Quello che la fede cristiana ci dice è che si è trattato di un errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo. Addolora sapere che quel terreno compatto di valori, lingua e cultura, che ha conferito alle vostre popolazioni un genuino senso di identità, è stato eroso, e che voi continuiate a pagarne gli effetti. Di fronte a questo male che indigna, la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli (S. Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium, 1998). Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene. E’ il cuore del discorso tenuto oggi da Francesco nell’incontro con i popoli indigeni del Canada, a Edmonton. Un discorso di straordinaria importanza che riporto nei commenti in tutti i passaggi essenziali.
Bergoglio ai nativi del Canada: “vi ringrazio per aver condiviso con me la vostra memoria sanguinante”
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Il dramma delle scuole residenziali. Il luogo in cui ci troviamo fa risuonare in me un grido di dolore, un urlo soffocato che mi ha accompagnato in questi mesi. Ripenso al dramma subito da tanti di voi, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità; a ciò che avete condiviso con me sulle sofferenze patite nelle scuole residenziali. Sono traumi che, in un certo modo, rivivono ogni volta che vengono rievocati e mi rendo conto che anche il nostro incontro odierno può risvegliare ricordi e ferite, e che molti di voi potrebbero trovarsi in difficoltà mentre parlo […].
Fare memoria delle esperienze devastanti avvenute nelle scuole residenziali colpisce, indigna, addolora, ma è necessario. È necessario ricordare come le politiche di assimilazione e di affrancamento, che comprendevano anche il sistema delle scuole residenziali, siano state devastanti per la gente di queste terre. Quando i coloni europei vi arrivarono per la prima volta, c’era la grande opportunità di sviluppare un fecondo incontro tra culture, tradizioni e spiritualità. Ma in gran parte ciò non è avvenuto. E mi tornano alla mente i vostri racconti: di come le politiche di assimilazione hanno finito per emarginare sistematicamente i popoli indigeni; di come, anche attraverso il sistema delle scuole residenziali, le vostre lingue e culture sono state denigrate e soppresse; di come i bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali; di come sono stati portati via dalle loro case quando erano piccini e di come ciò abbia segnato in modo indelebile il rapporto tra i genitori e i figli, i nonni e i nipoti.
Memoria sanguinante. Io vi ringrazio per avermi fatto entrare nel cuore tutto questo, per aver tirato fuori i pesanti fardelli che portate dentro, per aver condiviso con me questa memoria sanguinante. Oggi sono qui, in questa terra che, insieme a una memoria antica, custodisce le cicatrici di ferite ancora aperte. Sono qui perché il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale in mezzo a voi è quello di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi, di tutto cuore, che sono profondamente addolorato: chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali. Sebbene la carità cristiana fosse presente e vi fossero non pochi casi esemplari di dedizione per i bambini, le conseguenze complessive delle politiche legate alle scuole residenziali sono state catastrofiche.
Cari fratelli e sorelle, molti di voi e dei vostri rappresentanti hanno affermato che le scuse non sono un punto di arrivo. Concordo pienamente: costituiscono solo il primo passo, il punto di partenza. Sono anch’io consapevole che, «guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato» e che, «guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio» (Lettera al Popolo di Dio, 20 agosto 2018). Una parte importante di questo processo è condurre una seria ricerca della verità sul passato e aiutare i sopravvissuti delle scuole residenziali a intraprendere percorsi di guarigione dai traumi subiti.
Silenzio dolore preghiera. Prego e spero che i cristiani e la società di questa terra crescano nella capacità di accogliere e rispettare l’identità e l’esperienza delle popolazioni indigene. Auspico che si trovino vie concrete per conoscerle e apprezzarle, imparando a camminare tutti insieme. Da parte mia, continuerò a incoraggiare l’impegno di tutti i Cattolici nei riguardi dei popoli indigeni. L’ho fatto in più occasioni e in vari luoghi, mediante incontri, appelli e anche attraverso un’Esortazione apostolica. So che tutto ciò richiede tempo e pazienza: si tratta di processi che devono entrare nei cuori, e la mia presenza qui e l’impegno dei Vescovi canadesi sono testimonianza della volontà di procedere in questo cammino […].
In questa prima tappa ho voluto fare spazio alla memoria. Oggi sono qui a ricordare il passato, a piangere con voi, a guardare in silenzio la terra, a pregare presso le tombe. Lasciamo che il silenzio ci aiuti tutti a interiorizzare il dolore. Silenzio. E preghiera: di fronte al male preghiamo il Signore del bene; di fronte alla morte preghiamo il Dio della vita. Il Signore Gesù Cristo ha fatto di un sepolcro, capolinea della speranza di fronte al quale erano svaniti tutti i sogni ed erano rimasti solo pianto, dolore e rassegnazione, ne ha fatto il luogo della rinascita, della risurrezione, da cui è partita una storia di vita nuova e di riconciliazione universale. Non bastano i nostri sforzi per guarire e riconciliare, occorre la sua Grazia: occorre la sapienza mite e forte dello Spirito, la tenerezza del Consolatore. Sia Lui a colmare le attese dei cuori. Sia Lui a prenderci per mano. Sia Lui a farci camminare insieme.
Il genocidio culturale canadese in una scheda vaticana. Dal 1993 sono stati firmati diversi accordi e trattati per rispondere alle richieste di autonomia delle Prime Nazioni, Inuit e Métis. Con queste è stato anche avviato un lungo processo di verità e riconciliazione sulla drammatica vicenda degli oltre 150mila bambini autoctoni costretti a frequentare le scuole residenziali indigene affidate dal governo, con scarsi finanziamenti, ad alcune Chiese cristiane (cattolica, protestante e anglicana) nell’ambito della politica di assimilazione forzata promossa per oltre un secolo dallo Stato canadese. Nel 2008, dopo la firma di un accordo per il risarcimento delle vittime, l’allora primo ministro Stephen Harper ha presentato le scuse formali del governo canadese ed è stata istituita una speciale Commissione nazionale per la Verità e la Riconciliazione. Nel 2015, dopo sette anni di ricerche, la Commissione ha diffuso un rapporto da cui emergono nel dettaglio i maltrattamenti e le cattive condizioni in cui furono costretti questi bambini, che in oltre tremila trovarono la morte a causa di malattie, fame, freddo e abusi. Il rapporto definisce il sistema scolastico residenziale come un vero e proprio “genocidio culturale”. La vicenda è tornata nuovamente alla ribalta nell’estate 2021 dopo la scoperta di 215 tombe anonime sul luogo in cui sorgeva l’ex scuola residenziale cattolica di Kamloops, in British Columbia, e successivamente di nuovi resti in altri ex istituti cattolici. Per la vicenda, tutte le Chiese coinvolte hanno chiesto scusa. La Chiesa cattolica ha avviato anche un piano di risarcimenti.
Se sono vere tutte le accuse rivolte dai nativi canadesi alle Scuole Residenziali ,che fra l’ altro non erano solo cattoliche ma in maggioranza protestanti, vuol dire che tali scuole erano dirette da una banda di sadici assassini,assoldati dal governo canadese con l’ unico scopo di tormentare e uccidere i bambini indigeni . Sinceramente mi sembra inverosimile. Sinceramente ,anche in base a quello che hanno fatto scuole ed istituzioni cattoliche in tante parti del mondo, per aiutare le popolazioni locali, con sacrificio di missionari e suore, non mi sembra credibile tutta questa storia ,almeno non nel modo drammatico e carico di rancore in cui viene presentata. La richiesta di perdono deve venire dopo un accurata ricerca della verita’ , non tanto per fare cosa gradita al mainstream e buttare altre badilate di fango .Altrimenti la Chiesa cattolica dovrebbe chiedere perdono per quasi tutto quello che e’ successo nel mondo quando il cristianesimo era la religione dominante.Chiedere perdono di essere esistita.
https://gpcentofanti.altervista.org/un-inganno-di-certa-pastorale/
Commento del 25 luglio ore 19.31
“Sinceramente mi sembra inverosimile.”
Toh guarda. Sono moltissime le ATROCITA’ commesse dalla Cattolica nella sua bimillenaria storia. Si vuole ostinatamente fare finta, da parte di qualche pelosa collotorto , che non sia esistita la grande operazione verità voluta pervicacemente e provvidenzialmente portata avanti da GPII con le richeste di perdono del grande giubileo del 2000. Per grazia di Dio NON si cancellano, quelle richieste: sono parte acquisita del magistero e della consapevolezza cattolica. Non un incidente di percorso, ma un punto fermo: di partenza. Dal quale si muove oggi Francesco, per fortuna. La Chiesa cattolica deve chiedere perdono: deve, eccome, tassativamente. E lo deve prima di tutto a tutti quei “scarifici di missionari e suore” che nessuno puo’ mettere in dubbio, salvo che si scelga l’omertoso silenzio, o, peggio, l’implicita giustificazione storicoide. Qui, il totem ” mainstream” tirato fuori come gustoso prezzemolo quando non si sa bene cosa dire, c’entra un fico secco; così come c’entra un secco fico il riferimento alle “badilate di fango”. Chi usa qui sopra questo termine è una ( seppur minima) autorità in materia, giacché è proprio in questa disciplina che si applica costantemente, quotidianamente, pervicacemente nei confronti della Chiesa vera e dei suoi ultimi papi. Eviti di dare del se stessa agli altri. Legga piuttosto questo contributo di Andrea Fagioli su Avvenire:
“Ci siamo occupati di recente del programma Il fattore umano che ogni lunedì in seconda serata su Rai 3 propone un reportage sulla violazione dei diritti umani nel mondo. Non saremmo tornati ad occuparcene così presto se non ci fosse stato il reportage di lunedì scorso a firma di Raffaele Manco e Irene Sicurella, Purgatorio Canada, che in concomitanza con il pellegrinaggio del Papa racconta delle violenze e degli abusi subiti da generazioni di indigeni canadesi all’interno di scuole residenziali in gran parte gestite da ordini religiosi cattolici. Il loro mandato era chiaro: assimilare i bambini nativi alla cultura occidentale facendo perdere loro ogni contatto con la propria lingua e con le famiglie d’origine. Una trasformazione anche fisica, come testimoniano le foto d’epoca proposte nel reportage con un prima e un dopo l’arrivo al collegio. Ma il vero dramma è esploso l’anno scorso, quando nel cortile di alcune di queste scuole sono stati trovati sepolti centinaia di corpi. Ed è proprio da qui, dalle croci con sopra gli abiti dei bambini, che parte la cronaca agghiacciante di Purgatorio Canada. Quello che viene raccontato sembra impossibile, avremmo stentato a crederci se non fosse che in questi giorni Francesco è là, Oltreoceano, proprio per chiedere perdono a Dio e alle popolazioni locali per quello che contro di loro hanno fatto uomini e donne di Chiesa. Nel vedere il reportage viene da chiedersi come sia stato possibile che in queste scuole per oltre cento anni preti e suore non si siano ribellati a tanta disumanità. Le colpe, ovviamente, vanno condivise con i governi canadesi, ma questo non attenua le responsabilità dei cattolici per i quali il Papa, come pochi altri leader al mondo, è capace di chiedere umilmente scusa e di avviare un cammino di riconciliazione.”