Tra le parole audaci che il papa ha scritto nel messaggio alla Fao per chiedere ai paesi ricchi di autotassarsi per aiutare quelli della fame (messaggio letto il 3 giugno dal cardinale Bertone ad apertura del summit sull’alimentazione), la più forte è una sentenza del “Decreto di Graziano” (378-379 dopo Cristo) che ha presentato così: “La Chiesa cattolica desidera unirsi al vostro sforzo! In spirito di collaborazione, essa trae dalla saggezza antica, inspirata al Vangelo, un appello fermo ed accorato, che rimane di grande attualità per quanti partecipano al vertice: ‘Dà da mangiare a colui che è moribondo per la fame, perché, se non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso’ (Decretum Gratiani, c. 21, d. LXXXVI)”. Già in un commento a un post del 7 gennaio avevamo ascoltato un simile monito di papa Gregorio Magno, che sentendo di un morto per fame a Roma “se ne fece una colpa personale come se lo avesse ucciso con le sue mani” (Giovanni Diacono, Gregori Magni vita 2, 29). Dunque Gregorio faceva suo il monito dell’imperatore Graziano, ora ripreso dal dotto Benedetto. Che dice il creativo Tremonti di quel dovere nell’attuale congiuntura (vedi post del 30 aprile)? Che possiamo fare per smuovere – su questo – i nostri governanti?
Benedetto: se non li sfamiamo li uccidiamo
16 Comments
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Tremonti è uno dei pochi del suo livello e della sua storia ad aver preso coraggiose posizioni culturali sul mercatismo e le sue conseguenze.
Non sarà ancora granchè, ma nemmeno poco, rispetto ai dettami di un certo pensiero unico, che interessa la destra come la gran parte della sinistra.
Circa gli orrori della disparità economica e la conseguente piaga della fame io propongo lo scipero dello stadio.
Funziona così:
gli italiani improvvisamente si avvedono che urlare e bestemmiare dietro a 22 ominastri depilati che inseguono in mutande un pallone e guadagnano 12 milioni di euro all’anno è da dementi, quindi – fatta questa presa di coscienza – disertano in massa lo stadio e la gazzetta dello sport e la domenica vanno nei prati a pomiciare e fare figli.
In ogni stadio italiano andrà un infermiere che, solo su tutta la gradinata vuota, innalzerà un cartello:
il mio stipendio mensile a fine carriera (65 anni) è di 1700 euro.
Se facessimo così cambierebbe il mondo.
in meglio.
Ignigo da calciofilo pentito dei mie eccessi di tifo sono d’accordissimo con te.credo che difficilemente andrò di nuovo allo stadio in vita mia.
fare figli però solo DOPO il matrimonio, mi raccomando.
ma questi carrozzoni delle NU servono davvero a sfamare i poveri e poverissimi del mondo? ho molti dubbi…
Conferenza Fao, crisi alimentare e rialzo dei prezzi dei beni di prima necessità. Alcune riflessioni.
di Carlo Gambescia
Due premesse.
In primo luogo non pretendiamo di risolvere con un post il problema, come si diceva un tempo, della fame nel mondo, acuitosi alla luce dell’attuale rialzo dei prezzi dei beni di prima necessità, soprattutto nel Sud del mondo, ma soltanto di proporre alcune riflessioni.
In secondo luogo, già una settimana fa, sapevamo perfettamente che il vertice Fao di Roma non avrebbe cavato il classico ragno dal buco. Il lettore penserà che non ci voleva molto… E’ vero, ma veniamo al punto.
L’ economia mondiale per migliaia di anni, e grosso modo fino all’inizio dell’Ottocento, si è basata sull’autoconsumo e gli scambi locali. Nel mondo pre-capitalistico la quota di commercio estero riguardava, soprattutto per l’Occidente europeo, alcuni prodotti di lusso, riservati soltanto alle classi elevate, importati dalle “Indie” e dall’America Spagnola.
La vera e propria rivoluzione dei consumi di massa (con conseguente fine dell’autoconsumo e del piccolo commercio interno) risale perciò all’ascesa dell’Inghilterra imperiale, post-napoleonica, e a quella degli Stati Uniti, avvenute rispettivamente nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Naturalmente semplifichiamo.
L’imperialismo britannico e americano, funzionali alla marcia di un capitalismo fondato sulla borsa e sulla necessaria e progressiva estensione dei commerci internazionali di qualsiasi tipo di bene (dall’oro al grano), hanno progressivamente smantellato, per Dna interno, ogni forma di autoconsumo e commercio locale.
Il che ha permesso all’Occidente euro-americano, forte del suo predominio politico e militare, di svilupparsi a spese del Sud del mondo. In che modo? Controllando politicamente, militarmente ed economicamente il mercato delle materie prime, di tutte le materie prime. Affidandosi, prima e dopo la colonizzazione, a borghesie locali corrotte, schiave ben pagate dell’Occidente. Il che ha implicato in molti paesi del Sud del mondo la nascita di monoculture per l’esportazione a danno del soddisfacimento del consumo interno. Oppure a forme di progressivo sostegno agli agricoltori del Nord del mondo, perché producessero sempre di meno, favorendo così le importazioni, a buon mercato, dal Sud del mondo. Attivando così quei meccanismi speculativi, capaci di far arricchire enormemente soltanto le grandi società transnazionali, ad esempio, nel settore alimentare: autentiche tenaglie economiche dell’Occidente euro-americano. Dove – è bene ricordarlo – economia e politica sono sempre andate di pari passo, grazie alla comune base sociale e culturale di riferimento, segnata da una forma di cattivo illuminismo, a sfondo materialistico ed economicistico.
Il prodotto “finale” era ed è molto semplice: il Nord che sfrutta il Sud del mondo perché più forte politicamente, militarmente ed economicamente. Ma, ovviamente, per il suo bene…
Ora, si legge, che lo sviluppo del capitalismo nel Sud del mondo, a cominciare da una Cina affamata di consumi, sembra mettere in discussione questi meccanismi, grazie alla galoppante crescita del prezzo dei beni di prima necessità. Legata all’aumento della loro domanda. Di qui gli attuali venti di crisi mondiale, anche politica.
Il punto è che eventualmente si tratterebbe di dare sfogo a una “guerra”, per ora economica, tra capitalismi, e non tra forme politiche e sociali differenti. Al massimo, potremmo pertanto parlare di un regolamento di conti tra vecchi e nuovi imperialismi, a danno, però, dei paesi realmente poveri.
In realtà la vera via d’uscita dalla attuale crisi è una sola: ritorno all’ autoconsumo e al commercio locale, naturalmente per grandi aree regionali. Che cosa intendiamo dire? Che, come insegna la storia economica pre-capitalista, in un quadro, segnato da un’economia “localizzata” e incentrato sui bisogni non di astratti consumatori “mondializzati” ma di uomini e donne in carne e ossa, prima, come è avvenuto per secoli, si provvede al consumo interno, e dopo, alla commercializzione, dell’eventuale surplus. Ma, ripetiamo, solo dopo aver soddisfatto la domanda interna.
Si tratta di una scelta che implica la fuoriuscita, per grandi blocchi geopolitici, dal mercato mondiale, oggi controllato dagli Stati Uniti e dalle grandi società transnazionali.
Il che, dispiace dirlo, potrebbe richiedere l’uso della forza. Altro che Fao…
da http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
L’intervento di Gambescia mi sembra molto ideologico, con una proposta finale addirittura (sia pure con un po’ di ironia, ma non sono sicuro) “autoritaria”. Non si può tornare ad una politica localistica e protezionistica. E non mi sembra che si possano addossare tutte le colpe per i mali del mondo agli Stati Uniti (che certo ne hanno parecchie: ma ne hanno molte i Paesi imperialisti come la Cina, gli Stati totalitari come l’Iran e gli altri Stati anche del Sud del mondo che scelgono di coimprare armi anziché cibo).
Parentesi da questo periodo di stage.
Consiglio di lettura: l’editoriale di Pigi Battista sul Corsera di oggi.
Un saluto a tutti e a presto (spero)!
Un caro saluto a Luigi e a tutti gli amici-amiche del pianerottolo.
Sono rientrato dalla Spagna, dove ho visitato le città di Madrid, Cuenca e Valencia, con le loro bellissime Cattedrali!!!
E a Valencia, di poveri che chiedevano da mangiare ne ho visti tanti….
Gesù mi perdoni per le volte in cui sono passato dritto…
Un caro saluto,
F.
Fabricianus sei stato a Valencia! e dunque ho un dono per te: vai a vedere i post datati 8 e 10 luglio 2006, scritti dalla città spagnola.
Desidero segnalare una imprecisione nell’interessante segnalazione del giornalista Acattoli. I “Decreto di Graziano” cui si è riferito il Pontefice è una collezione canonica del 1140 circa elaborata dal Maestro Graziano (del quale abbiamo pochissime notizie) nel corso del suo insegnamento all’Università di Bologna. L’espressione della D. 86 c. 21 Graziano la riprende da Sant’Ambrogio nel “Liber de officiis”, ma come afferma in nota l’edizione critica del Friedberg (Corpus Iuris Canonici vol. I) questo passaggio non si ritrova presso Ambrogio. Una semplice precisazione, dato l’apprezzamento che riservo al blog del giornalista Acattoli
Ringrazio Giuliano Brugnotto per la precisazione e mi auguro che continui a visitare il blog.
Alla c.a. del Dott. Accattoli
Avendo il sottoscritto riportato le riflessioni di Carlo Gambescia, riporto dal suo blog
(http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/) anche la seguente nota.
Saluti
LuigiM
Comunicazione di servizio
.
Chiamati garbamente in causa da un suo commentatore (http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=703#comments ), volevamo postare un commento sull’interessante blog di Luigi Accattoli (vaticanista del “Corriere della Sera”). Ci siamo perciò debitamente iscritti, sabato 7 giugno (sera), ma ancora aspettiamo conferma.
Carlo Gambescia
Caro LuigiM non riesco a capire che cosa mi si voglia dire: me lo può chiarire? Chi si iscrive può subito lasciare un commento e io immediatamente lo recepisco. Se qualcuno non riesce a entrare per complicazioni nello svolgimento della procedura, può mandarmi il commento per e-mail e io lo inserisco. Suggerisca questa via al suo interlocutore. L’indirizzo e-mail lo trova sotto la mia foto alla voce “Manda un’e-mail”.
Gent.mo Dott. Accattoli,
volevo solo segnalerLe che – probabilmente per problemi tecnici – un potenziale commentatore non era riuscito ad intervenire.
Poichè io a suo tempo ne avevo riportato qui le riflessioni, mi sono sentito moralmente tenuto a farLe presente la cosa.
Tutto qui.
LuigiM
Ringrazio LuigiM per la spiegazione ed ecco infine il messaggio di Carlo Gambescia, che saluto con simpatia per questo suo affacciarsi nel blog, chiedendogli scusa per inserirlo con ritardo, essendo stata questa giornata tutta impegnata dal matrimonio di una figlia:
Ringrazio Luigi M. per aver ripreso le mie riflessioni e il “padrone di casa” dottor Accattoli per l’ospitalità. Ringrazio anche Raffaele Savigni. In effetti, qualche volta (come in questo caso), semplifico troppo, anche in termini ideologici. Ma come si dice, nessuno è perfetto… Comunque terrò conto delle critiche. Un cordiale saluto a tutti, Carlo Gambescia
Oh che belle parole…
Peccato che il divieto del preservativo per i cattolici africani causi 400 contagi al giorno, con una previsione (nei prossimi 5 anni) di ottanta milioni di morti per AIDS.
Senza dimenticare che la maggior parte dei bambini che nascono in questi paesi hanno FAME, e il preservativo limiterebbe nascite non volute e sopratutto portatrici di sofferenze e miseria…
Dulcis in fundo, il caro papa (SEDICENTE DIFENSORE DELLA VITA), non ha detto una parola al “caro” Bush sulla pena di morte in vigore in 38 stati americani…
Per non parlare delle morti “indirette” causate dalle parole di odio nei confronti degli omosessuali che causano agli adolescienti gay (anche se in Italia si pensa che non esistano) vessazioni, umiliazioni e violenze perpetrati da “bravi” ragazzi cattolici che seguono alla lettera le parole della chiesa e di alcuna politica…
Complimenti…
Salve Paobologna, benvenuto nel blog! Anche se uno non dice tutto quello che noi pensiamo, ma dice una parola che condividiamo, possiamo approvarlo no? Specie se riguarda la fame, almeno questa è la mia veduta.