“Tre Persone che sono un solo Dio perché il Padre è amore, il Figlio è amore, lo Spirito è amore. Dio è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita che incessantemente si dona e si comunica”: è un brano dell’angelus pronunciato a mezzogiorno dal papa, nel giorno Trinità. E ancora: “In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il ‘nome’ della Santissima Trinità, perché tutto l’essere, fino alle ultime particelle, è essere-in-relazione e così traspare il Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore Creatore (…) La prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione e viviamo per amare ed essere amati. Usando un’analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio ‘genoma’ la traccia profonda della Trinità, di Dio-Amore”. In trenta righe di testo ha usato 13 volte la parola “amore” e due volte il verbo “amare”. Ha qualificato l’amore come “principio trascendente” dell’uomo e del creato: e qui c’era un rimando – per gli addottrinati – all’amore come “principio trascendentale” del cristianesimo di cui il teologo Ratzinger tratta in “Introduzione al cristianesimo” (1968). Dottrina ardua, che oggi ha reso comprensibile a tutti con l’audace espressione riguardante l’amore come “traccia” della Trinità inscritta nel “genoma” umano. Altre volte aveva fatto ricorso alle immagini della fissione nucleare e del “big bang”, oggi ci ha donato questa del “genoma”. Ma anche l’espressione “Dio è tutto e solo amore” è coraggiosa, assimilabile a un’altra su cui feci un post il 13 settembre 2008: “In realtà, basta amare”.
Benedetto: “Dio è tutto e solo amore”
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Le analogie lasciano sempre molto perplessi. Nella religione, tutto ciò che non è spiegabile scientificamente, viene spiegato per analogia. Il genoma è un dato scientifico provato. Non mi pare onesto analogare quello che non si può provare in un discorso religioso con i dati scientifici.
Il dato religioso dovrebbe camminare sulle sue gambe, su altra strada. Nella storia della religione troppe analogie, troppe, sempre a “provare” la famosa legge naturale, che non è un dato scientifico, ma solo un processo di comprensione legato a tradizioni umane.
Il dato scientifico può servire a capire l’originaria ragionevolezza del “Principio” citato in Giovanni. Ma fare dell’analogia serve solo a inserire dati falsi. La teologia non ha bisogno dell’analogia con dati scientifici, ha già in sè i semi della sua scienza, serve solo l’onestà di lettura. L’amore, non ha bisogno di analogie con dati scientifici. Dio non ha bisogno di farsi provare.
Dio entra nelle vite, nel pieno rispetto delle libertà della persona, e completamente indipendente dai dati scientifici,
non ne è necessitato.
L’amore non ha bisogno di essere provato. Esiste o non esiste. Si vive o non si vive. Ma non ha bisogno di essere provato con dati analogici scientifici. Dio è amore. Non è una affermazione scientifica. E’ una esperienza profondamente personale, non scientifica.
Il razionalismo ratzingeriano, vuole a tutti i costi provare la scientificità delle sue affermazioni religiose o emotive, pur non avendone assolutamente bisogno. Ho bisogno di testimoni di amore, non di analogie scientifiche, può dire l’uomo della strada.
Io sono felice dell’adoperarsi di Benedetto intorno al principio dell’amore. E mi va bene che chiami al suo fine l’esegesi, la storia della teologia, il linguaggio dei mistici, quello dell’analogia. Lo vedo impegnato a un obiettivo alto, come potrebbe essere il mio quando provo a dire ai miei figli la bellezza della vocazione cristiana. In quel caso non mi faccio scrupoli linguistici o di scuola. Mi lascio guidare dal cuore. Vedo che così fa Benedetto e cerco di imparare da lui. Sto raccogliendo materiali per un saggio che forse intitolerò Benedetto: “In realtà basta amare”. Matteo, vedi se mi puoi aiutare con le tue letture teologiche.
Luigi sono un semplice ricercatore…
i titolati, sono don Mario, Maioba, don78… e altri…
ma leggo che mi poni nella luce della filigrana una sfida….
…cercare dove non vedo…
bella sfida…
raccolgo,
senza sconti…. 🙂
Luigi,
capisco le ragioni del cuore che tutto riunisce senza scrupoli linguistici,
che sono le ragioni dell’amore,
che sono le ragioni del Dio di Gesù Cristo,
che tutto e tutte le scienze riunisce in se stesso e nel suo essere Amore,
ma mi spiacerebbe ricordare come dai Padri della Chiesa a da Agostino, tutti in perfetta buona fede, in piena sincerità, si è tramandato una tradizione di lettura biblica basata sull’allegoria, che a lungo andare non ha lasciato una influenza molto positiva, vista l’esagerazione a cui è stata sottoposta lungo i secoli.
Ovviamente a differenza dell’anagogia che aiuta ad alzare lo sguardo…
Mi spiacerebbe che certi errori si debbano ripetere oggi, anche con la lettura analogica, visto che la storia già ci insegna come e quando evitarli… e perchè…
… ma accetto con gratitudine quello che mi indichi..
Matteo : questa tua perplessità mi coglie proprio di sorpresa.
Forse perchè mi piacciono le analogie e specialmente con il mondo scientifico che penso sia consapevole dei propri limiti.
Senz’altro di fronte ai complessi meccanismi che ruotano anche solo ad un unica cellula (in cui ogni scambio fecondo e quindi di buona relazione con l’esterno porta vita, mentre un’intrusione nemica dall’esterno porta morte)
si inchina e tace.
Questo mistero, questa meraviglia io la trovo naturale collegare a Dio.
Complimenti ancora a Luigi per il bell’intervento di oggi che non mi sono lasciato scappare !
Ciao Luigi.
stamattina dovevo parlare della Trinità… Mi è tornata alla mente una cosa stupenda che è successa.
Qualche anno fa, a p.Carlo, missionario da queste parti del Centrafrica, un villaggio aveva chiesto più volte che andasse ad aprire una missione.
P.Carlo aveva raffreddato un po’ gli entusiasmi, anche per verificare se c’era veramente un desiderio profondo di conoscere il Cristo, o se c’erano magari interessi più materiali dietro.
Un bel giorno gli abitanti di questo villaggio lo fermano e gli dicono di venire ad aprire la missione. Lui dice: ma perchè? Loro dicono: vogliamo conoscere Dio.
Lui ribatte: ma voi credete in Dio?
E uno di loro risponde: TONGA NA MBI YEDA NA NZAPA PEPE, MBI YEKE ZO LA-WA?
Che significa: SE NON CREDO IN DIO, QUANDO MAI POSSO DIRMI UOMO?
é una frase stupenda, nata da una profonda saggezza (e sfido fior di filosofi e teologi a dire Dio e dire l’uomo meglio di così!!!).
E stamattina mi è servita per aiutare a capire l’importanza di conoscere Dio, perchè se lo conosco meglio e più in profondità, conosco meglio e realizzo meglio l’uomo che sono…
Il problema non è se credere o no in Dio. Da sempre l’uomo crede in un Dio, di qualunque religione sia poi spiegato; piuttosto, cosa fondamentale è chiedersi e credere in chi è Dio, chi conosciamo come Dio, e quali conseguenze, di scelte e orientamenti, comporta nella nostra vita questa conoscenza di Dio. Il Papa usa una comunicazione analogica dove quella dialogica non raggiungerebbe la stessa platea. L’uso di metafore appartiene ad un modello comunicativo che si pone l’obiettivo di suscitare un impatto emotivo nel ricevente. Mi sembra che il Papa nel parlare dell’Amore di Dio, si avvicina all’uomo che lo ascolta attivando i “neuroni specchio”
Ma ci fà o c’è? Strategia di marketing o espressione d’amore?
Una delle cose che mi ha sempre affascinato della fede è la possibilità di scovare dentro di noi le tracce di quella immagine e somiglianza di Dio che ci è stata donata. E’ ovvio che Dio non si “dimostra” (ed è pure meglio così) e che non ci sono argomenti che “costringono” i non credenti alla conversione, ma alcuni “segni” della Sua “presenza” sono particolarmente forti e debbono essere oggetto di analisi e discussioni. Quella del “genoma” è una “analogia” geniale e raffinata.
@ plpl8 – 7 giugno 2009 – 16:09
Non vorrei sconvolgerti, né sorprenderti necessariamente in maniera negativa, fondamentalmente esplicito le domande che io faccio continuamente a me stesso.
Mi ritengo anche fortunato, cerco sempre persone valide, che mi mettano in condizioni di pormi sempre delle domande, non dando mai nulla per scontato.
Ti dico, siceramente, che anche io amo le analogie, e il mondo scientifico mi offre molti spunti di riflessione sulla sincerità della mia fede. Mi piace. (ma la mia fede è vera solo se è servizio concreto, non le parole su cui mi soffermo!)
Dinanzi alla complessità di tutta la vita nel creato, tutto conferma la ragione prima ed ultima che è il “?????”.
Razionalmente. Se tutto pare collegarmi a Dio, io mi domanderò sempre perché…
Guai ad abituarmi. In troppi si sono abituati a ripetere “Dio è amore” e non sanno più che significa, dinanzi a parole che rimangono solo parole.
Ma io debbo domandarmi: “veramente porto dentro di me il genoma della Trinità”?
E’ semplicemente una bella frase ad effetto soporifero? (visto che non ha nulla di scientifico e di probato).
La fede non chiede spiegazioni alla scienza: «La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono».(Eb. 11,1)
Questo è al di là della scienza…. La mia impressione, è che Benedetto ha bisogno di un continuo esplicitarsi sul tema di ragione-scienza-fede, per provare continuamente i suoi assiomi.
Sinceramente non ne vedo né il bisogno, né la necessità.
Per questo ricordo con inquietudine l’”allegoria” che fu ricchezza della spiritualità fino ad essere stravolta e a fare persino danni nelle menti rigide.
Accadrà anche con la modalità dell’analogia?
Comunque plp, grazie di farmi riflettere, perché questo per me è sempre importante.
Anch’io ho ascoltato e apprezzato la freschezza e la comprensibilità di linguaggio dell’angelus di oggi del Papa. Mi affascina sempre la novità linguistica (oltre che di contenuti) dei suoi discorsi. Forse l’efficacia delle sue parole – in ambito liturgico – guadagnerebbe ulteriormente se anche il cerimoniale recuperasse qualcosa della mirabile prescritta semplicità, rinunciando ai recenti orpelli barocchi.
Azzardando qualche adattamento liturgico – da condurre in sede idonea e non immaginando una semplice sostituzione di parole – il bellissimo e teologicamente raffinato prefazio della “Trinità” acquisterebbe qualcosa della audacia ratzingeriana se la “trinità di una sola sostanza” fosse la “trinità di un solo amore”; e se “la gloria del Padre” in cui crediamo, la stessa del Figlio e dello Spirito, fosse proposta come “l’amore” delle tre persone (pur sapendo che “gloria” è termine biblicamente molto connotato).
Anch’io, come Matteo, noto il ricorrente svolgimento, da parte del nostro Papa, del tema “ragione-scienza-fede”: non saprei spiegarmelo, perchè non ci capisco abbastanza, ma, nel “post” precedente, avevo formulato (o, più esattamente, tentato di formulare) una qualche osservazione (non so quanto sbilenca: mah !) sul contenuto dell'”Angelus” odierno e sul successivo commento esternato da Luigi nel corso della trasmissione televisiva “A Sua immagine”.
Ciò posto, vado a vedermi, prima di andare a dormire, qualche “exit-poll”, “Istant-poll”, proiezione, etc.: buona notte a tutti !
Roberto 55
Sul tema dell’analogia (traendo spunto da Matteo e plpl8).
Nei primi decenni del ‘900 si affermò l’idea che Dio fosse il Totalmente Altro, così trascendente e gratuito da non poter inferire nulla di Lui e avvicinarGlisi ; anzi ogni “inferenza” era un diabolico renderGlisi simile e ogni “tangenza” una profanazione.
Negli anni ’50-’60 maturò un’altra convinzione; Dio, sempre Totalmente Altro, si implicava nel suo altro-da-Sé (fosse il processo biologico o l’umana coscienza) in modo così radicale che dire/essere l’altro-da-Dio risultava esaurire ogni inferenza e ogni tangenza.
L’una e l’altra idea, nate nobilissime, si sono oggi ridotte a formule di scuola e nientificatori universali.
L’una e l’altra non hanno saputo articolare il rapporto Trascendente/immanente (o Dio/uomo); non hanno saputo dare un ambito e un’abitazione a questo rapporto; o, più precisamente, si sono imposte di darlo, senza riconoscerlo prima-durante-dopo di esse; così la prima idea sfocia ineluttabilmente nella seconda e produce l’effetto contrario all’intento che l’animava: non la ferrea disciplina che il Santissimo richiede per avvicinarGlisi, ma la strategia immunizzatrice da ogni avvicinamento.
Perché se non c’è un luogo d’incontro, non c’è neppure incontro; e se non lo si riconosce, non lo si trova.
caro Luigi, ho ascoltato ieri con commozione l’angelus del Papa e anche il tuo commento.
Quando parli di “analogie” tratte dalla biologia, vorrei dire che secondo me non si tratta di analogie ma proprio di realtà. Infatti mi sembra che il Papa abbia detto che in Natura tutto è “relazione” (non ha usato la parola amore)
Questo nessuno, neppure il più convinto degli atei , può negarlo. In natura tutto è relazione, e la Trinità che cosa è se non relazione a tre?
dunque l’immagine di Dio è impressa REALMENTE nel creato, non analogicamente. lasciamo perdere la parola “amore” che può essere fraintesa ed è stata usata per dire le cose più svariate, ma dobbiamo ammettere che l’essere , così come è, nella sua materialità , è relazione. Dalla doppia elica del DNA (doppia, non singola, dove la spirale si forma per coppie di opposti acidi ribonucleici che sono complementari come i pezzi di un puzzle) alla struttura dell’atomo , dove alla particella caricata negativamente corrisponde quella positiva (ancora le coppie di opposti) tutto nella struttura della materia è relazione.
e allora, lasciando perdere la fede in Dio, non è maraviglioso scoprire che tutta la realtà è stata fatta su uno stampo, su un Idea direbbe Platone ?’
perchè il Papa non dovrebbe richiamarci alla mente questo quando si parla di Trinità? perchè la Trinità non è un dogma ammuffito e incomprensibile è la Realtà delle cose.. commovente ….
La Trinità, è mistero ed è realtà solo nel dono del dono di fede, e non di tutti.
Credevo che le realtà scientifiche fossero altre.
Io non potrei mai imporre la realtà della Trinità ad altri,
se penso già a gente che fa fatica a vedere in Gesù, lo stesso Dio, ma un uomo straordinario, tra gli stessi cristiani….
immagino ….la Trinità….
Nella mente di tanti cristiani,
non è assunta la relazione tra il Padre e il Figlio Gesù, già due persone un solo Dio,
mi figuro quer poveraccio dello Spirito Santo… terza persona,
che per ora a molti è comprensibile solo come colombina svolazzante su vetrate e affreschi.
Rimanendo terra-terra,
l’unica immagine concreta che abbiamo di Dio è in Gesù uomo,
nel vangelo Gesù non parla mai esplicitamente di Trinità,
ma parla del suo rapporto con il Padre e con lo Spirito Paraclito,
e non di certo nella figura Trinitaria comune alle nostre immagini umane.
La Trinità è relazione,
ma è un dato afferrabile solo in una dimensione di fede, anche se continua a rimanere profondo mistero come lo è stato sempre per tutti.
Le analogie biologiche, non so se aiutino le conversioni verso il mistero della Trinità, dubito,
ma sono certo che va bene per chi è già convinto.
Perchè gli atei devono avere la mia visione, necessariamente?
Già dobbiamo dare per assodato che il DNA è REALE immagine della relazione Trinitaria?
E’ questo, parlare su Dio? su Gesù?
“mi spiacerebbe ricordare come dai Padri della Chiesa a da Agostino, tutti in perfetta buona fede, in piena sincerità, si è tramandato una tradizione di lettura biblica basata sull’allegoria, che a lungo andare non ha lasciato una influenza molto positiva”.
Io invece credo che questa tradizione esegetica (basata sull’assioma di Gregorio Magno per cui “la Scrittura cresce con chi la legge”) sia stata spiritualmente feconda, e che possa esserlo anche oggi. De Lubac l’ha giustamente riproposta agli uomini del XX secolo (senza che ciò significhi rinnegare l’esegesi storico-critica: si tratta di due approcci complementari). Credo inoltre che compito della teologia sia collegare il linguaggio dell’amore e quello della razionalità, suuperando il dualismo esasperato mistica-teologia che ha caratterizzato gli ultimi secoli.Per questo apprezzo il tentativo di papa Benedetto e Luigi che ce lo propone.
La trinità può essere colta pienamente (per analogia…) solo con lo sguardo della fede, ma certe suggestioni teologiche possono risultare feconde anche per il non credente. Basta pensare al libro del filosofo Cacciari sugli angeli.
Discepolo trovare i segni del divino nella realtà è davvero una meraviglia, la più grande dopo quella dei segni dell’amore di Dio nelle persone che abbiamo intorno. Grazie delle tue suggestioni.
Matteo apprezzo la tua preoccupazione di tenere distinti il linguaggio della scienza e quello della fede. Ma io non trovo nessun rischio di invadenza del dominio della scienza – o di un suo uso autoritativo a scopo apologetico – nell’analogia proposta dal papa. Si è trattato soltanto della proposta – ritengo creativa – di un’immagine comprensibile alla cultura diffusa dei nostri giorni, per dire qualcosa che la teologia di un tempo diceva con rimandi filosofici. Oggi una persona di media cultura intende bene il genoma, ma non intende nulla dell’analogatum princeps cui ricorre Tommaso (lex aeterna che si trova in Dio e governa ogni cosa e muove tutto al fine dovuto). Ecco allora che l’ottimo catecheta che è il nostro Benedetto propone dalla finestra il genoma e non l’analogatum. Davvero Matteo, ho riflettuto ai tuoi allarmi, ma non li ho compresi. E’ come quando Martini per dire la risurrezione ha detto “esplosione di luce” (vedi post del giorno di Pasqua, 12 aprile).
Luigi,
i miei non vogliono essere allarmi,
davvero,
manifesto la mia non convinzione sul modo di procedere di Benedetto,
vivo semplicemente tra la gente,
in una normale vita parrocchiale,
e con tutto l’impegno che vedo intorno a me,
non noto particolari risonanze di quel che noi avvediamo tra le parole di Ratzinger.
E’ affascinante l’accostamento con il “genoma”,
ma poi le folle corrono a Medjugorie ,
sale sul monte dell’apparizione e “guarda verso l’apparizione”, fa la fila alla croce bronzea nel retro della chiesa a raccogliere le “lacrime” del crocifisso.
Papi, vescovi, sacerdoti, cristiani, vengono ricordati, più per i segni che lasciano, che per i tanti discorsi.
Le parole di don Tonino sono straordinarie, ma avevano il sigillo della sua vita di segni…
Nei vangeli, quel che mi colpisce sempre,
è che la gente, la massa, la folla, segue Gesù prima per i suoi “segni” che per le sue parole…..
Di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, nell’immaginario collettivo rimangono i segni che hanno posto nel loro servizo petrino,
diversamente da Paolo VI (che pur ha lasciato segni non indifferenti ma dimenticati, lontani!).
Vale per Camara, Santoro, Milani, Puglisi, e quanti altri.
Rimango perplesso dinanzi alla cifra in cui si staglia questo inizio pontificato,
dare ragionevolezza scientifica ad assiomi che non sono universalmente validi, se non partendo da una comunicazione esperienziale, relazionale e di fede.
I tempi della storia degli uomini verificcheranno la comprensione delle parole.
Sul grande Tommaso la penso ovviamente come te,
ma anche lui,
aveva coscienza del limite…
La Santissima Trinità esiste a prescindere che noi ci crediamo o meno; Dio non ha bisogno della nostra fede per esistere, per essere l’unica realtà che esiste di per sè stessa.
Se non ci fosse la SS. Trinità noi non esisteremmo, Essa ci ha tratto dal nulla e ci evita di ricadere nel nulla.
Noi crediamo semplicemente perchè è vero, perchè ciò in cui crediamo esiste da sempre. Una Eterna realtà d’Amore.
Come ogni autore autenticamente cattolico non ha mai disgiunto il “dio dei filosofi” e il “Dio di Gesù Cristo”, ha sempre “distinto per unire” (espressione di Maritain) o, ancora meglio, “distinto nell’unito” (espressione di Inos Biffi). A dimostrare che le ultime uscite non sono una deriva reazionaria della vecchiaia, ma l’approdo coerente di un pensiero che sa riconoscere le “vestigia Trinitatis”, c’è questo brano del 1959:
“La sintesi operata dai Padri della Chiesa tra la fede biblica e lo spirito ellenico, in quanto rappresentante in quel momento dello spirito filosofico in genere, fu non solo legittima, ma necessaria, per dare espressione alla piena esigenza e a tutta la serietà della fede biblica. Questa piena esigenza si basa allora proprio su questo, cioè sul fatto che essa fornisce il legame con il concetto pre-religioso, filosofico, di Dio. Ma ciò viene a significare che la verità filosofica rientra in un certo senso come elemento costitutivo della fede cristiana e, ribadito questo, che l’analogia entis è una dimensione necessaria della realtà cristiana, la cui cancellazione sarebbe nello stesso tempo la soppressione della precisa esigenza che il cristianesimo deve proporre”.
Il che dimostra quanto fosse già da allora libero dalle preclusioni imposte da quelle “formule di scuola” e da quei “nientificatori universali”, di cui ho parlato l’altro giorno.
N.B. Ovviamente parlavo di J. Ratzinger.
Sul discorso del papa c’è una bella intervista di Bruno Forte alla Radio Vaticana:
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=293505
Credo che il tema del “genoma” abbia un po’ a che fare con
un delizioso scambio di battute tra un padre e un figlio piccolo carpito ieri mattina a Villa Torlonia a Roma (non è un murales, non si può andare a controllare). In ogni caso, non resisto alla voglia di raccontarlo.
“Papà ma gli uomini chi li ha inventati?” “No, no, gli uomini non li ha inventati nessuno. Si sono evoluti”.
Pensando a cosa avrei risposto io, mi sono sentito molto arretrato e bigotto.
poro fijo!
“Papà, e l’evoluzione chi l’ha inventata?”