mi ha dato tutto, dalla salute alla gioia. Prima ero frequentemente ammalata e triste, poi con Ciriaco non ho più avuto tempo di ammalarmi: aveva sempre bisogno di me e non mi lasciava stare a letto. Inoltre vicino a lui non si può essere tristi, perchè lui non vuole!»
Suor Agnese ha iniziato a frequentare la comunità quando aveva appena 13 anni. Ora ne ha 42 ed ha già avuto due «figli» che «se ne sono andati dal Signore»: Cristina eppoi Sonia. Ora ci sono Davide e Alessandro a riempirle la vita. Spiega così la sua vocazione: «Credo che mi sia successo come a una che si innamora per la prima volta: non c’era più nulla di importante nella mia vita senza la Scrittura. Mi sono sempre piaciuti i bambini. Nei nostri poi, più bisognosi di altri, sentivo una presenza particolare di Dio, qualcosa di ancora più prezioso, per cui mi è stato facile amarli e spendere le mie energie per loro».
L’Associazione «Piccola famiglia dell’Assunta» viene fondata da don Lanfranco Bellavista – discepolo di don Giuseppe Dossetti – nel 1972 e viene «canonicamente» riconosciuta dal vescovo di Rimini il 2 febbraio 1998. All’inizio erano 3 ragazze che assistevano 5 bambini portatori di handicap, ora ci sono 30 «sorelle» e 6 «fratelli» che servono 40 «accolti». Dell’associazione fanno parte anche alcune coppie di sposi.
La comunità ama il nascondimento. Nella «piccola regola», scritta da Dossetti, c’è questo passo: «Il silenzio è l’unica lode vera e degna, esso stesso puro dono di Dio. Il silenzio interiore, che è il progressivo venir meno di ogni fantasia, di ogni programma, di ogni apprensione per il futuro, di ogni pensiero non richiesto dal dovere immediato, dono che va invocato, predisposto e custodito con la fedeltà al silenzio esteriore».
La vita è povera e severa, nella comunità di Montetauro. La sveglia suona alle 4,50. Alle cinque inizia l’ufficio delle «ore», cui segue la «lectio divina» e la messa. Il lavoro consiste nell’assistenza che già abbiamo detto, nella cura dell’orto, della lavanderia e della cucina. In più si modellano piccole statue di creta e si dipingono icone. A mezzogiorno c’è l’«angelus» e l’«ora media», poi il pranzo festoso in comune. E in comune si dice il rosario, la sera, cui partecipano anche i più piccoli.

Luigi Accattoli
Da La Voce di Padre Pio 11/2004

2 Comments

  1. […] Un saluto ai visitatori, mentre sto partendo per Rimini dove stasera alle 21 sarò tra gli animatori della Veglia di Pentecoste che si farà in Piazza Cavour. L’anno scorso ero stato parte di un’analoga Veglia a Pistoia, vedi qui: Buona Pentecoste da Piazza Duomo a Pistoia. Sono entusiasta delle veglia in piazza. “Dobbiamo rischiare di più la nostra presenza per le strade e nelle piazze” diceva quell’11 giugno il vescovo di Pistoia e io argomentavo con lui lo stesso concetto. – Domani mattina salirò a Montetauro, dove festeggerò la Pentecoste con le sorelle della Piccola Famiglia dell’Assunta: uno delle comunità di maggiore radicalità evangelica che io conosca. Poi vi racconterò sia di Rimini sia delle “sorelle” di Montetauro e dei “piccoli” a cui dedicano la vita. Chi voglia saperne qualcosa legga qui: A Montetauro trenta consacrate adottano bambini. […]

    26 Maggio, 2012 - 11:45
  2. […] un piacevole pasto comunitario – con un bel sole, gli olivi in fiore, due cani bonari, i “piccoli” che hanno sempre il primo posto. Mirabile conversazione con don Mauro, un prete colpito da sla che stampa omelia battendo gli occhi […]

    27 Maggio, 2012 - 22:05

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