Su Francesco strattonato che perde la pazienza e poi chiede scusa il Corsera pubblica oggi due miei articoli: una cronaca e un’intervista all’arcivescovo Fisichella. Non riuscendo a fornirne un link affidabile, per i limiti dell’accesso libero al Corsera online, riporto i due testi nei commenti. Il “Corriere Roma” ha poi – sempre oggi – un mio commento all’omelia del Papa durante la celebrazione del Te Deum di fine anno. Anche quello riporto dopo gli altri due testi. La frase di Francesco che ho posto a titolo del post è citata da Fisichella, che la riprende da una conversazione in aereo.
Bergoglio: “Se sbaglio chiedo scusa e vado avanti”
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Cronaca 1. CITTA’ DEL VATICANO – Una donna prende la mano del Papa e lo strattona per tirarlo a sé martedì sera in piazza San Pietro. Francesco si libera dalla presa colpendo con la sinistra la mano predatrice. A rimedio di quel gesto di stizza, ieri all’Angelus ha chiesto scusa per il “cattivo esempio”.
Il fattaccio è accaduto alle 18,30 dell’altro ieri, mentre Francesco – come fa ogni anno in questa circostanza – salutava la folla che aveva assistito alla sua visita al presepe di piazza San Pietro. Si era avvicinato alla transenna e accarezzava bambini, sfiorava mani.
Una donna dai lineamenti asiatici gli afferra con gesto deciso il braccio destro e lo tira di lato facendolo barcollare. Francesco si ferma, si volta verso di lei, fa due volte per ritirare il braccio, ma quella insiste a trattenerlo; e allora lui colpisce con l’altra mano aperta la mano di lei e finalmente si libera.
Oggi all’Angelus il Papa ha chiesto scusa per quel “cattivo esempio”, cioè per aver perso la pazienza con la signora che l’aveva catturato. L’ha fatto con un rapido accenno mentre argomentava che la “salvezza” predicata dal cristianesimo “non è magica, ma è una salvezza “paziente”, cioè comporta la pazienza dell’amore, che si fa carico dell’iniquità e le toglie il potere”.
E’ a questo punto che è arrivata la piccola digressione: “La pazienza dell’amore: l’amore ci fa pazienti. Tante volte perdiamo la pazienza; anch’io, e chiedo scusa per il cattivo esempio di ieri”.
Cronaca 2. Casi simili erano capitati più volte, nelle udienze o nelle trasferte di questo Papa, facilitati dal fatto che Francesco vuole un contatto diretto con la folla. Una volta aveva gridato “non fare il prepotente” a un uomo che durante un appuntamento della visita in Messico l’aveva tirato a sé come la signora dell’altro ieri, facendolo infine cadere su altre persone.
Un’altra volta – il 21 marzo 2015 – aveva corso il pericolo d’essere travolto durante un incontro con le monache di clausura nella cattedrale di Napoli, quando in frotta si erano assiepate intorno alla sua sedia facendola pencolare. Ed era toccato al cardinale Crescenzio Sepe rimediare allo spavento papale con bonomia napoletana: “Guarda ‘cca… ma comm’e ‘o fatto, sorelle… e cheste so de clausura, figuriamoci l’altre”.
Un episodio più grave si era avuto con Benedetto XVI in San Pietro la notte di Natale del 2009, quando una donna aveva scavalcato la transenna e si era lanciata verso il Papa per abbracciarlo, facendo cadere il cardinale Etchegaray che ne riportò la frattura di un femore.
Per Francesco questo capodanno è tutto nel segno della donna. L’altro ieri c’era stato quel femminino strattonamento, mentre ieri è stato lui, nell’omelia della festa di Maria “Madre di Dio” a trattare dell’urgenza di riconoscere un maggior ruolo alle donne nella spcietà e nella Chiesa “associandole ai processi decisionali”. Ha accennato anche alla “maternità umiliata” delle madri migranti “che cercano un futuro per i figli”. “Ogni violenza inferta alla donna – ha concluso con tono biblico – è una profanazione di Dio”.
L. Acc.
Intervista 1. ROMA – “Questo è il Papa della vicinanza e del contatto, dell’abbraccio. Capita dunque spesso che le persone prendano confidenza e si sentano autorizzate a tirarlo a sé, a trattenerlo, a strattonarlo. Come si è ben visto, la signora dell’altro ieri quasi lo faceva cadere. Diventa così comprensibile che in qualche occasione Francesco si sia trovato a difendersi. La difesa può magari risultare vibrata, o eccessiva e allora può arrivare una parola di scusa. E in questa occasione è arrivata”: l’arcivescovo Rino Fisichella, che per il Papa organizza i “venerdì della misericordia”, così commenta il gesto di stizza compiuto da Francesco l’altro ieri e la richiesta di scuse che ne ha fatto ieri.
Il Papa dell’abbraccio, come lei lo chiama, non dovrebbe mettere in conto che l’abbraccio è diffusivo e contagioso?
“Credo che lo metta in conto. Non si sottrae. Molti avvicinandolo gli chiedono se possono abbracciarlo e lui sempre accetta. Non vuole essere isolato dalla folla, chiuso nella papamobile, distanziato dalle transenne. Ma ci sono degli eccessi dai quali rifugge perché li vede come un tributo d’onore che va rivolto solo a Dio, non a un uomo. Non sopporta che qualcuno gli si inginocchi davanti, per esempio. La presa possessiva – come poteva essere quella della donna di cui stiamo parlando – credo la veda come un tale eccesso. Si racconta che Padre Pio avesse reazioni durissime verso chi voleva toccarlo a modo di un idolo. In Francesco vedo un simile atteggiamento di umiltà nel rifiutare gesti che sanno di fanatismo”.
Intervista 2. Qualche volta Francesco ha affermato che il tatto è il più religioso dei sensi…
“Provo a reagire alla domanda con una battuta: come si è detto che Giovanni Paolo II era un Papa da vedere e Benedetto XVI un Papa da ascoltare, così si potrebbe dire che Francesco sia un Papa da abbracciare. Ma ripeto: è solo una battuta. Più utilmente andrebbe ricordata la sua predicazione sulla cultura dell’incontro e la sua disponibilità a incontri ravvicinati con ogni interlocutore”.
Ma è opportuno che un Papa chieda scusa? Non ci saranno i cultori della figura sacrale del “Sommo Pontefice” che riterranno un abbassamento inopportuno il chiedere scusa?
“Francesco è lontano anni luce dal guardare a se stesso come a una figura sacrale. Una volta, era il 13 luglio 2015, di ritorno dal Paraguay, aveva detto a voi giornalisti: ‘Se sbaglio, con un po’ di vergogna chiedo scusa e vado avanti’. Tante volte l’abbiamo visto chiedere scusa. L’ha fatto – e più volte – persino con i dipendenti vaticani, per le controtestimonianze che vengono dal nostro mondo curiale”.
Intervista 3. Può darmi un riferimento preciso?
“Ricevendo i dipendenti vaticani per gli auguri di Natale, nel dicembre di due anni addietro, disse parole che si applicano bene alla richiesta di scuse di ieri: ‘Noi della fauna clericale – disse in quell’occasione – non sempre diamo buon esempio. Ci sono nella vita sbagli che facciamo noi chierici, peccati, ingiustizie, o a volte trattiamo male la gente. Per tutti questi esempi non buoni noi dobbiamo chiedere perdono’”.
Una volta Francesco baciò la mano alla Regina di Giordania e i tradizionalisti dissero che il Papa non s’inchina a nessuno e oggi potrebbero dire che mai deve chiedere scusa…
“Da Paolo VI in poi tutti i Papi hanno chiesto perdono, parlando a nome della Chiesa, per questioni grandi e storiche: per la divisione tra i cristiani, per l’uso della forza a difesa della fede, per le guerre di religione, per lo scandalo della pedofilia. Con Francesco abbiamo anche le richieste di scuse per i propri errori di valutazione, lo fece per vicende cilene di abusi su minori ed è tornato a farlo oggi. Chiedere scusa e perdono è un atto di coraggio ed è anche un gesto evangelico. Coraggio di riconoscere l’errore, disponibilità a ricevere il perdono e a perdonare”.
Luigi Accattoli
Commento sul “Corriere Roma”. Senza chiudere un occhio su nulla, il Papa stavolta ha scelto di incoraggiare Roma invece di rimproverarla. Sempre parla dei mali cittadini al Te Deum di fine anno: una volta disse che la nostra città costringeva i poveri a “mafiarsi”, l’anno scorso ricordò la condizione “disumana” dei diecimila che vivono accampati per le vie. Quest’anno ha ricordato le tante “realtà di bene che vengono compiute ogni giorno” e ha invitato i romani a “buttarsi nella mischia” per rimediare ai mali.
“Roma non è soltanto una città complicata, con tanti problemi, con disuguaglianze, corruzione e tensioni sociali”, ha detto con la solita schiettezza, ma ha anche invitato a guardare alla convivenza cittadina “dal punto di vista dello sguardo di Dio”, mirando a cogliere la “dedizione” di quanti continuano a “sperare nonostante tutto” e ad “amare lottando per il bene di tutti”.
L’incoraggiamento ha avuto tonalità concrete: “Penso a tante persone coraggiose che ho incontrato in questi anni e che rappresentano il cuore pulsante di Roma”. Sulla base del bene incontrato, Francesco ha invitato tutti a “farsi solidali, ad attivare reti, a costruire ponti e non muri”.
Ad ascoltare il Papa c’era – come ogni anno – la sindaca Virginia Raggi, visibilmente coinvolta. Ha stretto a lungo le mani del Papa che alla fine della cerimonia le ha parlato a tu per tu, forse ripetendole ad personam l’incoraggiamento che subito prima aveva rivolto a tutti.
Luigi Accattoli
come si è detto che Giovanni Paolo II era un Papa da vedere e Benedetto XVI un Papa da ascoltare,
non ho mai sentito prima l’ espressione riportata da Fisichella…tu la conoscevi già?
cristina vicquery
Cristina cara, credo che originariamente quell’espressione sia stata del cardinale Tauran. Io l’incontrai in una ripresa che ne fece il collega Iacopo Scaramuzzi su “Pagina99” il 26 novembre 2016 con questo passaggio di un suo articolo sui tre Papi:
Le persone venivano a San Pietro per vedere Giovanni Paolo II, per ascoltare Benedetto XVI, ora vengono per toccare Francesco, ha rilevato il cardinale francese Jean-Louis Tauran. In questi tre gesti, vedere ascoltare e toccare, nei differenti sensi utilizzati dai fedeli, vi sono le diverse personalità dei tre Pontefici, ma anche una traccia dell’evoluzione del papato.
grazie mille
concordo: queste espressioni ci aiutano a vedere l’evoluzione del papato. E a proposito del toccare, direi anche che questo papato è il papato che esprime il suo magistero tramite i gesti, e ci fece vedere questo fin dall’inizio quando il il Giovedì Santo si recò nel carcere minorile di Casal del Marmo e si mise a lavare i piedi di tanti piccoli Giuda ( detto con affetto).
cristina vicquery
La mia intervista all’arcivescovo Fisichella, di cui ai primi tre commenti, è stata ripresa dal Sismografo:
https://ilsismografo.blogspot.com/2020/01/vaticano-bergoglio-se-sbaglio-chiedo.html