Rileggendo in questi giorni pagine argute del linguista Serianni – vedi post precedente – ho trovato una bizzarra rispondenza tra un suo esempio di lingua e il modo della sua morte, protagoniste d’entrambi le strisce pedonali. Ne è venuta una mia immaginazione, due volte bizzarra, sul suo ultimo pensamento, o processo mentale, come avrebbe detto lui. Nel primo commento le sue parole forse preveggenti, nel secondo l’affettuosa bizzarria con cui invito a rileggerle.
Bizzarrie della vita e delle parole: lo dico delle strisce pedonali e del linguista Serianni
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Attraversando le strisce. Alla pagina 114 del volumetto Parola (Il Mulino 2016) il didascalico Luca Serianni così svolge un esempio d’ironia ottenuta con l’uso di una parola con un significato altro rispetto a quello letterale: Se, attraversando le strisce pedonali, siamo quasi investiti da un’auto che non si è fermata, possiamo inveire, fare un gestaccio oppure dire: “Bravo!” o “Brava!”; in tal caso usiamo una parola che nell’italiano d’oggi ha accezioni quasi soltanto positive, ma vogliamo dire il contrario. Il 18 luglio il nostro Luca è stato investito su strisce pedonali da una guidatrice che non si è fermata: il resto lo dico nel prossimo commento, facendo dell’attraversante Serianni il personaggio di una novella e vestendo io per un momento i panni del narratore onniscente.
In quel tempo infinito. Mia novella della morte del linguista Serianni. Attraversando quella mattina le strisce pedonali, il prudentissimo Luca viene investito da un’auto che non si ferma: mentre l’urto lo rilancia sul marciapiede che ha appena lasciato, ha il tempo infinito di percepire che alla guida è una donna e di dirle “brava!”. Di dirglielo con la garbata ironia di ogni suo giorno e con quella parola breve che aveva pronta dal giorno lontano nel quale aveva lavorato e limato una pagina di un suo manuale