Dio non tace ma il suo è un “silenzioso parlarci”. E’ necessario il dono di una particolare “sensibilità interiore” che ci renda “capaci di udire e vedere i deboli segnali che Dio manda nel mondo”. Sono riflessioni che trovo alle pagine 117 e 116 del volume del papa su Gesù di Nazaret. A pagina 56 egli svolge una riflessione più ampia sulla fioca parola di Dio, invitandoci ad accettarne il mistero, che possiamo penetrare solo con lo “slancio del cuore” e come uscendo da noi stessi: “Naturalmente ci si può chiedere perchè Dio non abbia creato un mondo in cui la sua presenza fosse più manifesta; perchè Cristo non abbia lasciato dietro di sè un ben altro splendore della sua presenza, che colpisse chiunque in modo irresistibile. Questo è il mistero di Dio e dell’uomo, che non possiamo penetrare. Noi viviamo in questo mondo nel quale appunto Dio non ha l’evidenza di una cosa che si possa toccare con mano, ma può essere cercato e trovato solo attraverso lo slancio del cuore, l’esodo dall’Egitto”. Ho appena terminato la lettura del volume e questi richiami all’accettazione del mistero sono le righe che più mi hanno segnato. Il papa ci invita a considerare la condizione indifesa in cui i cristiani si trovano nel mondo. Più indifesa di quanto non vorremmo. Privi di qualsiasi prova provata, chiamati a gettare le reti sulla parola del Signore, che giunge a noi – appunto – come un “debole segnale”.
Benedetto: Dio parla “silenzioso” e per “deboli segnali”
8 Comments
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Il libro non l’ho ancora letto, ma certo il tema della debolezza e quindi del mistero di Dio mi paiono i più difficili, i più ostici per la comunicazione razionale dei contenuti della fede.
E’ in genere qui che si blocca il dialogo con il non credente: non si accetta il mistero come argomento che toglie la parola, e impone solo di sintonizzarsi.
L’uomo non accetta di contentarsi di contemplare ciò che non arriva a capire.
Il tema della debolezza della fede è a mio parere il più bello ed il più difficile, Dio non vuole imporsi, e la fede aldilà di qualsiasi allargamento della ragione, frase che oggi va molto di moda, è un libero atto di adesione che va al di là della ragione, oltre.
Come afferma SanPaolo, la fede non è impositiva, non è totalitaria, “Non di tutti è la fede”, Seconda lettera ai Tessalonicesi, 3,2,
Se l’uomo è capace di credere a Dio, è capace anche di non credere, anzi il fatto stesso che esistano persone che non credono è un fatto positivo per noi credenti, perchè ci ricorda la libertà ed il dono di questo atto.
E che la fede vada oltre la ragione lo possiamo intuire anche dalla scandalosità del messaggio cristiano, cosa ha di razionale amare il proprio nemico, fare del bene a chi ci fa del male, sperare dopo la morte, non molto penso, questa però è la fede, un rischio.
(Sono citazioni tratte da un articolo di Enzo Bianchi, ad oggi uno dei più belli ch eabbia mai letto sulla fede e che si intitola LA FEDE E’ UN RISCHIO.
Saluti.
L’articolo sopracitato lo potrete trovare al seguente indirizzo web:
http://www.theolabam.it/micromega_filosofia_e_religione.htm
“L’uomo non è capace di sopportare l’eccesso del mistero. Non vuole esserne pervaso e sopraffatto”: così scrive papa Wojtyla a p. 44 di “Varcare la soglia della speranza” (1994). Dedico questa citazione a Francesco e Leone che hanno così bene inteso quello che mi premeva segnalare. I papi Wojtyla e Ratzinger hanno in comune anche questa sensibilità a intendere le ragioni dell’uomo che resiste al mistero di Cristo e di Dio. Luigi
Giorni fa parlavo con un mio collega e amico. Si professa non credente ma, soprattutto – pur essendo una bravissima persona – è fortemente ancorato al relativismo come metodo di lettura della realtà, per cui davvero ritiene qualsiasi “punto fermo” una sorta di imposizione.
Chiacchieriamo spesso, e ci capita talvolta di metterci alle strette reciprocamente (perchè anche la mia fede viene purificata se discussa e contrastata, e messa a nudo, e resa essenziale, e verificata).
L’altro giorno, a un certo punto, mi ha detto: “le cose che tu dici – Dio, il Senso, il problema della verità sulla vita e sulla morte, persino il messaggio del Vangelo – sono cose troppo grandi per noi; noi non possiamo arrivare a capirle, a esserne persuasi, ecco perchè ci manteniamo quaggiù, e solo dentro questo nostro orizzonte, dove nulla è certo e vero”.
Mi ha colpito perchè ha usato praticamente le stesse parole del cardinale Ratzinger in una intervista a De Carli, fatta poco prima del Conclave. Il Prefetto diceva che il grande problema dell’uomo contemporaneo è l’alibi dell’incredulità determinato dalla rinuncia a cercare e a capire ciò che ci appare troppo grande e lontano.
Mi pare, questa, una splendida pista per i cristiani di oggi, meritevole di tante attenzioni e sollecitudini, forse persino più di altre, che stanno tutti i giorni in prima pagina.
tutta questa ènfasi sul mistero,con intonazioni neoromantiche, mi sembra vada fuori dal seminato delle sacre carte,benchè avallata da due papi.
Il cristianesimo pretende invece di essere una religione “sperimentale”,fondandosi su un fatto tecnico ,la risurrezione di un morto,che in sè non ha niente di misterioso.
Similmente chiarissimo è perchè è morto (espiazione e riparazione di torto ancestrale), e perchè è riuscito a risorgere (era Dio).
E i termini viciniori a mistero (misterico,misteriosofico eccetera) sono sinonimo di credenze rapidamente soffocate dal cristianesimo nascente e vincente.
D’altra parte una religione “rivelata” non può essere in contraddizione con sè stessa:o è rivelata, o è misteriosa.
A meno che non consideriamo il singolo credente,quello sì messo di fronte forse al mistero di come faccia a credere a tutte queste storie.
Che ci sia una dimensione di Dio che non riusciamo a capire mi pare chiaro, a me pare che siamo tutti in cerca della verità, a cui tendiamo continuamente ma che non risuciamo mai a raggiungere pienamente, anzi quei santi che più si sono avvicinati a Dio, tanto più ne hanno avvertito la lontananza.
La fede comprende sempre una dimensione del dubbio, della ricerca, siamo sempre in cammino sulla strada della fede, nessuno può dirsi arrivato, e di strada da fare ce n’è per tutti.
Un saluto a Giorgio con simpatia, come sempre. Mi fermo alla parola “mistero”, che ti pare eccessiva e di oggi. Invece è di sempre e io credo vada ancora più amata. Vorrei per esempio un maggior rispetto del “mistero” di Dio e di Gesù (le lettere di Paolo sono piene di queste espressioni) da parte degli stessi cristiani, che sempre corrono il rischio di violarlo dicendo troppo. Nel Nuovo Testamento troviamo “misteri” e “mistero di Dio” (almeno tre volte), “mistero di Cristo” (almeno due volte), “Misteri della sua volontà”, “mistero del Vangelo”. La resurrezione è sempre presentata come un mistero, tant’è che il catechismo tradizionale elencava tra i “misteri principali della fede” unità e trinità di Dio, incarnazione, passione, morte e risurrezione di nostro Signore. Perchè ti disturba la parola “mistero”? L’agnostico o l’ateo o chiunque tu pensi di essere dovrebbe anzi gradirla come segnale di una minor pretesa del credente, il quale dicendo mistero rimanda – per la lingua corrente – a un più grande di cui non sa rendere ragione. Del resto, anche rifiutando le “storie” cristiane il più grande che non sappiamo dire non resta comunque nella vita degli uomini? Non mi capisci se dico parole come “il mistero della vita, della morte e dell’amore”? Io credo che tu mi capisca. E immagino che tu abbia qualche sentore che anche lasciando al loro destino le “storie” cristiane il più resta sconosciuto. Forse anche il singolo non credente trova misterioso – se permetti – immaginare d’essere capitato per caso in un mondo venuto dal caso. Credere in questO “mistero” della casualità non è meno impegnativo – io immagino – di quanto non lo sia il credere nel mistero di una volontà creatrice, o di un disegno intelligente. Un abbraccio. Luigi