“I monasteri hanno nel mondo una funzione molto preziosa, direi indispensabile. Se nel medioevo essi sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a ‘bonificare’ l’ambiente in un altro senso: a volte, infatti, il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale. In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune. Il monastero invece è modello di una società che pone al centro Dio e la relazione fraterna. Ne abbiamo tanto bisogno anche nel nostro tempo“: così ha parlato oggi pomeriggio Benedetto in visita alla Certosa di Serra San Bruno, in Calabria. Frequentatore di Camaldoli, Vallombrosa, Fonte Avellana, Serra San Bruno, Bose e Monte Sole, sono contento di queste parole. I monaci sono Gesù che prega in solitudine, come narra il capitolo sesto di Luca: “Se ne andò sul monte e passò tutta la notte pregando”. Nei primi due commenti altre parole del papa a Serra San Bruno.
Benedetto: i monaci e la bonifica del mondo
109 Comments
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[Segue dal post] Parole del Papa ai certosini di Serra San Bruno: “Fugitiva relinquere et aeterna captare”: abbandonare le realtà fuggevoli e cercare di afferrare l’eterno. In questa espressione della lettera che il vostro Fondatore indirizzò al Prevosto di Reims, Rodolfo, è racchiuso il nucleo della vostra spiritualità (cfr Lettera a Rodolfo, 13): il forte desiderio di entrare in unione di vita con Dio, abbandonando tutto il resto, tutto ciò che impedisce questa comunione e lasciandosi afferrare dall’immenso amore di Dio per vivere solo di questo amore. Cari fratelli, voi avete trovato il tesoro nascosto, la perla di grande valore (cfr Mt 13,44-46); avete risposto con radicalità all’invito di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!” (Mt 19,21).
[Segue dal post] Ancora Benedetto a Serra San Bruno: Ogni monastero – maschile o femminile – è un’oasi in cui, con la preghiera e la meditazione, si scava incessantemente il pozzo profondo dal quale attingere l’”acqua viva” per la nostra sete più profonda. Ma la Certosa è un’oasi speciale, dove il silenzio e la solitudine sono custoditi con particolare cura, secondo la forma di vita iniziata da san Bruno e rimasta immutata nel corso dei secoli. “Abito nel deserto con dei fratelli”, è la frase sintetica che scriveva il vostro Fondatore (Lettera a Rodolfo, 4).
Che meraviglia i Vespri appena celebrati presso la Certosa di Serra San Bruno, presieduti dal Papa, in onda su TV2000.
Che meraviglia!
@ Luigi:
Luigi carissimo, forse tu me mi sai rispondere: ma per un laico, è possibile visitare almeno una parte della struttura della Certosa o tutto è inaccessibile??
Sorry, il me è stato un refuso.
Fabricianus non è possibile visitare la Certosa. Vi si può essere ammessi solo per una ragione particolare, con permesso specifico. Per conoscerla nella sua storia, nella sua struttura e nell’arredo c’è un Museo della Certosa, in un’ala della stessa, con ingresso indipendente, ma i visitatori non possono passare da lì ai luoghi della clausura. Qui le notizie sul museo: http://www.museocertosa.org/.
Grazie mille.
Almeno fino a qualche anno fa c’erano le visite guidate (e come ricorda Luigi non è ammesso altro all’infuori del percorso, che ricordo di aver fatto nel ’90 o giù di lì ed effettivamente siamo stati solo nei luoghi all’aperto e ben lontani dai monaci), peraltro sono ammessi solo gli uomini a Serra. Ma anche senza entrarci, anche solo farci il giro attorno è – nell’aria pulita delle Serre – un’esperienza di pace. Invito tutti a farla e a perdersi nel mistero della Certosa. Mistero di Dio, non le fesserie televisive sia chiaro.
Grazie anche a te Tonizzo.
Se l’anno prossimo mi sarà possibile tornare nell’amata Calabria, cercherò di recarmi nei pressi della Serra e del Monastero.
Vieni in piazza a protestare e dài il tuo contributo al rinascimento di questo Paese: occorre riprendere il nostro presente e futuro, Fabricianus.
Lascia perdere i monaci…
Il mio è solo un forte auspicio…
Gli idealismi,
sono pericolosi,
cancellano la memoria.
La memoria di abbazie che detenevano immense proprietà,
con tanto di gabelle sui loro sudditi,
ribellioni alle gabelle
con massacri di monaci….
senza
allontanarsi troppo… per chi è romano….
Molti monasteri Benedettini erano luogo di esercizio di potentato,
favorivano taluni cardinali contro altri,
o contro il papa che era di una fazione diversa dal cardinale protettore…
favorirono guerre tra comuni vari (vedi Lazio),
cercarono la conquista di determinati comuni…
Questo Benedetto XVI ricorda solo le luci,
le ombre di un certo monachesimo
diventato potenza e oppressivo per i contadini, per i sudditi dipendenti,
escono completamente fuori memoria…..
Memoria a senso unico,
sta funzionando da anni,
io sono appassionato di monachesimo, dei santi del monachesimo, occidentale e orientale,
come posso dimenticare i libri di Gabriel Brasò, , di Colombas, Turbessi, solo per citarne qualcuno,
e trovo deplorevole usare la storia a proprio consumo e vantaggio ideologico.
Nel monachesimo si sono vissute le stesse dinamiche di oppressione che esercitavano principi, cardinali, le caste nobiliari,
ma…
tutto rimosso….
complimenti
ad un papa che di Benedetto di Norcia conosce molto poco
se non gli idealismi che gli fanno comodo,
e del monachesimo sta mostrando di avere conoscenze molto limitate e fuori dalla storia.
Magari nessuno conosce l’accenno di vocazione monastica di un giovane che diventerà papa lo scorso secolo,
ma non era in ottima la salute, e la Provvidenza dispose diversamente.
Non sono stati i monaci a bonificare le terre,
o per lo meno alcuni di loro,
ma soprattutto i contadini che erano loro sottoposti,
e nel monastero
i fratelli “conversi”
che erano i monaci di serie B.
In una certa epoca di non poco conto per lunghezza,
entrare in monastero era sopravvivere nella società dell’epoca,
anche se lo Spirito ha permesso in questa storia di suscitare santi uomini,
ma per altri era un modo di vivere, per avere il pane assicurato,
in cui il cristianesimo era solo modo di essere nella società
dove non esistevano altre alternative,
in società dove non esistevano scelte,
soprattutto a causa delle endemiche povertà.
Luci ed ombre.
L’umanità,
porta con se nel cristianesimo
sempre
luci ed ombre,
non si possono ricordare le une a discapito o cancellando le altre,
non rispetta la totalità della storia dell’uomo.
@marco:
carissimo, alle proteste pacifiche in piazza non mancherò…ma io sono dell’idea che le “rivoluzioni” passino anche attraverso la preghiera dei Monaci. Anzi, voglio andare oltre….(forse la mia affermazione ha ben poco di Teologico), ma se la Chiesa non è “crollata”, e ha saputo superare momenti terribili a causa dei suoi stessi peccati, io penso che gran parte del merito lo si debba alla Preghiera incessante e orante dei Monasteri contemplativi.
Il card. Martini chiamava i Monasteri: i parafulmini della società.
@matteo:
fai bene a ricordare che anche nel Monachesimo vi sono state luci ed ombre…così è la storia dell’uomo e della Chiesa, e così sarà sempre.
Su Benedetto XVI, non so dirti se sia o no, vero conoscitore di Benedetto da Norcia, o se sia o meno un idealista. Ben sai però, caro Matteo, che, quando vi è stata la necessità di allontanare dei Monaci e chiudere le loro attività (vedi Santa Croce in Gerusalemme a Roma), il papa lo ha fatto.
Un caro saluto a tutti.
F.
A non inaspettate domande, hai ben risposto, Fabricianus.
Io, se permetti, le integrerei considerando che l’oggi è qualitativamente diverso dall’allora.
Non credo di indulgere a idealizzazioni, se dico che in quei tempi gli “sfruttati” e gli “sfruttatori” (chiamiamoli così, con gergo novecentesco) condividevano lo stesso orizzonte e si misuravano con cosette quali i NOVISSIMI.
Oggi, al massimo ci si misura con le NOVITA’.
@Matteo,
le terre orientali della provincia dive vivo furono bonificate dai monaci di una importante abazia. Monaci, conversi e contadini insieme, per secoli hanno lottato contro la forza della natura che “rimpaludava” ogni volta che loro riuscivano a bonificare qualche porzione di terra… Una lotta “antieconomica”, che nessun potere “laico” aveva interesse a portare avanti con pazienza e costanza.
I fondi dei monasteri servivano cetamente come rendite ma erano equamente affidate ai contadini con contratti umani, per le logiche e le usanze dell’epoca. Quando terre e monasteri furono confiscati (da Napoleone o dallo Stato unitario Italiano), furono svenduti ai pochi abbienti che cambiarono radicalmente i contratti e sfruttarono sul serio le famiglie di contadini che avevo vissuto per secoli su quelle medesime terre.
Forse è vero che ci sono luci ed ombre, ma credo che le luci superino “obiettivamente” le inevitabili ombre.
Quoto FedericoB
Una voce fuori del coro.
Leggo, nell’intervento di Tonizzo, “peraltro sono ammessi solo gli uomini a Serra”.
Chiedo : perché? La solita sessuofobia della Chiesa?
Che cos’hanno le donne di tanto temibile da essere escluse? I monaci, tanto vicini a Dio, possono essere turbati?
Mi indigna sentire certe cose. Che pena!
Devo dire che sono molto sconcertata.Dopo che il grande intellettuale Umberto Eco in una pubblica intervista ci ha rivelato che Benedetto XVI non è un grande teologo , anzi , lascia proprio a desiderare sia come teologo che come filosofo, oggi l’altro grande intellettuale Matteo ci rivela che il Papa sa poco o nulla di San Benedetto da Norcia e della storia del monachesimo. Perbacco! E noi sempliciotti che credevamo di avere un papa colto !! Fra un po’ qualcuno ci rivelerà che il Papa che non sa’ ne’ leggere ne’ scrivere!!! E magari che è pure sessuofobo!!!
😉
Un po’ di storia del monachesimo, non solo occidentale, sarebbe preziosa per molti.
Ancora oggi ai monasteri (ortodossi, non cattolici) del monte Athos sono ammessi solo maschi.
“Là ci sono monasteri sulla riva del mare ed altri in montagna, costruiti in luoghi inaccessibili costituendo complessi edilizi di straordinaria bellezza (ma anche di estrema pericolosità) letteralmente avvinghiati a rocce scoscese, ma di una suggestione incomparabile.
Oggi questa entità vuole preservare la propria differenza, irritata con chi in Europa protesta per i suoi divieti di accesso alle donne e perfino a tutti gli animali di sesso femminile (niente galline ad Athos, ne pecore, né vacche e quindi niente latte fresco, carne, formaggi, ma solo frutta, verdura e pesce pescato dagli stessi monaci in un mare di grande trasparenza) dove ognuno vive una vita soprattutto interiore che sembra uguale da secoli e che invece ogni giorno è una sfida – più o meno consapevole – al nostro correre, qualche volta verso il nulla”.
Io non ho paura della sessuofobia. Credo che ci siano realtà che testimoniano un altro modo di vivere e di pensare, e ritengo, da donna, di avere infiniti modi di manifestare la mia preziosità, non sentendomi necessariamente mutilata se non posso visitare l’Athos o Serra san Bruno.
Mio marito non ha partorito, è diverso da me, non inferiore. E viceversa.
A discepolo,
non sono un intellettuale,
sono un cultore personale della storia del monachesimo,
ma a te se ti si tocca il dio-papa anche quando dice cose discutibili scatti subito.
Scendi dalla cadrega,
e discuti con fatti alla mano,
se del monachesimo cono conosci un tubo,
non capisco di cosa parli.
Io ho il diritto di discettare sulle affermazioni del papa,
visto che è un uomo come me,
se a te non piace
è un problema tuo.
Il mio essere cattolico battezzato nella chiesa locale e universale,
è anche essere in confronto
non siamo nelle epoche di dominio dogmatico,
oggi il cattolico,
studia, pensa, fa domande, vuole risposte, vuole coerenza di pensiero, vuole onestà nelle riflessioni,
è
finita l’epoca di:
“l’ha detto il prete” !
Viviamo nella libertà,
che è dono di Dio,
la libertà che a troppi fa paura
perchè chiede di assumersi responsabilità
che in troppi sono abituati a delegare passivamente.
Prima leggi e studia sul monachesimo,
e poi chiacchiera,
senno’
come diceva la mia mamma
si attende di parlare
quando la gallina fa pipi’.
Condivido la riflessione di Discepolo.
@Marilisa,
Non è questione di misoginia o sessuofobia, ma di rispetto per le regole claustrali di un monastero maschile. Anche gli uomini sono ammessi solo in via eccezionale. Perchè stupirsi?
Se una donna desidera avvicinarsi alla spiritualità benedettina può farlo in modo proprio, contattando un’abbazia femminile.
Rispettare le regole è il primo passo per entrare nello spirito di San Benedetto e in quell'”esperienza di pace” che ci ha descritto Tonizzo.
Il monachesimo ed il monastero sono la stada dei cercatori di Dio. Certo, sono la strada per i cercatori più “esigenti”.
Una strada che non è nemmeno a senso unico.
Ad esempio nei monasteri occidentali la “regola” fa il monaco.
Il monachesimo orientale (quello degli ortodossi, per intenderci) è diverso nella sua regola. Infatti la regola dei monasteri ortodossi è che non esistono “regole”.
Rispettare “La Regola” e non le regole,
e il monastero non è affatto un oasi di pace,
ma il luogo della Ricerca “Quaerere Deum”.
Non si entra in monastero per stare in pace,
ma per porsi in cammino.
La comunità
può essere persino un luogo da incubo
come accade in certe famiglie naturali,
ma nella famiglia monastica, la comunità,
l’obiettivo è
il cammino della persona
alla scoperta di Cristo e porsi alla sua sequela.
Il silenzio, è un luogo privilegiato,
ma che può porsi anche al centro di una città,
vi sono monasteri nuovi che si aprono nelle città.
Una comunità monastica,
luogo di preghiera per tutti coloro che si vogliono riposare
all’ombra del Signore,
è sopra la scala di Trinità dei Monti,
con orari di preghiera comune
che coinvolge anche gli avventori.
Una delle cose che hanno dell’imbecille,
sono le persone che si recano al Sacro Speco di Subiaco,
e girando tra quegli spazi
fanno commenti sul luogo favoloso e d’incanto,
“come stanno bene i monaci qui …”
come se il benessere di una persona dipendesse dai monti d’intorno, dai rumori del fluire dell’Aniene in valle….
Marilisa nelle Certose femminili non entrano gli uomini e nelle Certose maschili non entrano le donne. Ma anche donne nelle Certose femminili e uomini in quelle maschili entrano solo con un particolare permesso e per una particolare funzione (medici, tecnici…), non per visitarle. Che sia giusto o no, questo è il fatto.
In Italia abbiamo due Certose maschili (Serra San Bruno e Farneta, Lucca) e due Certose femminili: Dego (Savona) e Vedana (Belluno).
Vedo che si accomunano certosini e benedettini e questo per un vaticanista è provocatorio: i certosini non sono benedettini.
Evidentemente un po’ più di storia del monachesimo sarebbe preziosa anche per me.
Non sapevo della preclusione ai maschi nelle certose femminili. Davo per scontato che, essendo il prete un maschio, il genere maschile fosse ammesso.
Grazie, Luigi
I benedettini (ne esistono molte famiglie) in genere non hanno regole di clausura così severe come quelle dei certosini. Per la visita papale di ieri fino all’ultimo era restata in forse la presenza delle telecamere all’interno della Certosa. Insieme agli operatori televisivi sono entrati anche una decina tra reporter e fotografi, ma solo uomini, si capisce.
scusate se turbo l’atmosfera di questa squisita dissertazione a tavolino sul monachesimo occidentale con una notizia , come dire, di cristianesimo terra- terra?
http://www.asianews.it/notizie-it/Cairo,-violenze-contro-i-copti:-24-morti-e-212-feriti-22859.html
Certo dei copti non importa nulla a nessuno , me ne rendo conto, ma se
l’albero si vede dai suoi frutti, come disse un certo ebreo Gesù, i frutti della “primavera araba” mi sembrano avvelenati…
Un’altra osservazione da fare. Il monachesimo nasce nel “deserto” con Antonio Abate. Qualche breve cenno ci vuole. Antonio per circa 40 anni fu tentato di “fornicazione” dal Demonio. Questa è la seduzione più semplice e banale della scimmia di Dio. Tenersi lontani e tener lontana la più banale pietra d’inciampo posta ai cercatori di Dio è solo l’inizio del cammino. Bisogna anche tener presente cosa Antonio stesso nei suoi detti ci dice: “Nessuno, se non tentato, può entrare nel regno dei cieli; di fatto – dice – togli le tentazioni, e nessuno si salva “.
La vita monastica è la strada dei cercatori di Dio e su quella via bisogna lottare contro il Diavolo etimologicamente parlando prorio “colui che si mette di traverso” e che vorrebbe impedire di proseguire sulla strada poiche ben sa che “chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”.
Quindi quella del monaco nel monastero è una vita in lotta contro le tentazioni più sottili del maligno. Il monastero è il “ring” privilegiato scelto da questi formidabili lottatori spirituali.
Molto spesso si dimentica di parlare, di dire, quanta importanza ha la battaglia spirituale, e purtroppo ne ravviso anche il motivo: oggi tanti ignorano o voglion fare ignorare che esiste un nemico, il Diavolo.
Condivido in toto la conclusione di Ubi humilitas.
A chi volesse approfondire la storia del monachesimo da un “sano” punto di vista laico ed illuminista , che smaschera le malefatte e i soprusi dei perfidi monaci cattolici , consiglio il libro “The Monk” di M.G. Lewis pubblicato nel 1795, oppure” I misteri di Udolfo” della Radcliffe del 1794, oppure “La Religieuse” di Michelet . Tutti romanzi gotici, molto divertenti, senz’altro migliori del “Il nome della rosa” di Eco , dove nei monasteri o meglio nei tetri sotterranei dei monasteri, succedoni delitti ed intrighi da far accapponar la pelle, e la figura del monaco “mefistofelico” e criminale che rapisce e stupra le ragazzine ,assurge ad una dignità artistica di “noir ” ante litteram..la propaganda anticlericale vive anche di queste cose!!!
Mi associo anch’io in toto, alla riflessione di ubi humilitas.
Un’ultima curiosità sul monachesimo: TUTTI i vescovi ortodossi sono monaci !
All’interno della Certosa di Farneta vi entrò anni fa un mio conoscente, poi egli uscì. Ricordo però ciò che mi disse il cugino della persona che per un pò fece parte della comunità Certosina: un esempio di persone libere sono proprio i Certosini!
Nico chiedo scusa per essermi espresso male: i sacerdoti entrano nelle Certose femminili – come in ogni altra clausura femminile – ma solo per le funzioni sacramentali. Non, poniamo, per svolgere lectio o conversazioni formative, o qualsiasi altra attività.
Bella discussione! Complimenti.
Volevo solo dire a Fabricianus che l’espressione ‘parafulmi’ non piace più alle monache moderne 🙂
Credo che il monachesimo sia proprio un’altra cosa.
Scusate, ma ci sono stata per un anno.
Giusto Luigi,
nella differenza che fai tra Certosa
nascita dopo il 1180
e monasteri benedettini
nascita dopo il 400.
Ma Benedetto XVI
nelle sue parole non si riferisce alle certose,
bensì
“I monasteri hanno nel mondo una funzione molto preziosa, direi indispensabile.
Se nel medioevo essi sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a ‘bonificare’ l’ambiente in un altro senso”
quindi parla dei monasteri tutti nella storia…..
Per il resto
dei copti sto seguendo le notizie con dolore,
Visto che in anni lontani
ebbi l’occasione di incontrare personalmente
in un monastero….
papa Shenuda III
che da poco era stato eletto.
Alla faccia della sensibilità della pessimista che dei copti non frega nulla
se non per il solo piacere di battere la grancassa della cristianofobia per la gioia della sua identità.
Ciao Fabi,
un anno è poco,
ma almeno ti renderai conto delle boiate che si scrivono sui monaci/monache e monasteri
amabili luoghi,
ma dove ci sono delle normali famiglie… (che la l’Istituzione-Xc riconosce!)
con tutte le normali dinamiche di relazioni di un nucleo familiare……
he nella storia del monachesimo ci siano luci ed ombre è innegabile. Ma Benedetto XVI in visita alla Certosa ha fatto un discorso spirituale sui valori del monachesimo, non una lezione di storia delle istituzioni monastiche e della proprietà monastica. Accusarlo di non aver parlato di un tema che in quella sede non intendeva affrontare mi sembra fuori luogo.
Se faccio lo storico debbo parlare anche delle propietà monastiche, questo è vero: ma non solo di queste. C’è anche la storia della spiritualità, della liturgia, dell’esegesi biblica… Io faccio lo storico e credo di avere una certa conoscenza della materia: al di là della rete di patrimoni monastici vedo una ricerca spiritualie ed un’esperienza di incontro con Dio anche attraverso il lavoro, intellettuale e manuale (non tutti i monaci copiavano codici: molti lavoravano con le proprie mani…).
In ogni caso non posso pretendere che un pastore faccia un discorso storico. Da lui mi aspetto un insegnamento spirituale ed una teologia della vita monastica: e questo Benedetto XVI ce lo ha dato.
Ringrazio il prof. Savigni per il suo intervento.
@fabi: come mai non piace più l’espressione parafulmini??
A Raffaele,
sei troppo intelligente per non ricordare
che in questi 5 anni
Benedetto dice solo le stessse cose sul monachesimo.
Come stavolta ha ricordato che hanno bonificato le paludi
senza ricordare le braccia e grazie alle braccia dei contadini che dipendevano dalla possidenza dei monasteri…. alla faccia della spiritualità.
Poi
se sta bene a te e questa la chiami spiritualità….
La prima vittima è sempre la verità,
soprattutto nella Chiesa di noi cattolici.
Matteo,
un anno è lunghissimo in clausura, vale 4 qui.
Non so bene, cosa intendi per famiglie – istituzioni …
puoi spiegarti meglio?
Sì, è vero si interpreta molto il monachesimo.
Dal di dentro le cose sono un’altra cosa.
Ma non so esattamente cosa intendevi.
Fabricianus.
Ai monaci e alle monache non piace essere parafulmini,
sono uomini e donne che giocano la loro libertà in quello spazietto lì,
come noi lo giochiamo in uno spazietto di poco più grande. Se ci pensi …
ciao fabi,
intendevo proprio quello che hai confermato,
grazie per la condivisione.
http://www.tg2.rai.it/dl/tg2/RUBRICHE/PublishingBlock-8f49a286-7527-4264-9979-72b4aca618d8.html
In caso qualcuno volesse documentarsi (almeno provare a comprendere con una infarinatura) senza dover attendere i tempi lunghi della lettura di un libro.
Saluti a tutti
Grazie Principessa,
hai coraggio a trovare qualche perla nella TV italiana !!!
Nico, neanche io mi sento “mutilata”, figuriamoci! Ma sinceramente quando parli di diversità fisica fra uomini e donne è un’ altra questione.
Qui si parla di mentalità, di cerchie chiuse inaccessibili a chi è di sesso diverso, sia che si parli di monasteri maschili che di quelli femminili.
Mi sembra evidente che il discorso sia di carattere sessuale, e io francamente non lo capisco, anche se rispetto totalmente le vedute di ciascuno. Voglio dire che non comprendo la non ammissione alla loro vista di persone di sesso diverso. Regole da rispettare? Certamente, ognuno si dà le regole che vuole.
Ma è inutile girarci intorno: si tratta di sessuofobia sia da parte dei monaci che da parte delle monache. Neanche io ho paura della sessuofobia, ma non la capisco.
Se poi si pensa che chi si dedica completamente a Dio, cioè allo spirituale, dovrebbe intimamente avere la mente lontana dal sesso, stupisce ancora di più che l’altro sesso, maschile o femminile, sia ritenuto temibile.
Le regole claustrali di cui parla Federico B. evidentemente hanno tenuto conto del fatto che la “tentazione” può essere indotta dal solo vedere una donna o un uomo.
Il fatto, poi, che sant’Antonio Abate sia stato tentato, come dice Ubi, di fornicazione nel “deserto” per quarant’anni e che monaci e, forse, monache incorrano in simili tentazioni, a me dice semplicemente che, essendo tutti, uomini e donne, fatti di spirito ma anche di materia, possano sentire almeno qualche volta, se non spesso, l’esigenza della sessualità, ciò che non mi meraviglia affatto. La rinuncia posso anche capirla, a scanso di equivoci, e d’altronde sappiamo che anche certi laici rinunciano, ossia fanno voto di castità. Pensano che in tal modo possa prevalere la spiritualità. Può darsi che sia vero, ma ho qualche dubbio. Certamente è proprio la resistenza nella rinuncia che comporta il sacrificio.
Da quel che ho detto si può capire che io non condivido la conclusione di Ubi; per me non si tratta di tentazioni del diavolo nel bel mezzo di una battaglia spirituale che dura tutta una vita, ma di naturali richiami della natura umana, quei richiami che tutti sentono a meno che non si sia in qualche misura “anormali”. Del resto, chi mi dice che queste persone non rispondano in altro modo, anche senza presenze femminili o maschili, a tali richiami?
E soprattutto non si tratta di ignorare l’esistenza del Nemico. Ma perché confondere ciò che è naturale con l’ azione del diavolo?
Quanto poi al “togliete le tentazioni e nessuno si salva”, mi sembra–con tutto il rispetto per sant’Antonio–un paradosso che non condivido per niente.
Scusate la provocazione, ma sto esprimendo le mie opinioni senza voler fare la parte del diavolo, tanto per intenderci.
@fabi:
lo so che dal di dentro i Monasteri sono tutta un’altra cosa.
Più volte nella mia esperienza ho incontrato monaci e monache che sottolineavano questo aspetto. I Monasteri sono fatti di uomini e donne; le dinamiche sono quindi quelle tipiche di ogni comunità umana.
Io penso che nessuno voglia presentare i Monasteri come una realtà perfetta tutta rose e fiori e versetti bucolici. No, non è così, però è innegabile che siano un importante luogo di preghiera privilegiato.
L’espressione parafulmini riguarda proprio l’incessante preghiera che si rivolge a Dio Padre.
Per me, sapere che esistono i Monasteri contemplativi mi aiuta nel mio cammino di laico peccatore in questo mondo.
E infine: come dimenticare l’intenso epistolario tra uno degli uomini più grandi del novecento, ovvero Giorgio La Pira e le Monache di Clausura??
Come spiegare le innumerevoli richieste di Preghiere che giungono nei Monasteri, se non con le espressioni adottate ieri da Benedetto XVI?
Un abbraccio!
F.
… contraccambio l’abbraccio di cuore.
Un giorno un padre, monaco ha detto e poi l’ha anche scritto in un suo libro:
i contemplativi veri che ho incontrato, li ho incontrati fuori dalla clausura!
Io concordo con lui.
Non è la clausura che garantisce la preghiera,
ma la gratuità.
Cara Marilisa,
fin dagli eremi nel deserto d’Egitto dal 300 in poi,
le tentazioni sessuali non erano solo le donne per gli eremiti…..
basta leggere.
La problematica del non accesso
ha origine dal fatto più ancestrale,
la donna era considerata ontologicamente il mezzo di trasmissione del peccato originale,
di discendenza in discendenza,
quindi la donna doveva subire tutta una serie di discrimini,
la donna era considerata impura durante quello che conosciamo come mestruazioni,
quindi il contatto con una donna non sempre era foriera di fortuna,
la tradizione ebraico-biblica
sulla donna
si è trascinata lungamente sino ai nostri giorni
rimanendo ancora molto da spurgare delle tradizioni umane in quei Sacri testi…
laico peccatore ????
invece?
suora=
monaco=
Grazie a te Matteo.
Ci sono piccole interviste che sanno dire molto di più di disquisizioni prolisse o di interi tomi di teologia. Specie sulle donne, sul sapere e sul silenzio/preghiera.
Grazie, principessa.
@marilisa
che monaci e, forse, monache incorrano in simili tentazioni, a me dice semplicemente che, essendo tutti, uomini e donne, fatti di spirito ma anche di materia, possano sentire almeno qualche volta, se non spesso, l’esigenza della sessualità, ciò che non mi meraviglia affatto.
Sono d’accordo con te. Infatti, se posso permettermi di interpretare il pensiero di Ubi Humilitas,(scusa Ubi) egli non si riferiva in particolare alle tentazioni sessuali collegandole esclusivamente al diavolo. Le tentazioni di “fornicazione” sono umanissime, ci appartengono poichè siamo tutti carnali.
Penso che Ubi Humilitas abbia voluto dirci che il monaco o la monaca di clausura non si trovano in una dimensione a-corporale, a-umana, a-carnale.
Essi sono come noi, però…e ritorno sempre allo stesso punto, (dissentendo un pò da quello che diceva il monaco incontrato da fabi) la loro preghiera incessante e contemplativa non può che essere limpido ruscello che irriga questo nostro mondo.
@matteo
laico peccatore
suora peccatrice
monaco peccatore.
Ovvero, tutti essere umani, fatti di spirito e carne.
Marco, dove sei?
E tu, carissima Clo?
e visto che ci siamo, anche qui si impara moltissimo:
http://www.certosini.info/
A Principessa…
“sul silenzio…”
oggi per me non è giornata,
ma mi dovrebbe finire presto, mi auguro… 🙂
Io, invece, mi auguro di no, Matteo………..
Matteo, hai ragione. So bene che la donna è stata oggetto di discriminazione, anche per i motivi che tu hai esposto, soprattutto nei tempi passati, e in misura minore lo è ancora oggi. Ma per i cristiani non dovrebbe essere più così, dato che Gesù le ha pienamente “rivalutate”, o no? Il Vangelo che cosa insegna? Solo quello che più ci piace?
Si tratta di rimettere in discussione atteggiamenti e regole riconducibili a prima del medioevo. Ma so bene che è pura utopia.
Fabricianus, nessuno mette in discussione la preghiera incessante, unitamente al lavoro e agli studi, di monaci e monache.
Se si deve parlare di importanza, per me sono altrettanto importanti le preghiere sentite di chi sta fuori dei monasteri.
La vita in un monastero è un modus vivendi di chi ci entra. Vale a dire: serve più a loro che a Dio.
Ho sentito dire spesso che la preghiera, in generale, non serve a modificare l’atteggiamento di Dio verso di noi, ma, piuttosto, il nostro cuore. Forse è proprio così, se i monaci attraverso la preghiera incessante si sentono più uniti a Dio. Questo è secondo i loro desideri.
Davvero le loro preghiere sono “limpido ruscello che irriga questo nostro mondo”? Noi in realtà non ce ne accorgiamo, tante sono le brutture che lo sporcano il nostro mondo.
Continuando il mio lavoro di ricerca su internet, per chi volesse rivedere l’intervento di Luigi a Tv Sat 2000 di sabato scorso, fate così:
Andate su tv Sat 2000, a un terzo della pagina, a sinistra, cliccate su Archivio, e poi cliccate sul sesto video a destra a scendere.
http://www.tv2000.it
Grazie,
non ero riuscito a trovare l’intervista a Luigi,
non ci avevo messo troppo impegno.
Ora l’ho trovata.
C’è un passaggio particolarmente interessante,
che forse poteva essere espresso diversamente.
Me la sto risentendo con calma e me l’appunto.
Buona sera a tutti.
Fabricianus, hai tutto il diritto di interpretare e eventualmente di dissentire.
E hai interpretato e esplicato ancor meglio quanto io volevo dire e non ho detto sia per ragione di brevità e sia per lasciare anche agli altri spazi di riflessione.
Hai certamente ragione quando affermi che “il monaco o la monaca di clausura non si trovano in una dimensione a-corporale, a-umana, a-carnale”.
Anzi, loro si trovano ad affrontare ancor più di noi quella che è la dimensione corporale, umana, carnale. E questo sia dal punto di vista del normale vissuto imposto dal rigore della regola, sia dal punto di vista delle tentazioni.
Certo è però che il loro vivere nel cuore di Dio attraverso la preghiera, gli offre la possibilità di poter resistere nella lotta spirituale fino all’ultimo. E “fino all’ultimo” vuol dire fino all’incontro col Padre, poichè le suggestioni di “colui che si mette di traverso” si esauriscono solo quando esaliamo l’ultimo respiro.
Certamente Fabricianus, la loro preghiera offre la vita al mondo, è un limpido torrenteche ci disseta di grazie spirituali e materiali.
Poichè vale sempre il “per amore di quei giusti io li salverò”.
Ps. Per cercare di capire il monachesimo, bisognerebbe leggersi un piccolo libricino, ma di grande valore: “Vita e detti dei Padri del Deserto”.
Nelle (poche) parole dei Padri è condensato tutto il monachesimo (e io mi permetto di aggiungere: di tutta la nobile “spiritualità).
Argh !
Marilisa scrive,10 ottobre 2011 @ 19:02
“Si tratta di rimettere in discussione atteggiamenti e regole riconducibili a prima del medioevo.”
“La vita in un monastero è un modus vivendi di chi ci entra. Vale a dire: serve più a loro che a Dio.”
“Davvero le loro preghiere sono “limpido ruscello che irriga questo nostro mondo”? Noi in realtà non ce ne accorgiamo, tante sono le brutture che lo sporcano il nostro mondo.”
Io direi che questo suo post è una bruttura in questo thread.
E la corrente di pensiero che lo ispira è la bruttura che sta sporcando il mondo, un pensiero tutto e solo ” carnale”.
“Spiritus est, qui vivificat, caro non prodest quidquam” (E’ lo spirito che da la vita, la carne non giova a nulla.)
Il monachesimo, nella sua parabola storica è stato fondamentale per l’evoluzione della Chiesa, ridurlo a mero fenomeno denso di ombre dove all’interno di possenti roccaforti si consumarono e si consumano bieche storiacce di sangue e di sesso trovo sia riduttivo ma anche antistorico. In primis grazie ad Agostino e ad Antonio nel IIIsec promotori -fondatori del monachesimo in Occidente ai quali attinsero Benedetto , S.Bonaventura e tutti i padri , venne salvato gran parte del patrimonio sapienziale e moltissimo della Tradizione della Chiesa altrimenti perduto definitivamente in tempi oscuri in cui, rotti gli argini intere orde di barbari assetate di vendetta entravano in una Roma ormai ridotta ad un rudere [476d.c] in preda al terrore e alla miseria più nera. In secundis è superfluo ricordare che dal IV sec al XII con Cluny lo sviluppo dei monasterii fi possente e parte itegrante, fulcro, di un tessuto sociale altrimenti inesistente. E’ risaputo, basterà leggere i “Promessi Sposi” ,che ad un certo punto del percorso venivano rinchiusi , murati vivi, anche coloro [soprattutto tra le famiglie nobili, per motivi di eredità ecc] personaggi privi di vocazione, ma questa è un’altra storia che nulla ha a che vedere con la vocazione con la scelta RADICALE della clausura.
Circa la sessualità, ovvio che spiriti incarnati qual siamo nessuno è angelicato motivo per il quale non esiste vocazione al matrimonio in quanto la vita coniugale riflette la naturale inclinazione dell’uomo. Ma non così per la vita religiosa: quella al contrario esige una speciale Chiamata una VOCAZIONE, e, come direbbe S.Agostino “nessuno è casto se Dio non lo concede”…evidentemente coloro che “falliscono” in questo percorso non erano “vocati”, e non sta a noi condannare, giudicare men che meno fare di tutta l’erba un fascio.
E ora, a proposito di monaci, di tentazioni della carne, e di “spirito”…
Nei detti dei Padri del Deserto, si racconta di un monaco che tentato dal desiderio di una donna, per resistervi uscì e si fece dei pupazzi di fango, esclamando, ecco questa è tua moglie, questi i tuoi figli, ora provvedi a loro per il necessario. Fatto questo la “tentazione” svanì.
Nelle Fonti Francescane, troviamo il medesimo episodio, protagonista San Francesco. L’unica differenza che il Serafico Santo i pupazzi li fece di neve, e la tentazione ugualmente sparì.
Ora sia lo scettico e sia probabilmente l’afflito all’estremo dal pensiero mondano affermerebbero che trattasi d’invenzione dei fatti raccontati, o di suggestioni medievali (eppure il monachesimo del deserto è del IV-V sec d.C.) da superare.
Invece trattasi del medesimo “tentatore” che mette in atto la stessa tecnica.
E anche del medesimo Spirito (quello Santo) che illumina nello stesso modo i due monaci per permettergli di superare la “tentazione”.
Senza tema di sbagliare, oso affermare che la tentazione più “comune” dei giorni nostri che il nostro avversario mette in atto, è quella di instillare nelle menti e nei cuori un pensiero mondano, estremamente (ir)raziocinante.
Dove c’è spazio solo per la ratio e non per la Fides. Ed in queste condizioni, gli uomini sopisconolo la voce dello Spirito benigno (quello Santo) …
E per questo che c’è bisogno dei monasteri e dei monaci, dove nel silenzio del chiostro e del cuore egli fa sentire la Sua voce.
“la carne non giova a nulla” ????
a me giova,
giova,
Non giova quando si ammala,
ma giova,
la felicità la provo nella carne,
non nell’iperuranio,
la consolazione passa attraverso
i ricettori nella carte,
non attraverso ectoplasmi,
ma quando finisce sta cosa del disprezzo della carne,
con la carne
ci relazioniamo,
facciamo sesso,
accarezziamo,
nella carne gli occhi comunicano,
acarezzo le varie tipologie di muschio in montagna,
con i sensi della carne
sento l’odore della pioggia nell’umido della terra bagnata,
senza carne non esisto,
senza carne
non c’è preghiera.
Ubi: “Il medesimo Spirito (quello Santo) che illumina nello stesso modo i due monaci”. In nessun modo Francesco può essere detto “monaco”. Il monaco si stacca dal mondo, il frate minore va nel mondo.
Ha ragione, in parte, Luigi.
La spiritualità di Francesco era come quella di un monaco del deserto.
C’è anche un pochino di letteratura sulla comunanza tra la spiritualità dei monaci del deserto e quella francescana .
Grazie a Clodine per il suo contributo e grazie anche a ubi humilitas! Un abbraccio! F.
Matteo, qui (e io in primis) nessuno disprezza la carne.
Solo che lo “spirito sta nella carne”. E chi desidera carne senza spirito desidera un “morto”
Solo “carne” non esiste. E solo “spirito” non sussiste.
E’ come Fides et ratio. Vanno insieme. Con equilibrio…
” Ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne,perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito. Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito.
Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione”
“Romani 8,10”
Senta, Ubi, non trinci giudizî sui post altrui per piacere, altrimenti potrei replicare che i suoi mi parlano di un uomouori del mondo. Io e lei siamo sempre stati su piani diversi. La sua religiosità, uguale a quella di altri in questo blog, non la capisco e non mi piace per niente, l’ho detto altre volte. Si astenga dal giudicare chi non la pensa come lei, per l’amor di Dio.
Nella fretta ho postato male.
Correggo e integro.
Avevo scritto: altrimenti potrei replicare che i suoi post mi parlano di un uomo stupidamente bigotto e fuori del mondo.
Lo penso davvero.
Aggiungo che nessuna corrente di pensiero mi ispira, caro il mio sapiente senza umiltà. Ciò che scrivo lo penso da me, che piaccia o non piaccia ad alcuni di voi.
Marilisa,
lascio i dogmi a chi si sente bene al loro rifugio,
io vivo nel mondo,
vivo nella carne che è un corpo fatto di psichè e spirito,
Al centro della mia fede non vi è altro che la Resurrezione dell’ebreo Gesù,
che non volle i vantaggi di un dio.
Questo mi basta,
non mi leva i dubbi di cui sono ripieno,
ma non mi leva la speranza.
La mia fede in Gesù risorto senza i dubbi, senza le incertezze,
non avrebbe senso.
Buona notte
Ti capisco, caro Matteo, perché anche io, senza certezze, mi affido alla misericordia del Signore.
Ma non riesco proprio a capire chi costruisce la propria religiosità esclusivamente su scritti e pensieri di altri, anche se riconosciuti santi, senza usare neppure in minima parte il proprio comprendonio; e per giunta si permette di formulare giudizi di cattivo gusto su chi non è in linea col suo pensiero.
Signore, salvaci da religiosi di questo genere.
Grazie a principessa ho potuto vedere la trasmissione della video-intervista, davvero molto interessante, a Luigi.
Caro Luigi, devo dire che le tue parole sul priore della Certosa di Serra San Bruno e sulla spiritualità dei monaci (eremiti e cenobiti al tempo stesso) mi hanno colpito. Avevo già visto alcuni documentari sulla vita dei monaci, e non posso dimenticare il film ” Il grande silenzio” di Philip Groning; ma la conversazione fra te e il priore, per quanto parziale, è illuminante.
Alcune cose mi hanno colpito particolarmente, a parte certe curiose abitudini dei monaci.
Il fatto che quando egli celebra la messa da solo si senta in comunione con l’umanità tutta. Sembra incomprensibile, ma chi è abituato ad una solitudine così radicale nel pensiero fissamente rivolto al Padre, essendo unito al Dio di tutti davanti all’altare, può appunto “toccare” tutti. È una sensazione straordinaria cui si giunge–credo– a poco a poco con il progressivo aumentare della fede. Una fede voluta e cercata con una volontà senza pari, io penso.
Il valore del pianto.
Mi ritrovo totalmente nelle parole del priore. Chiunque in certi momenti si sia abbandonato alle lacrime, penso che abbia sperimentato una particolare vicinanza a Dio e al prossimo. Le lacrime, nel silenzio o nel grido del “perché”, secondo me sono una vera e propria preghiera che avvicina Dio e la sua creatura in un abbraccio reciproco.
Il Dio di Gesù lo trovo soprattutto quando sento dire che Dio accetta sempre– senza giudicare– chiunque si rivolge a Lui. Quanti dovrebbero meditare sul significato di queste parole! Certo noi non siamo capaci di tanta comprensione, di tanta tenerezza, di tanta misericordia; ma Dio ci sovrasta di tanto perché è Altro da noi. Quanti di noi se ne ricordano?
Noi siamo giudici, spesso inflessibili, nei limiti della nostra umanità. Siamo incapaci perciò di concepire un Dio giudice nella misericordia. Quei monaci certosini lo hanno almeno intuito se accolgono chi chiede di entrare in comunità senza voler saper niente della sua vita per non giudicare. Il giudizio è un grande peccato. Questa è una grande verità.
Quale magnifica sensazione deve essere stata, Luigi, quella che hai provato nell’ascolto del canto dei monaci nel buio e nel silenzio della notte.
Riesco ad immaginare, ed è già molto.
Bene, questo commento n. 77.
Diverso e migliore di molti che lo precedono.
Lo prendo come un possibile “nuovo inizio”, perchè forse è cifra più rappresentativa e non di una sola persona.
p.s.
Anche perché solo Lui può sapere se, come e quanto Gli siamo fedeli.
E, se solo Lui lo può sapere, come possiamo saperlo di altri?
Come possiamo saperlo dai commenti in un blog?
Marilisa e Lycopodium. Il priore dice che nella preghiera si può vivere “qualcosa dell’abbraccio e della tenerezza” che esiste tra il Padre e il Figlio: “C’è – per me – un momento privilegiato ed è la Comunione durante la Messa conventuale. Da noi questo momento liturgico è vissuto in un raccoglimento molto intenso, come ha avuto modo di vedere, di grande concentrazione. Siamo tutti intorno all’altare, prima ci scambiamo un abbraccio di pace, poi riceviamo il Corpo di Cristo e il Sangue di Cristo. Tornati al nostro posto e seduti, rimaniamo in silenzio a lungo. In questo momento percepisco la comunione che mi lega a Dio e agli altri e avverto una presenza forte: mi sento avvolto da qualcosa di importante (…). Si tratta di un contatto, di un momento di grande comunione con Dio. In esso mi accorgo che il Signore – che mi conosce fragile e peccatore – mi fa percepire l’amore che ha per me come per tutti gli altri. Mi mancano le parole per dirlo; si tratta di qualcosa di molto personale che non ho mai avuto occasione di condividere. Sento allora che raggiungo – o piuttosto mi raggiunge – la certezza della fede che Dio accoglie nel suo amore infinito e nel suo abbraccio tutti quanti indipendentemente dai loro meriti. Questa certezza mi fa sciogliere il cuore e a volte mi vengono anche le lacrime“.
Ancora sulle lacrime: “La preghiera che consiste nel piangere non è affatto superata ed è praticata più di quanto non si creda. Pregano in questo modo anche persone che nulla sanno della storia della spiritualità, ma dalla vita imparano le lacrime e dalle lacrime imparano la preghiera (…). Secondo il nostro maestro Guigo II le lacrime sono segno della prossimità di Dio, del suo amore che sta per raggiungerci“.
Terzo tempo sulle lacrime: “L’uomo d’oggi non ha paura di gridare, ma spesso ha paura – o vergogna – di piangere e magari si adatta a piangere nel segreto, per non apparire debole. E questo è un peccato, perché con il pianto si tocca una dimensione alla quale non si arriva né con le parole né con il silenzio. Le lacrime più importanti sono quelle della compassione: quando mi rendo conto che non posso fare nulla per l’altro, però posso piangere con lui“.
“Senta, Ubi, non trinci giudizî sui post altrui per piacere altrimenti potrei replicare che i suoi post mi parlano di un uomo stupidamente bigotto e fuori del mondo.”
Questa è la migliore barzelletta che abbia sentito nell’ultimo decennio. Roba da premio mondiale di “La sai l’ultima”.
“Bigotto e fuori dal mondo” io ??? Hahahahahahahahaha.
Poi “l’ultima” post premiazione: “La sua religiosità, uguale a quella di altri in questo blog, non la capisco e non mi piace per niente, l’ho detto altre volte.”
E con questa siamo certi che il premio è meritatissimo.
Complimenti!
Replicare alle idiozie? Non vale la pena.
“L’uomo d’oggi non ha paura di gridare, ma spesso ha paura – o vergogna – di piangere e magari si adatta a piangere nel segreto, per non apparire debole”.
Caro Luigi, questo atteggiamento, a dire il vero, non è solo dell’uomo (maschio) di oggi ed è frutto di una educazione sbagliata che inculcava nei maschi l’idea che si dovesse provar vergogna delle lacrime da “femminuccia”. Ti dirò che oggi forse ci si sta affrancando–e meno male– da questo convincimento.
Del resto, è nella debolezza che sentiamo la prossimità di Dio.
@Ubi
Porti pazienza, caro amico. Si ricordi del “Beati voi quando vi insulteranno ..”.
I suoi post, belli i profondi, trasudano un’autentico e profondo spirito evangelico, e leggerli mi solleva molto.
Quindi grazie anzitutto per esserci, qui, adesso.
Un abbraccio.
Elsa, la ringrazio, ma il complimento è immeritato.
Luigi, riguardo alla questione del “monaco” e del “in parte ha ragione”
Non dimentichiamo il secondo ordine francescano…
Caro Ubi non ti affannare sulla questione: so bene che i frati minori dovevano andare per il mondo – a lavorare, a questuare, a predicare – mentre le “sorelle” di Chiara dovevano restare nel chiostro, a imitazione delle benedettine. La mia era solo una battuta linguistica. Do importanza alle parole. Uno dei professori che ho avuto alla Sapienza, negli anni sessanta, era il medievalista Arsenio Frugoni (il papà di Chiara Frugoni che ha pubblicazioni su Francesco e Chiara d’Assisi) e ricordo varie sue uscite trancianti, una delle quali suonava: “Se mi dite che Francesco era un monaco vi boccio. Lo stesso vi capita se chiamate convento il monastero di Montecassino”. Non sono un professore ma ho fatto mie le manie di alcuni miei professori.
Ho fatto un esame biennale con Frugoni sul corso “Clestino V e i fraticelli de paupere vita”. Strappai a malapena un 26: il peggior voto di tutti i venti esami. Allora erano solo venti.
Luigi, il mio non è e non vuol essere un questionare o delle puntigliose precisazioni.
Solo delle riflessioni tra noi.
Solo adesso mi ha provocato un dispiacere: gli esami e la Laurea.
Quando ne sento parlare mi ricordo del “cassetto” e mi intristisco…
Brava Elsa.F ! Fai bene ad incoraggiare Ubi; dovresti però, per non essere di parte, ricordargli che neanche lui deve insultare, altrimenti il “beati voi…” se lo può bellamente scordare.
Che pena!
Solo 20 esami??!!! Luigi, hai dato solo 20 esami…beato te!!!
Interessanti, lo scandalo di un vivere religioso tutto al maschile e il rilievo della coartazione affettiva da vecchio modello educativo. Interessanti, perché svelano un comune presupposto.
Maschile è, oggi, per definizione stereotipa, sinonimo di potere, esclusività, prevaricazione. Impossibile non incontrare ovunque, anche inaspettatamente, almeno tracce di questa sinonimia.
Al punto che il maschile deve “giustificarsi di essere” e “giustificarsi per essere”, non essendogli – se non in modo o forma di residuo o di anacronismo – pacificamente riconosciuto un ambito proprio.
La meta socialmente auspicata non lo prevede, la spinta verso il meglio vuole, quando va bene, l’integrazione e la complementarietà (diversamente, forme sempre meno larvate di esclusione sociale).
In sostanza, il male maschile si vede e si denuncia (ovvio che, in quanto male, lo debba essere), il bene maschile fatica ad essere visto o riconosciuto. Ieri, perché troppo evidente, per aver bisogno di essere pensato; oggi perché troppo sbiadito, quasi impensabile.
L’oggi parla di un maschile che non “si sa” e non “si sa dire”. Anche perché, comunque, difficilmente è accolto e lasciato essere.
Comunque, circa il dibattito -molto interessante devo dire- concordo con Mary…perché lei riesce a gettare uno sguardo di sguincio, sospettoso, ma molto realistico sulla faccenda, diverso rispetto a Matteo, per quanto tra le due visioni vi sia un punto d’incontro tuttavia, mentre Mary sposta il baricentro sulla percezione interiore della preghiera, che è sempre un luogo d’incontro col trascendente, ma vissuto in una sorta di solitario reverente distacco. E’ un atteggiamento guardingo ma giusto, che denota una autentica umiltà: credere di essere chissà a quale livello di perfezione è sintomatico di una enorme presunzione, di quel fariseismo che Gesù osteggiò con tutte le sue energie! Di Matteo non condivido la visione circa la “carne” intesa come dono di Dio e, al contempo, mezzo godereccio per sperimentare la “bontà della vita”. Vorrei rammentare a Matteo che ogni essere che si muove sulla terra è [come direbbe Gianna Nannini nella celebre canzone] “carne e fiato” : dono transitorio comune agli uomini quanto alle bestie, tutte! Un bene di passaggio destinato alla decomposizione, e, nella sua accezione negativa il ventre molle dove alberga il dolore, il male, ed ogni sorta di vizio…Credevo Matteo sarebbe andato oltre, che si sarebnbe soffermeto più sul valore del corpo visto come identità personale, spirituale, animica: concetto ontologicamente diverso dalla “carne” sic!
Mi spiace Clodine,
nonostante i dolori che vivo in questa carne,
a me la carne ancora piace,
mi piace per le carezze,
mi piace per il soffio,
mi piace per le parole che mi permette,
mi piace per il sesso,
perchè dovrei fare giri di parole
e dire che la carne fa schifo ?
La carne è bbona.
Alla facciaccia del bicarbonato di sodio !!!!
AhAhAhAhAhAhAhAhAh…….e…..te’ possino !!!
Hai detto bene, cara Clodine : “uno sguardo…molto realistico sulla faccenda”.
Il realismo è il mio campo, sempre. Non indulgo alle fantasie, alle favole, all’immaginifico, al miracolistico, e non mi lascio influenzare da niente e da nessuno. Sono troppo indipendente per natura, e per certi versi questo può essere un limite. Cerco di intuire la realtà, e so bene che qualche volta potrei sbagliarmi, ma spesso il riscontro della verità mi dà ragione. Non lo rivendico come merito, per carità. Semplicemente è così. Mi è maestra la vita con il suo ricco corredo di insegnamenti e della quale vedo, oggi più che in passato, le molte sfaccettature. Quando ero piccola e adolescente ero ingenua fino al ridicolo. Oggi non più. Il percorso di strada che ho fatto fin qui mi ha insegnato molto e mi ha indirizzato verso una consapevolezza che fa parte, a mio parere, della maturità di una persona. Ciò non esclude che incertezze, dubbi e sbagli mi accompagneranno per il resto della vita, ma li metto nel conto di una persona (io) che non potrà mai mettere un punto fermo su quel che acquisisce e impara giorno per giorno, fino alla fine. Per questo è necessario affidarsi a Dio, se si ha almeno un po’ di fede, e sperare nella sua misericordia.
Clodine ai miei tempi – secolo scorso ancora pimpante – per la laurea in lettere si facevano venti esami. Erano tosti ma erano venti. Confrontando con i figli vedo che come programma uno di quelli valeva bene due di questi.
Mi permetto di fare qualche considerazione su quanto scritto da lycopodium e che io leggo all’insegna di un pessimismo che non ha ragione di essere.
Premesso che è eccessivo parlare di “scandalo di un vivere religioso tutto al maschile”( io non mi sono “scandalizzata”, ho rimarcato una strana–almeno per me–esclusione delle donne dalle visite ad una comunità monastica maschile), non c’è dubbio che in passato il maschile significasse “potere, esclusività, prevaricazione” e che ancora oggi ne restino tracce. Non di rado in carriera i maschi hanno la meglio, non fosse altro che perché le donne sono in certa misura penalizzate dalle possibili gravidanze, cosa che alcuni datori di lavoro non accettano di buon grado. Lo si sente dire spesso.
Esagerato e non rispondente al vero, a mio parere, ritenere che il bene maschile non venga riconosciuto mentre il male maschile viene subito denunciato. In questo, sento di poter dire che non ci sono differenze fra maschi e femmine. Visibili e denunciati ugualmente, tanto gli uni quanto le altre.
Che poi debba esserci uguaglianza fra uomini e donne nel sociale mi sembra di una ovvietà indiscutibile.
Le donne, da questo punto di vista, hanno giustamente rivendicato e recuperato una posizione che era loro dovuta e che per troppo tempo (secoli) era stata in subordine, con conseguenze negative anche nella sfera familiare. Salvo restando che la complementarietà è naturalmente insita nella diversità fisica dell’uomo e della donna, che perciò danno vita alla famiglia; anche se è vero che oggi si vedono famiglie “atipiche” costituite da omosessuali. Ma questo è un altro discorso.
Il maschile sarebbe difficilmente “accolto” e “lasciato essere”? Io francamente non direi. Noi donne, invece, sappiamo apprezzare, e molto, gli uomini, proprio in virtù di quella complementarietà voluta dalla natura e da Dio. E nella quale io trovo, come ho detto in altro post, una prova razionale dell’esistenza di Dio.
La cultura devastata.
Ha ragione Luigi.
Una ottima, breve lettura…
http://www.natidallospirito.com/2011/10/02/lintellettuale-allinferno-da-c-s-lewis-il-grande-divorzio/
Ok, Marilisa, non è che io non condivida quanto dici (11.10.11 h. 19.50), solo che questo “quanto” fa parte di una vicenda storica complicata.
Il patriarcato e il maschilismo sono le cose brutte che sono, ma la liberazione dall’uno e dall’altro ci ha regalato ANCHE (sottolineato) una sorta di parodia diabolica di Galati 3,28. Io ci farei un pensierino…
Ancora, è difficile pensare una vera “complementarietà” (il termine non mi piace molto, ma allungherei troppo il commento a spiegarlo), quando uno dei due (tra poco, l’uno e l’altro) non “si sa” e non “si sa dire”…
@ Ubi (grazie del link), Matteo, Clo
“Caro [Christi] salutis cardo”!
Concordo con Lycopodium, basterebbe pensare alle condizioni di tanti padri separati. E’ un discorso complesso, con molte sfumature…
padri separati il pià delle volte privati della genitorialità, ridotti a dover dormire nelle macchine, senza fissa dimora, messi con le spalle al muro nella totale impossibilità di ricostrursi un futuro in quanto più della metà dello stipendio viene sottratto per il mantenimento di figli e moglie, figli . Un’ingiustiziae e una piaga sociale di dimensioni inimmaginabili!
figli [volevo dire] contesi che soffrono, soffrono tantissimo…L’amore non possiamo darlo per scontato, né che due persone restino insieme se non hanno la forza di guardare oltre, per un bene maggiore che sono i bambini i ragazzi quali, non hanno chiesto loro di venire al mondo e meritano rispetto! Ora, che il concetto di famiglia sembra si sia trasformato…essere amabilmente genitori, però, è un dovere imprescindibile!
La famiglia è sempre stata una realtà in trasformazione.
Difficile dire che le persone che vivono in un monastero, in una certosa, in un convento,
non formino tante particolari famiglie con proprie specificità,
infatti si chiamano “anche” famiglie oltre che comunità…
Credo che nell’accezione ormai attuale è indubbio che nella certosa
i monaci vivano in una realta di “famiglia” anche se particolare in quanto eunuchi per il Regno di Dio come scelta.
Non per nulla moltissime comunità religiose e monastiche
hanno il titolo in sè di “famiglia”.
Se la Trinità costituisce fonte della famiglia….
Lycopodium, non si può prescindere dall’evoluzione della vita e degli esseri umani che la sostanziano. Sarebbe pretendere una fissità impossibile, mentre i cambiamenti ci sono sempre stati e ci saranno. In fondo è questa “la vicenda storica complicata” di cui parli.
Il ruolo delle parti si sta invertendo? In effetti adesso c’è confusione, inutile negarlo. Ma io credo che da sempre la confusione faccia parte di un itinerario che porta all’assestamento, in ogni ambito e in ogni situazione. L’importante è che si approdi al giusto. Non quello soggettivo, ma l’oggettivamente giusto.
In ogni caso resta fondamentale il fatto che Dio accompagna, anche quando non ce ne accorgiamo, il percorso dell’umanità per vie diritte ma anche traverse. Non si è sempre detto che Dio scrive dritto anche fra le righe storte? Io voglio crederci.