“Medico missionario in Nicaragua, Angola, e ora nell’ex Zaire. Paesi dove la guerra ha tenuto e tiene banco. Sola, nella foresta, dirige l’ospedale di Kimbau, una struttura senza acqua né luce. Centomila persone con l’ospedale come unico punto di riferimento. La guerra è arrivata ma Chiara Castellani e rimasta, sola nonostante la perdita di un braccio in un incidente stradale mentre portava un ferito gravissimo a Kinshasa”.
Con questa motivazione Chiara Castellani riceveva nel 2000 il premio Cuore amico di Brescia, una specie di Nobel riservato ai missionari. Chiara è una piccola donna, indomabile nella decisione di servire i poveri, eppure facile al pianto. Rivendica questa attitudine come “un segno di fragilità tutta femminile”.
Ma Chiara è anche un personaggio. Nel 2000 il presidente Ciampi l’ha proclamata Ufficiale della Repubblica e nel 2001 la Regione Valle d’Aosta le ha dato il premio Donna dell’anno.
Era già nota – nel mondo del volontariato – per l’epistolario Carissimi tutti: Nicaragua 1983-1990, che pubblicò con l’editrice Terra Nuova nel 1990 e sta diventando ora notissima con il volume Una lampadina per Kimbau, pubblicato da Mondatori e curato da Mariapia Bonanate, una giornalista amica con cui Chiara è in corrispondenza da tempo. Il nuovo libro – un documento straordinario dell’avventura cristiana tra i diseredati del pianeta – raccoglie memorie, sfoghi e preghiere di questa ostetrica creativa, che si è improvvisata chirurgo di guerra e che tiene duro, in tale missione, da oltre vent’anni.
Chiara è di Parma, ha 47 anni, con una formazione negli scout. La laurea in medicina la prende al Gemelli e a 26 anni – nel 1983 – parte con il marito per il Nicaragua: due medici per una missione di coppia, con il Movimento laici America Latina. Con tutta se stessa si dedica a far nascere “ninos morenos con tanti capelli che, quando escono fuori, gridano l’inizio della loro grande avventura, in questa terra strana, audace. Dove anche sopravvivere è una folle scommessa. Ma dove vale sempre la pena di scommettere”.
Lei scommette sempre il tutto per tutto, ma la realtà della vita e del Nicaragua la mette brutalmente con le spalle al muro: il marito l’abbandona dopo un anno di “missione” e lei è costretta a trasformarsi da ostetrica in chirurgo di guerra.
Per dieci anni, da studenti, lei e l’uomo che amava avevano progettato un impegno a favore “degli ultimi tra gli uomini”. E con quell’idea si erano promessi “amore eterno”. Cade quel sogno e anche quello del Nicaragua solidale: gli scontri tra sandinisti e contras la costringe ad amputare braccia e gambe, invece di far nascere bimbi mori.
Dopo sette anni di Nicaragua e un breve soggiorno in Italia, Chiara riparte: Mali, Angola e infine il Congo. Il continente nero era da sempre nel suo cuore. A sette anni aveva detto alla mamma: “Diventerò medico e andrò in Africa a curare quelli di cui nessuno si occupa”.
L’Africa le appare «cento volte più tremenda di come me l’aspettavo, ma anche più bella». Nel 1992 la jeep su cui viaggia si rovescia e le schiaccia il braccio destro, che perderà: “Da colei che amputava, sono diventata io, l’amputata. Cambia tutto”.
Cambia tutto, ma Chiara non si arrende: «Nzambi, il mio Dio in lingua Kikongo, ha pensato bene di salvarmi perché continuassi a sognare insieme con lui e con chi ha una sola speranza, quella di essere amato dal Padre degli ultimi e degli oppressi».
Descrive se stessa, amputata, come “passero con un’ala sola” e continua nella sua missione, nonostante la menomazione e la violenza in cui si trova a operare: “Vado avanti come se la guerra non esistesse, fa parte della mia incoscienza”.
“Non siamo figli dello stesso Dio?” si chiede ragionando sulla diversità con cui la sorte ha trattato lei, amputata di un braccio, rispetto a come tratta gli innumerevoli amputati per mine antiuomo che trova in Angola: “Io ho avuto diritto, in pochi mesi e gratuitamente, a una protesi perfetta che loro non avranno mai. Io posso fare vita normale e lavorare come prima, loro sono costretti a elemosinare nelle strade della città”.
Così descrive la sua obbedienza, anzi il trasporto per la chiamata a servire: “Sento dentro di me un’esplosione d’amore non diretto a una sola persona, ma all’universo. Mi sento come se avessi ancora sedici anni”.
Ed è al Congo, alla comunità di Kenge e al suo vescovo che il 25 agosto 2002 Chiara si consegna a vita: «Io, Chiara Castellani, di fronte a te, padre vescovo mons. Gaspard Mudiso, e davanti agli occhi della comunità di cristiani della diocesi di Kenge; io prometto di vivere nella povertà e nell’obbedienza, per poter servire il popolo di Dio che si trova in questa diocesi. Tu, Dio mio, sovrano di misericordia e di tutte le cose, aiutami: che io possa vivere per sempre in questa nuova alleanza che hai voluto stringere oggi con me. Io ho riposto la mia speranza nella tua grazia, aiutami a identificare la mia vita con la vita di Gesù Cristo».
Una donna con queste esperienze cristiane forti, schiettamente evangeliche, noi siamo portati ad ascoltarla e a penderla sul serio, anche quando dice parole ardue a intendersi.
Per esempio, se ci racconta che dopo vent’anni di “solitudine affettiva, abitata dai rimpianti di una maternità mai realizzata e dal desiderio di avere l’abbraccio caldo di un uomo” – bene, se ci dice che dopo tutto questo Piero, il suo sposo fuggiasco, che l’ha lasciata per un’altra donna, è “un uomo che continuo ad amare, perché dieci anni di condivisione ideale non possono essere cancellati dall’errore di un momento”.
Oppure se afferma che “Dio è vicino ai poveri e lo si guadagna stando vicino a loro”. O ci confida “la convinzione che obbedire a Dio dà forza per disubbidire al potere”. E se infine ci racconta il suo “dialogo con un Cristo vicino”, nel quale “ho continuamente ricevuto ‘segni’ della sua esistenza e della sua materna preoccupazione per la mia piccola vita”. Segni che per lei assumono conclusivamente questo significato: “Chiara, non avere paura, io sono con te”.
Luigi Accattoli
Chiara Castellani, Una lampadina per Kimbau. Le mie storie di chirurgo di guerra dal Nicaragua al Congo raccolte da Mariapia Bonanate, Mondatori, pagine 224, euro 15,00
Da La Voce di Padre Pio 9/2004