Dal crocifisso di Paolo VI alla croce di Pio IX: per una veduta ampia della continuità papale, alla quale ci aveva già invitati con la scelta del nome “Benedetto” che sormontava la serie conciliare dei Giovanni e Paolo.
Da un crocifisso più piccolo di colui che lo portava a una croce più grande di lui. Come a dire: guardate quella e non me.
Da un crocifisso post moderno a una croce della tradizione. Perché l’una sancta catholica parla tutte le lingue.
Dal Cristo del kerigma alla croce del dogma. Per chiarire che è la fede di sempre.
Dal Cristo dell’annuncio alla croce della proclamazione. Per far sapere che i cristiani non solo raccontano ma anche affermano.
Da un crocifisso in argento a una croce d’oro. Perché fu detto “crux gloriosa”.
Dal Cristo tormentato dello scultore Scorselli alla croce splendente degli orafi papali. Perché ogni metallo e ogni arte sono chiamati a prendere parte alla liturgia cosmica.
Da un crocifisso ricurvo a una croce specchiante. Perché ciò che fu piegato fu poi rialzato.
Da un crocifisso realistico a una croce istoriata, con un tondo centrale e tre terminali. Perché la storia che viene evocata non finisce con la morte di croce.
Da un crocifisso nuovo a una croce antica: per stabilire che la Chiesa di sempre non conosce riforme irreversibili.
Sono i pensieri che mi sono venuti osservando la croce astile che papa Benedetto usa nelle celebrazioni dalla domenica delle Palme e che impugnava anche questa mattina per la messa al Nationals Park Stadium di Washington.
Grazie caro Luigi, in poche battute l’essenza e l’intelligenza di una scelta apparentemente marginale, come quella del cambio di pastorale del papa. Mi èpiaciuto molto il suo “Come a dire: guardate quella e non me”. Le auguro una serena permanenza americana.
Michelangelo
Da un crocifisso “nuovo” a una croce “vecchia”: per ricordare che è Lui che fa nuove tutte le cose!
A me piace anche molto la mozzetta di raso bianco che nessuno ha notato.
Luigi fa la sintesi mirabile di tutte le motivazioni.
La croce sia al primo posto, sempre (ma il Cristo martoriato di Scorselli è molto bello, e ha un grandissimo significato se portato da colui che è il simbolo del potere e dell’autorità terrena nella Chiesa).
Ottimo anche il graduale recupero dei paramenti della tradizione.
Alcuni li trovo ormai superati, ma essenzialmente per una questione di “occhio” e di gusto mio personale.
Condivido comunque appieno la “sinfonia della continuità”, l’esigenza di vivere liturgie non passatiste ma appropriate, l’opposizione alla “protestantizzazione estetica” della Messa (esempio: ho sempre trovato sbagliata la progressiva riduzione delle mitre episcopali, più squadrate e più basse, in tutto simili a quelle delle pastore protestanti).
anche se sono consapevole che il post è teologicamente esatto potrebbe anche essere scritto in maniera inversa…
la scelta di Paolo VI non fu quella di sminuire il crocifisso ma di renderlo più vivo, più presente alle persone… Gesù muore sulla croce come uno di noi… è l’uomo che muore e si dona e, nalla croce di Paolo VI è rappresentata l’umanità e non la gloria del Cristo!
Nel nostro mondo, dove i simboli fanno fatica ad essere compresi, si deve semplificare il più possibile il loro utilizzo , sopratutto, dobbiamo conoscerli tutti… per esempio in parrocchia mi capita spesso di avere diverbi con il sacerdote che mette il crocifisso sull’altare al centro tra lui e il popolo! Ora mi dico perchè voler mettere il Cristo crocifisso al centro quando c’è già?
Il Cristo è già presente al centro della Chiesa, nell’altare che, durante il rito della Messa E’ cristo!
Abbiamo molti segni che il popolo di Dio non conosce:
L’altare, l’ambone, il pastorale, la mitria… il popolo non conosce il profondo significato della liturgia della parola e non sa che perdendo questa parte la Messa rimane monca di una parte non meno importante delle liturgia eucaristica…
Chi si può cibare del Corpo di Cristo se prima non si è cibato delle sue parole? “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”… “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”…
Allora, mi domando, perchè voler aggiungere segni su segni, simboli su simboli senza prima spiegare e capire il significato profondo della nostra amata liturgia? Perchè continuare a dare nuovi stimoli ad una “cosa” (scusate il termine) morta?
Io ritengo che la semplicità delle insegne debba essere visione concreta di una realtà che non riesce ad andare oltre il primo significato, il cammino verso la piena conoscenza è fatta di piccoli passi e da pastori capaci ma, purtroppo, questi mancano!
francesco73 la Mitria ha un significato preciso… penso che sia fuoriluogo l’utilizzo che ne fa il Santo Padre che dovrebbe dare un segno di sobrietà e. sopratutto, parlando con i segni, di condivisione!
La grande libertà di Ratzinger (!),
sin dall’inizio ha dato questa impronta,
ricordando con tutti i gesti e segni del suo ministero, la libertà che lo contraddistingue, in una società estremamente conformista.
Questo non mi fa dimenticare che il Cristo-pastorale di Paolo VI, è più vicino alla sensibilità dell’uomo, almeno di questi ultimi 2 secoli.
Se poi si vuole rispolverare tutti gli ori della tesoreria vaticana…..
la libertà è sovrana nella coscienza della persona.
ciao a tutti.
diogneto (che nome impegnativo che hai scelto: attento che la lettera di cui sei destinatario la intepretano tutti a modo proprio) io non sono esperto di liturgia, figuriamoci; su un certo richiamo alla sobrietà posso essere d’accordo; dico solo – ma in base al mio gusto – che le ultime mitrie scelte da piero marini proprio non mi piacevano; comunque, sui paramenti in genere non sono per il ritorno all’antico; ma per una valorizzazione della tradizione fatta in modo armonico e graduale col tempo che passa e che viviamo; mi pare che sia questa la continuità della chiesa, oltre al fatto che spesso si tratta semplicemente di non essere sciatti
un amico sacerdote mi ha detto giorni fa (non so se sia del tutto vero, non frequento il vaticano) che l’attuale maestro delle cerimonie avrebbe fatto un richiamo sull’esigenza di indossare calze appropriate sotto le vesti: rosse sotto al rosso, viola sotto al viola, ecc.
forse sembrerà un eccesso, ma anche portare la veste lunga fino alle caviglie con sotto i pantaloni che sbucano e magari un paio di scarpe di gomma è di cattivo gusto
qui non si tratta, quindi, di liturgia, si tratta di vestirsi in modo decente
Io sono proprio rozzo, e non resisto alla tentazione della bêtise: quel crocione mi sembra un po’ scomodo, non sarà pesante? L’altra mi dava l’idea di essere più maneggevole, mi ricordo tutti i giochini che ci faceva Giovanni Paolo II e poi come invece gli è servita per appoggiarsi.
Francesco la sobrietà aiuta a vivere meglio la liturgia e questi rigurgiti preconicliari mi mettono tristezza… ho partecipato ad una messa di San Pio V con membri di Alleanza Cattolica, ero a fare un ritiro spirituale, e devo dire che, seppur esperto di liturgia (sono stato tre ani cerimoniere episcopale nella mia diocesi) non mi ci ritrovo… la Messa deve essere vissuta dal popolo e non subita!
i simboli sono importantissimi, pensa che il piviale con il quale Giovanni Paolo ha aperto la porta del 2000 per me era un’offesa alla dignità umana, ma non si deve perdere il senso della sobrietà… mitrie alte, calzini del colore della veste, pianete, casule sono tutti accessori che coprono il significato e rivestono il significante…
sobrietà e piena esplicazione dei simboli che già abbiamo… come detto sopra chi conosce, tra il popolo di Dio il significato dell’altare, dell’ambone etc etc…
quindi torniamo alle cose semplici, istintive e lasciamo perdere l’oro che luccica e rende ciechi…
scusate ma mi viene in mente una cosa riguardo le vesti liturgiche… quando ero in seminario e curavo le liturgie vescovili cercavo sempre di dare sobrietà e dignità alla liturgia usando calici e vesti preziosi… il mio rettore, ora vescovo di Volterra, mi diceva sempre:
Sei come i romani che si dividono le vesti mentre Cristo muore in croce…
Ecco penso che sia un riassunto efficace di quello che spesso facciamo noi, mentre si celebra il sacrificio supremo di Dio noi stiamo a curare i calzini dei vescovi e le mitrie papali 🙂
vogliamo preti d’oro e calici di legno!
diogneto, bisogna essere appropriati, io stesso non pratico la liturgia tridentina e mi trovo benissimo a seguire il rito di Paolo VI
ma celebrato bene, in modo dignitoso, e valorizzandone anche la bellezza intrinseca
ho la sensazione che la sobrietà che entrambi amiamo finisca troppo spesso per coincidere con lo squallore, la sbrigatività e col brutto estetico
su questa china la liturgia perde di senso, e i richiami all’essenziale di quel che si celebra e si vive non devono mascherare lo svilimento
preti d’oro, calici di legno… e vino buono, però… possibilmente quello di Cana 😀
Buongiorno. Una prima considerazione: anche i segni e le immagini parlano. E che la croce sia quella di Pio IX mi dà a pensare. E’ evidente che Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, ma c’è uno specifico della storia che non va sottovalutato. Per spiegarmi mi vorrei soffermare sulla chiusa di Luigi: “la Chiesa di sempre non conosce riforme irreversibili”. E lo faccio citando le parole di Pietro Scoppola, là dove nel suo ultimo libro parla della “difesa del Concilio”. L’argomentazione di Scoppola al riguardo merita di essere presa, a mio avviso, in attenta considerazione. Scoppola prende le mosse dalla ricorrente considerazione, anche a livello magisteriale, che il concilio non ha cancellato ciò che lo ha preceduto. “Si dice: c’è il Concilio, c’è la Dignitatis humanae ma c’è anche il Sillabo, e sono sullo stesso piano nel magistero della Chiesa. No, non si può dire così. Certo che c’è il Sillabo nella storia della Chiesa, ma c’è un pensiero, c’è un magistero che ha interpretato, che ha superato il Sillabo e che è arrivato alla Dignitatis humanae. C’è tutto nella storia della Chiesa, ma, appunto, c’è una storia, c’è uno sviluppo” . E il concilio va difeso con fedeltà in quanto è stato un momento decisivo di tale maturazione della chiesa. Alla luce di queste premesse ermeneutiche, mi sta bene anche la chiusa di Luigi. Grazie.
Diogneto parla di significato e significante, e in questo mi pare che abbia del tutto ragione: la liturgia è “anche” poesia, e va considerata “anche” con gli strumenti con cui di solito analizziamo i testi poetici. E quindi i paramenti, la musica e il canto, le rubriche, i gesti, il silenzio, le genuflessioni, la lingua del rito costituiscono gli indispensabili significanti, in mancanza dei quali, o nell’evidente sciatteria di chi li trascura, la liturgia (anche se il suo significato non muta) non riesce a comunicare il senso del sacro, del mistero, non riesce, nei casi peggiori, ad essere “credibile”, ad accostare i fedeli a Dio.
La poesia diviene tale non solo e non tanto in presenza di un messaggio, un significato adeguato: un pensiero intelligente diviene poesia per motivi spesso impalpabili, sempre legati alla forma, ai significanti. “La notte è chiara e dolce e senza vento” sembra un comunicato dell’ufficio meteorologico, e ritmicamente è una carica di bisonti; “Dolce e chiara è la notte e senza vento” è uno dei versi più belli della letteratura italiana. Solo per una diversa disposizione delle parole!
Le parole “Hoc est enim corpus meum”, scandite lentamente, sottovoce, nel silenzio adorante e tremebondo dei fedeli in ginocchio, sono una cosa; le parole “Questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”, annunciate pianamente ad alta voce ai fedeli in piedi sono un’altra cosa. Non perché cambia la sostanza del rito, è ovvio. Cambia il significante: proprio come nell’esempio del verso di Leopardi.
Moralista!
In un calice di legno il vino buono mi sembra un po’ sprecato: non si potrebbe fare, per esempio: preti d’oro e calici di vetro?
preti d’oro e calici di vetro, meglio abbiamo bisogno di pastori non di maestri…
Io ho bisogno degli uni e degli altri…
anche io ho bisogno di pastori e di maestri!
ottimo pezzo Dott. Accattoli, grazie!
Resto dell’idea, più volte espressa in questo blog, che la chiesa necessita di una radicale Ri-Forma, nel senso di ri-dare quella forma che si è perduta con le inevitabili stratificazioni e Incrostazioni che la sommergono, la soffocano e la eclissano il diamante, la luce che rifulge: Cristo.
Se è vero che la storia -come diceva il beato Gioacchino Da Fiore nelle sue tre Età – il tempo del Padre, il tempo in cui ha operato il Figlio,e uno in cui opererà lo Spirito Santo, che procede da Padre e dal Figlio- siamo nel tempo dello Spirito, ebbene:lo Spirito trova la sua forza nel Kerigma, nell’annuncio. Mai come oggi questo annuncio deve essere gridato, urlato ai quattro venti, e se non ci si spoglia degli orpelli risulterà non credibile. Non si può annunciare il Cristo povero vestiti di porpora, nè un Cristo affammato gozzovigliando, o un Cristo che ama la giustizia coprendo (come si è fatto per anni) le storture e gli scandali! Si! la chiesa deve saper ritrovare le sue origini se vuole fare il grande balzo. Lo sta dicendo Benedetto XVI fin dall’inizio del suo pontificato. Ritorno alla sobrietà, anche Liturgica, non vuol dire cedere allo squallore o rinnegare la sua storia la sua arte la sua scienza che l’ha caratterizzata per secoli , ma bisogna farsi persuasi che questa è LA SUPERFICIE e non penetra l’essenza intima. Non dimentichiamoci che tutto questo apparato esteriore di cui si parla nel post può essere occasione di scandalo che impedisce l’accesso alla realtà interiore, povero di sostanza ed esaurito atto solo a mostrare la potenza di una gerarchia avida di lusso.
Non è un caso se il dott Luigi trae spunto dalla sequenza che assume, nella sua forma esteriore, la Croce, il vessilo glorioso di Cristo. Mi sembra che dalla croce gemmata degli imperatori carolingi ne è passata di acqua sotto i ponti. Un passaggio dall’una all’altra nei secoli non privo di fallimenti, di idee, di condanne, del suo confondersi con un certo sistema sociale, politico intellettuale. A dispetto di tutto lo splendore umano, troppo umano, di una dogmatica autoritaria per certi aspetti, di una morale staccata dalla vita, dal mandarinato di certi ecclesiastici si erge LUI il CRISTO al di sopra e al di sotto a destra e a sinistra al di la e al di qua è lui che dobbiamo seguire…è Lui la porta..
La teoria delle tre età è, scusami tanto Clodine, il carcere intellettuale in cui “si dibattono” i dibattiti teologico-filosofici dal 13° secolo in poi, la prigione del nostro immaginario, peraltro smentita dal giovane Ratzinger
http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=71
e dal vecchio, nel suo incipit della Deus caritas est.
Sarà pure il carcere intellettuale in cui si dibattono i teologi Lyco, ma l’idea della chiesa giovannea mi garba e la trovo una grande intuizione. Ma ben venga una chiesa con una concezione pneumatica vivificante della scrittura; dove lo spirito della montagna viene messo in pratica finalmente. Dove lo Spirito di povertà interiore sarà vittorioso e non vi saranno più guerre, il dialogo con le altre chiese foriero di benedizioni. Forse è stato interpretato male il gioacchinismo, ritengo che all’interno delle sue teorie soggiace un messaggio molto interessante. Non dimentichiamo che ebbe molta considerazione presso i papi i quali lo ritennero -prima delle dispute ghibelline-un pensatore profetico..
Clo, dove è Cristo ivi è lo Spirito.
Ma lo Spirito non lo possediamo Lyco, lo Spirito di Dio non è in nostro possesso: è dono da chiedere sempre – ” vieni, vieni Santo Spirito riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del Tuo amore”-
Cristo attraverso il Padre nello Spirito in un dimanismo circolare si manifesta a noi -la chiesa- attraverso la sacra Liturgia che è la fons e culmine
Il mio benvenuto a Ettore lo scrivo dalla sala stampa dello Sheraton New York Hotel and Towers, dove sono appena arrivato essendo stato presente al discorso di papa Benedetto nell’aula dell’Assemblea dell’Onu.
Siano qui, sintonizzata e tutt’orecchi dott Luigi.
Ho visto e ascoltato con grandissimo interesse il discorso del papa: straordinario. Vorrei essere li con lei…che emozione!
Uniti in Cristo dott. Luigi..un bacio!
Caro Ettore,
prendere in considerazione le opinioni di Scoppola è opportuno e forse doveroso. Mi piace la frase “nella storia della Chiesa (…) c’è una storia, c’è uno sviluppo”, a condizione che sia chiaro che non si tratta di un moto uniformemente accelerato. Non è detto che l’ultimo papa sia migliore del penultimo, non è detto che l’ultimo concilio rappresenti il coronamento e il superamento di tutti gli altri. Non è un processo dal cavernicolo all’homo sapiens sapientior sapientissimus: il fondatore della Chiesa è incomparabilmente il più grande di tutti, il simbolo apostolico è insuperato, insuperabile e – con tutto il rispetto – di gran lunga più importante di tutti i documenti del Vaticano II messi insieme (il che non toglie che – come qui abbiamo più volte detto – i documenti del Vaticano II vanno letti e riletti stando in ginocchio). Lo Spirito soffia dove vuole, seguendo una logica che ai nostri poveri occhi risulta del tutto incomprensibile.
Ecco perché dobbiamo essere capaci di guardare avanti ma anche indietro, affidandoci a chi ne sa più di noi (Cristo) e a chi lo rappresenta pro tempore in mezzo a noi. Ecco perché mi piace particolarmente la chiusa del post di Luigi (che peraltro mi sembra luminoso tutto, e illuminante).
dunque, anche chi pensa che la Summorum Pontificorum Cura sia un errore lo può pensare?
Da Carmela Randone ricevo questo messaggio:
Gentile dott. Accattoli, grazie per i servizi stupendi dall’America. Ho letto il suo blog sul Crocifisso: grazie per la spiegazione. Mi permetto solo di far notare che, forse, Giovanni Paolo II con Dio intratteneva una conversazione così intima, singolare e interrotta, che a tutti era evidente ” la croce della proclamazione”. Un’ultima cosa, mi scusi se insisto: perchè l’affannosa ricerca, quasi la smania di trovare qualcosa in cui Papa Wojtyla non sia stato il primo. Io penso che Giovanni Paolo II avrebbe volentieri fatto a meno di due primati: il ferimento in piazza S. Pietro e la sofferenza per il morbo di Parkinson. Per il resto, il grande Papa non penso proprio che rincorresse record o cose simili. Come ho già affermato, credo che sia venuto il momento di citare Giovanni Paolo II solo per parlare di lui e per rendere testomonianza al suo luminoso insegnamento. I confronti tra grandi spesso nascondono insidie per tutti e non servono a molto. Ognuno compie gesti legati al momento storico; in alcuni casi il gesto può essere anche espressione di una partcolare sensibilità: Benedetto XVI ha una maggiore sensibilità liturgica, Giovanni Paolo II aveva una particolare predisposizione per l’incontro con l’uomo. Come non avemmo mai visto Giovanni Paolo II indossare alcune mitre o piviali, così difficilmente potremmo vedere Benedetto XVI in lebrosario o chino tra i derelitti di Calcutta, e non solo per una questione di tempi.Ognuno ha la sua storia e il suo carisma: l’unione di entrambi rende grande la Chiesa.
Perdoni la mia insistenza, ma sono convinta di quanto affermo. Per amare Bendetto ho bisogno che non si cerchi di ” rinnegare” o sminuire il lavoro del suo predecessore, un lavoro, non bisognerebbe mai dimenticarlo, suggellato dal sangie e dalla sofferenza.
Come sempre grazie per la sua cortesia. Buon lavoro. Carmela Randone
non sono affatto d’accordo con Ettore quando scrive
“Scoppola prende le mosse dalla ricorrente considerazione, anche a livello magisteriale, che il concilio non ha cancellato ciò che lo ha preceduto. “Si dice: c’è il Concilio, c’è la Dignitatis humanae ma c’è anche il Sillabo, e sono sullo stesso piano nel magistero della Chiesa. No, non si può dire così. Certo che c’è il Sillabo nella storia della Chiesa, ma c’è un pensiero, c’è un magistero che ha interpretato, che ha superato il Sillabo e che è arrivato alla Dignitatis humanae. C’è tutto nella storia della Chiesa, ma, appunto, c’è una storia, c’è uno sviluppo” . E il concilio va difeso con fedeltà in quanto è stato un momento decisivo di tale maturazione della chiesa.”
non c’è nessuna contraddizione tra Sillabo e Concilio Vaticano II, non può esserci contraddizione nel Magistero della Chiesa. Men che meno si può dire che il CVII o le Dign. Hum. abbia “superato” il Sillabo (che poi cosa vorrebbe dire superare? termine quanto mai ambiguo); nè la Dignitatis humanae può concellare le sacrosante verità affermate nel Sillabo; non si può neanche dire che sono sullo stesso piano magisteriale,perchè la D.H. è una Dichiarazione Conciliare, mentre il Sillabo è la raccolta di errori condannati nelle Encicliche del Sommo Pontefice Pio IX ed è quindi d’importanza magisteriale più importante della Dign.Hum..
Ma lo si legge almeno il Sillabo prima di giudicarlo così alla leggera?
Caro targum55,
ci mancherebbe altro! La Summorum pontificum cura non è una deliberazione ex cathedra e non impegna la fede dei credenti: dovrebbe, se mai, impegnare la disponibilità e l’umiltà dei vescovi e dei preti: almeno un pochino!
Un errore? Potrebbe esserlo, certo. Così come potrebbe essere stato un errore, invece, la riforma liturgica postconciliare di Annibale Bugnini e papa Paolo.
Proposta: e se tornassimo alla “Sacrosanctum Concilium”?
[…] Papa Ratzinger Blog e il blogger americano Rocco Palmo continuano a seguire da vicino la visita pastorale del Papa negli Stati Uniti, mentre Luigi Accattoli propone alcune riflessioni sulla croce usata da Benedetto XVI nelle celebrazioni americane. (Foto tratta da Papa Ratzinger Blog) […]
Sumpontcura, il tuo intervento è illuminante e illuminato! Tornare alla Sacrosanctum Concilium tuttavia è sbagliato perchè si ritorna per una strada già battuta mentre da li non è mai partito nulla!!!
la riscoperta della liturgia, l’amore per i segni, il ricoscerli e inserirli nel contesto qutodiano della vita dovrebbe essere un caposaldo di questo nuovo millennio… assistiamo spesso ad omelie che sembrano molto più comizi, quando non veri e propri dibattiti monocorde, c’è “negata” la conoscenza da parte di un clero che no conosce e non “sa” più celebrare con dignità la liturgia eucaristica! Assistiamo impietriti a lettori che biascicano la Parola di Dio, a preti svelti che scelgono il II canone per far prima, che saltano parti della Messa perchè “è tardi”, a riti della settimana santa che farebbero rimanere Gesù chiuso a chiave nel sepolcro!
Pensa alla Notte Santa e a tutti i suoi segni “il fuoco, l’acqua, il cero pasquale che ci accompagna ancora fino all’ascensione, la liturgia battesimale, il preconio, la preghiera con cui si benedici l’acqua” sono i monumenti della nostra fede liturgica e sono usati ed abusati da sempre più preti che hanno perso il senso, loro per primi, del sacro… spesso mo trovo a litigare per le messe “dedicate” ai morti, ma le messe sono per i vivi non per i morti, dico io, e intanto il prete si intasca la congrua paghetta per la Messa detta a memoria del brav’uomo o donna che sia!
Volete sapere cosa penso! Penso che sia il caso di tornare all’antico, via le preghiere ufficiali e che i sacerdoti, aiutati dalla comunità, scrivano preghiere eucaristiche adatte ad ogni occasione per mettere, nelle celebrazione della Eucarstia la nostra vita concreta! è una provocazione, mi piacerebbe che ci riflettesse però!
grazie diogneto
Un passo dall’editoriale dell’ultimo numero di Rivista Liturgica:
http://www.rivistaliturgica.it/upload/2008/sommario1.asp
“Tuttavia anche i più appassionati sostenitori di questa riforma non hanno difficoltà ad ammettere che essa non può essere considerata «perfetta», cioè definitiva e compiuta sotto tutti i punti di vista. Sarebbe una visione antistorica. Se poi si considera il modo con cui è stata applicata, allora la lista delle lagnanze risulterebbe assai lunga[6]. Nella pratica ordinaria vi è una specie di «entropia» che tende a livellare tutto verso il basso, verso il «minimo necessario», verso le soluzioni più comode e meno impegnative, quando non si cede a improvvisazioni arbitrarie. La liturgia invece ha bisogno di una continua scuola di formazione, di approfondimento, se non si vuole cadere nel ritualismo, nell’insignificanza o nell’abuso[7].”
ps. @ diogneto
il tuo suggerimento mi sembra rimedio peggiore del male: non ce ne facciamo proprio nulla di liturgie e simbologie fabbricate con l’acribia di un Dan Brown (ad es. il sedersi a tavola per la preghiera eucaristica).
lycopodium scusa chi ha parlato di simbologie strane? io parlo di simboli che si usano oggi e durante la Messa “Ambone, Altare, Libro dei Vangeli”… la mia proposta è di cercare di rendere le preghiere eucaristiche più attuali e confonrmi alla comunità per evitare la cantilena…
prova a fare una intervista fuori dalla chiesa dopo la Messa domenicale, prova a chiedere cos’è la Messa e cosa si è celebrato… scometti che nessuno, o quasi, ti sa rispondere?
la liturgia della parola, questa sconosciuta, dovrebbe essere rivalutata… e qui non si tratta di dan brown, ne di sedere in torno ad una “tavola”, magari tutti intorno all’Altare, Cristo pietra angolare, rendendo gloria a lui e solo a Lui… mah non capisco perchè poi dan brown! forse mi sono spiegato male ma per me rimane un’offesa! spiegati meglio così capisco dove ho sbagliato! grazie 🙂
Non condivido affatto l’affermazione di Giovanni Mandis “il Sillabo è la raccolta di errori condannati nelle Encicliche del Sommo Pontefice Pio IX ed è quindi d’importanza magisteriale più importante della Dign.Hum.”. A parte il fatto che, nella gerarchia delle fonti del Magistero, un documento ufficiale di un concilio ecumenico è più importante di un’enciclica, la Chiesa, assistita dallo Spirito, acquista nella storia una comprensione sempre più profonda della Verità, per i documenti dei secoli passati (che possono contenere, accanto a verità perenni, anche elementi caduchi, legati ad un contesto culturale datato) vanno interpretati alla luce di quelli successivi.Il Vaticano II non rinnega, ma “reinterpreta” i precedenti documenti del Magistero.Le affermazioni di Pio IX contro lo Stato etico, “unica fonte del diritto”, sono ancora valide; quelle contrarie alle libertà moderne non sono più valide.
“non c’è nessuna contraddizione tra Sillabo e Concilio Vaticano II, non può esserci contraddizione nel Magistero della Chiesa”. Eppur si muove.
Tornare alla “Sacrosanctum Concilium” potrebbe significare:
1 – partire dalla liturgia così come era celebrata dai padri durante il Concilio (esempio: per quanto riguarda la Messa, partire dal messale di papa Giovanni, del 1962);
2 – impostare una riforma sulla base dei capisaldi stabiliti nella “Sacrosanctum Concilium” (chiarisco: sulla base di quello che in essa è scritto effettivamente, non di quello che a parere di Bugnini ci sarebbe dovuto essere scritto);
3 – una soluzione simile a quella voluta dal card. Lercaro (cosiddetto “messale del 1966”) a me sembrerebbe equilibrata e fattibile;
4 – stabilire un periodo in cui le tre soluzioni possano convivere, nella prospettiva del superamento progressivo dei messali vetus e novus ordo, sostituiti dal nuovo messale ri-riformato.
Amici, non vi arrabbiate, tanto il mio parere conta quanto il due di coppe quando regna a bastoni. O – come direbbe un grande (sob) statista contemporaneo – si tratta di un’ipotesi di scuola (doppio sob).
Sumpontcura come il nostro parere! 🙂
io sono in accordo con te ma penso che si possono fare tutte le riforme che vuoi ma se la gente non conosce quello che celebra il problema rimane! Si deve trovare un modo per conoscere e far conoscere la liturgia e tutti i suoi segni!
@ Sump
Se vuoi, dimmi che ne pensi del link di stamane …
@ diogneto
Niente di personale, solo che non vedo tutta questa competenza liturgica in giro e cmq ricordo quanto diceva anni fa il Ratzinger “la vera contrapposizione non sta tra i libri vecchi e nuovi ma tra la liturgia dell’intera Chiesa e quella autoinventata”. Quanto alla liturgia della parola, sono d’accordo ad una sua migliore valorizzazione, a patto che non passi il messaggio implicito che la Messa finisca a quel punto.
lycopodium sono stato cerminiere episcopale per tre anni in seminario sostituendo il cerimoniere ufficiale anche in lacune ordinazioni, ho assistito per altri tre anni, da laico, un sacerdote che non sapeva dire Messa, e ti giuro che ho dovuto fare cose, durante la settimana santa, che non posso dire pena la scomunica, solo per rendere degna la liturgia in modo che la mia parrocchia potesse vivere in maniera decorosa le solenni lioturgie…
non c’è bisogno di autoinventarsi la liturgia c’è bisogno di viverla e di farla conoscere, vecchia nuova? conoscerla oggi qui ed ora, farla conoscere con i mezzi che abbiamo…
Per quanto riguarda la liturgia della parola direi che il problema è inverso, nel senso che, per molti, la Messa inizia finita questa!
io penso che la Messa invece sia a due polmoni Parola Eucaristia… se ne manca uno manca una parte essenziale della celebrazione! Ricordi Emmaus?
@ Accattoli
Il suo post si gioca su contrapposizioni che non vanno enfatizzate troppo.
1. Non è giusto contrapporre il “crocifisso” e la “croce”: la croce non è un simbolo esoterico, ma il legno sul quale il Signore è salito per salvarci; a parte qualche contingenza storica, difficilmente in ambito cristiano si può raffigurare una croce senza l’immagine di Cristo crocifisso; e quella attualmente portata dal papa non mi sembra sia “aniconica”.
2. Il post chiarisce certo che le scelte del papa non sono affatto degli estetismi, ma rispondono ad una logica di “rinnovamento NELLA tradizione”, ma i “versetti” iniziali e finali sembrano fargli dire che il Vaticano 2° sia quasi una parentesi: il che, comunque lo si voglia giudicare, non è vero.
@
i preti che “fanno” la p.e. 2°, magari dopo tre quarti d’ora di monizioni e omelia, secondo te che pensano?
“fanno” perchè non celebrano il II canone perchè non vedono l’ora di finire la “lettura” della Messa… ci sono sacerdoti che non sanno che esistono altre preghiere eucaristiche oltre la 2 e la 3! il problema è anche questo! Quante volte nei 45 minuti di omelia siamo costretti a sentire comizi?
Se è per il Canone romano, sono assolutamente d’accordo, ma temo che tu rimpianga di più quello svizzero …
io rimpiango un clero che possa mettere nel prefazio e nella preghiera eucaristica le sofferenze, le gioie e le angoscie del popolo davanti al quale celebra!
è una provocazione, come già detto, anche perchè il Messale ci offre molte alternative, spesso disattese dagli stessi sacerdoti! Ma io ritorno a battere sul “far” conoscere per “far” vivere i segni propri della liturgia!
abbiamo voglia di farci due chiacchere dotte su canoni e segni ma il popolo di Dio che va la Domenica alla Messa non conosce ilsignificato di queste cose ne, ahimè, sa della presenza della liturgia della parola e della liturgia eucaristica… purtroppo!
Savigni lei è molto bravo a propagare il suo veleno modernista, ma io non ci casco.
L’autorità del Pontefice è superiore a quella dei Concili ecumenici (l’autorità dei Concili derivando da quella del Sommo Pontefice e non viceversa);
quindi una dichiarazione conciliare non avrà mai la stessa autorità delle Encicliche del Pontefice stesso. per cui il Sillabo resta validissimo (tanto è vero che vediamo oggi e abbiamo visto nel passato, i disastri provocati dal propagarsi degli errori in esso condannati).
Si parva licet.
@diogneto
“io rimpiango un clero che possa mettere nel prefazio e nella preghiera eucaristica le sofferenze, le gioie e le angoscie del popolo davanti al quale celebra!”.
Credo che la messa pro populo, che deve essere celebrata dal parroco ogni domenica, abbia proprio questo scopo.
Ma forse il signor so tutto, ops, il signor cerimononiere episcopale – oh, humilitas – ritiene che fare come certi preti che infilano nel canone o altrove una specie di gazzettino telegiornale con le disgrazie più recenti (note a loro stessi perchè opportunamente mediatizzate) sia qualcosa da rimpiangere e di altamente edificante.
Per me è qualcosa da fuggire ma forse non lo capisco solo perchè non sono cerimoniere episcopale.
Caro Lycopodium,
ho letto lo stralcio, da te riportato stamattina, dall’editoriale dell’ultimo numero della “Rivista Liturgica”, e mi è venuta voglia di applaudire e ringraziarti. Ma poi sono andato a guardarmi l’originale nella sua completezza e la voglia di applaudire mi è un po’ passata: mi sono messo, col giusto rispetto e la calma necessaria, a studiare il materiale liberamente offerto dal sito, ripromettendomi di correre quanto prima ad acquistare tout court la rivista. Sono molti i punti che non mi trovano d’accordo, ma appunto: un confronto fra le poche cose che so io e le tante che – a quanto pare – sanno loro è un “divertimento” che considero irrinunciabile.
Resta, intanto, la voglia di ringraziarti; cosa che faccio molto volentieri, per questa occasione e per tante altre, nei mesi della comune frequentazione del pianerottolo.
ignigo perchè dobbiamo cadere sul personale? penso che sia giusto che ognuno possa dire la sua! vedi lo scritto rimane morto quindi è fonte di incomprensioni… quello che dico io no è il gazzettino o altre amenite, e ne ho vissute parecchie, ma avere la capacità di rendere preghiera la vita quotidiana della comunità parrocchiale…
io non scndo in offese o altro porto la mia esperienza di vuoto liturgico e ignoranza dei segni e dei significati… poi se vuoi scendere ad offese personale fallo pure ma non vedo dove sta l’edificazione comune!
il fatto del cerimoniere episcolpale era per presentarmi non come uno che parla su ose che non conosce ma su cose che ha vissuto in prima persona.. ma se vogliamo parlare di magistero, liturgie papali etc etc facciamolo pure ma la realtà è nelle nostre parrocchie ogni domenica!
La querelle su Sillabo e DH mi permette di esprimere un mio pensiero sul discorso del papa all’ONU. Vi risparmio i commenti positivi (che pure ho) perchè questi si sprecano tra blog e giornali italiani, ma qualche critica la vorrei fare ad un discorso che è stato imperniato su diritti umani e, nella fattispecie, il diritto di libertà religiosa.
1) Quanto è credibile una Chiesa Cattolica che si presenta come migliore interprete dei diritti umani ma che non fa un po’ di autocritica (in quella sede) su come alcuni di essi (vedi libertà religiosa) storicamente siano stati contrastati dal Magistero e dalla pratica ecclesiale?
2) Quando ci si richiama alla necessità di andare oltre una visione contrattualistica di questi diritti (al ribasso, parziale, dettata da diverse visioni o ideologie, frutto di compromessi etc.) per andare al fondamento “naturale” degli stessi, non si propone in realtà ancora una visione che da altri può essere letta allo stesso modo come parziale e ideologica?
3) Questo fatto che la Chiesa Cattolica stessa è portatrice di una interpretazione parziale degli stessi, non solo è comprovato dai suoi errori storici, ma anche da come, per esempio, applica il principio di libertà religiosa e quindi di uguaglianza delle religioni nella società (in Italia la Chiesa Cattolica non è forse “più uguale” delle altre? Concordato\Intese) o di come il principio di uguaglianza sia applicato all’interno della chiesa (nella chiesa il timone non ce l’ha solo una classe dirigente fatta di uomini celibi? Il che la dice lunga su quanto a casa nostra non sia estranea la discriminazione per sesso, stato di vita, orienentamento sessuale etc.)
4) Il mio auspicio è che i diritti umani veramente siano sostenuti, proclamati e applicati “tutti” dalla chiesa cattolica, possibilmente dicendo grazie a chi faticosamente ha contribuito alla loro formulazione e affermazione fuori dalla (e nonostante la) chiesa, per il bene e il progresso dell’umanità. Perchè i semi del Verbo sono, grazie a Dio, dovunque.
PS: Chiedo scusa per aver usato più di 20 righe… propongo di non farlo mai più e di fuggire le occasioni prossime….
bel’intervento don78… complimenti ne farò un post sul mio blog!
LA CHIESA NON HA MAI CONTRASTATO LA LIBERTA’ RELIGIOSA.
è a dir poco scandaloso che a dire una simile falsità sia un sacerdote!
vallo a dire ai valdesi e ai catari!
Temo fortemente che l’opinione parzialmente critica sul discorso del Papa sia catalogabile da alcuni come frutto del “veleno modernista”. Personalmente, anche se su alcuni punti amerei fare precisazioni, sono lieto che ci si possa confrontare (nei limiti angusti di un blog) su basi di ragionevolezza. Osservo un paradosso (sarò schematico e quindi impreciso): proprio coloro che plaudono ad una verità cristiana che dovrebbe imporsi a tutti quelli che semplicemente usano la propria ragione fanno poi fatica ad accettare di discutere “dialetticamente”. Forse sarebbe bene, al proposito, rileggere il Syllabus (par. II: Rationalismus moderatus). Non è sempre valido?
valdesi e catari erano eretici che volevano distruggere il cattolicesimo.
allora, giustamente, sono stati distrutti loro! mi sembra un pò strana questa idea dell’ecumenismo!
la Chiesa ha camminato, è fatta di storie diverse e di persone diverse, è fallibile ed infallibile… dipende tutto da che punto di vista la guardi! Certo che, essendo una società di uomini, è compormessa con il peccato ma, poiechè voluta ed amata da Dio, è santa! vai a trovare il compromesso!!
«La cristianità latina medievale – per non menzionare altro – non è mai sfuggita alla tentazione integralista di escludere dalla comunità temporale coloro che non professavano la vera fede».
anche i primi cristiani morirono per amore di Cristo, perseguitati da Ebrei (basta ricordarsi di S.Paolo prima della conversione) e Romani. “Vi mando come pecore in mezzo ai lupi”. Non per questo io ce l’ho con gli Ebrei che ci perseguitarono agli albori del cristianesimo. Grazie a quei martiri, chissà quanti anime di Ebrei e di Romani sono state conquistate a Gesù.
forse non ti è noto di quale ideologia antiumana e anticristiana fossero i catari, i quali costringevano con la forza e ammazzavano chi non accettava la loro assurda “religione”, e di quale pericolo fossero per l’umanità, non solo per i cristiani.
I valdesi ( che non sono stati distrutti), se sono cristiani, come mai portano il nome di Pietro Valdo e si opposero al Vicario di Cristo, e uscirono dalla Chiesa?
San Francesco ha mostrato che si può essere radicalmente evangelici dentro la Chiesa, con la Chiesa, e non contro la Chiesa.
E soprattutto, come mai, se a dire di molti cattolici la Chiesa è cambiata, valdesi e altri protestanti si guardan bene dal tornare nell’unica Chiesa di Cristo?Anzi spesso e volentieri si mettono contro ancor oggi?
è evidente che non la riconoscono come tale e non riconoscono l’autorità del Pontefice (e infatti, messe senza santo sacrificio, preti-sposati, donne-prete/vescovi, pro-aborto, pro-divorzio, pro-manipolazioni su embrioni etc etc)
dai frutti si vede l’albero, che non è un albero cristiano.
i membri della Chiesa sono fallibili in quanto uomini, ma la Chiesa che è il Corpo di Cristo è Santa e senza macchia.
Caro Sump,
quel “divertimento” è stato ed è anche il mio; dopo qualche tempo si può proficuamente esercitare sul complesso di quelle produzioni una certa forma di “pensiero laterale”, ovvero di discernimento (con l’ovvia domanda di quando/come/quanto esse siano, per estrapolare una recentissima formula, “compromesse con il peccato”).
A Giovanni Mandis: non le sembra che espressioni come queste (che io mi rifiuto di considerare ancora valide, in quanto espplicitamente superate dalla “Dignitatis humanae” e dal magistero dei papi più recenti) siano contrarie alla libertà religiosa? Gregorio XVI, Mirari vos, 1832: “Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla Religione… A questo fine è diretta quella pessima, né mai abbastanza esecrata ed aborrita “libertà della stampa” nel divulgare scritti di qualunque genere; libertà che taluni osano invocare e promuovere con tanto clamore”.
E inoltre il Sillabo, che condanna queste affermazioni (a mio avviso pienamente legittime, e riconosciute valide dal Magistero più recente): XV. “È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera”;LXXVI. “L’abolizione del civile impero posseduto dalla Sede apostolica gioverebbe moltissimo alla libertà ed alla prosperità della Chiesa”; LXXIX. “È assolutamente falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l’ampia facoltà facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli, e a diffondere la peste dell’indifferentismo”.
Osservo inoltre che è falso asserire la superiortità di un documento emanato dal solo pontefice (come un’enciclica) su un documento approvato da un concilio ecumenico (e quindi dal collegio dei vescovi PRESIEDUTO DAL PAPA): il “tutto” contiene la “parte”, non viceversa; ed il collegio comprende il suo capo.
diogneto, grazie per l’apprezzamento e la citazione nel tuo blog. Ma dopo il seminario sei diventato prete o hai imboccato un’altra strada?
Non condivido le critiche di don78 al discorso del papa all’ONU, che mi è sembrato molto bello. Condivido anche le osservazioni del papa sui fondamenti ultimi dei diritti umani (la dignità della persona, la “legge naturale” sacritta nei cuori, cfr. Romani cap.2). La Chiesa non può essere obbligata a fare autocritica ogni giorno: diversamente dai capi di altre religioni (non ho mai sentito un capo musulmano chiedere perdono per aver invaso Paesi cristiani e commesso gravi violenze nel corso dei secoli, da Otranto nel 1480 all’odierno terrorismo), l’ha già fatta in tante occasioni, dal Vaticano II al Giubileo del 2000; e lo stesso Ratzinger nei suoi scritti ha riconosciuto gli aspetti positivi dell’illuminismo.Osservo inoltre che non si possono applicare meccanicamente alla Chiesa in quanto tale (che si fonda sulla successione apostolica e sul mandato divino tramite l’imposizione delle mani) i principi di uguaglianza e democrazia validi sul piano politico (ad esempio annullando la distinzione clero-laicato ed ammettendo al sacerdozio le donne ecc.: altrimenti la Chiesa diventerebbe un puro e semplice “specchio” di una determinata società, con continui mutamenti imposti dai vari “gruppi di pressione”.Infine: una cosa è l’uguale libertà per tutte le confessioni religiose (riconosciuta dalla nostra Costituzione); un’altra il diverso “peso” esercitato da ciascuna di esse in vertù della sua posizione maggioritaria o minoritaria. Anche i valdesi in Italia godono comunque di un’intesa, dell’otto per mille ecc.; e, se lo volessero (anziché chiudersi in una sterile polemica contro i cattolici), potrebbero avere anch’essi un insegnamento religioso nelle scuole. Invece a Ginevra, patria di Calvino, la Chiesa non è libera di istituire una diocesi; e nei Paesi nordici un erede al trono che si facesse cattolico perderebbe i suoi diritti!
ho imboccato un’altra strada… impegno laico e deciso! in pratica un rompi coglioni per i sacerdoti! tu sei sacerdote?
primo: non esiste collegio dei vescovi senza Pontefice; quindi nessuna “parte” e nessun “tutto”.
secondo:l’autorità del Pontefice sancisce i Concili e non viceversa; così come è l’autorità del Papa che si trasmette ai vescovi riuniti col Pontefice stesso (e questi da soli non hanno l’autorità del Papa).
terzo la Dign.Hum. è una Dichiarazione conciliare, cioè un documento con un valore magisteriale non paragonabile, non dico a una Enciclica del Papa, ma neppure alle Costituzioni (dogmatiche o pastorali) del CVII, che va da sè hanno importanza superiore rispetto a una Dichiarazione.
tutte le affermazioni condannate dal Sillabo da lei elencate sono sacrosante e ancor oggi validissime.
tanto è vero che ancor oggi esiste un seppur minuscolo stato pontificio;
e non mi risulta che all’interno esistano luoghi di culto per le altre religioni o edicole in cui vendono giornali pornografici e altre variegate porcherie (ma chiaramente per lei la libertà di stampa va intesa solo per i giornali “politici”, data la sua venerzione per la politica;).
Vada a vedersi le battaglie del fondatore di playboy per diffondere il suo giornale, in nome ovviamente della “libertà di stampa”, nei paesi musulmani…
Quello che mi pare lei non capisca, Savigni è che senza Cristo non c’è libertà, c’è una parodia di libertà, una falsa libertà, che uccide la fede e corrompe i costumi.
Caro Savigni, capisco il suo dissenso, la ringrazio perchè mi risponde con argomenti e così fa fare un progresso alla conversazione, mi permetterà se offro ulteriori commenti alle sue affermazioni.
1) Il richiamo alla lettera ai Romani non è un’argomento valido per i 5 miliardi di essere umani non-cristiani rappresentati in quella assemblea al quale il papa parlava. Ci vuole ben altro che un versetto della Bibbia per sostenere la legge naturale, come è interpretata dal papa, in un tale consesso, al di là dei proclami generali, cioè sui contenuti concreti di tale legge.
2) Il richiamo all’autocritica era dovuto al particolare oggetto del discorso e alla solenne circostanza, a me continua a suonare strano che quando ci si propone difensori dei diritti umani non si tenga conto dei propri peccati contro gli stessi diritti. Capisco che può essere una questione opinabile, ma per me il contrasto è evidente e stridente.
3) Anche se tutte le altre religioni e confessioni cristiane del mondo non rispettassero la libertà religiosa dei cattolici (o non chiedessero mai perdono) questo non giustificherebbe la chiesa cattolica nel fare altrettanto, se vuole veramente essere credibile testimone del Vangelo (motivazione ad intra) e dei diritti umani (motivazione ad extra), come dice di essere.
4) L’argomento che la chiesa non può adeguare le sue strutture interne come uno “specchio” della società in cui vive è un argomento un po’ debole, dato che nella storia le sue strutture organizzative le ha sempre mutuate (magari in maniera originale e creativa) dal contesto sociale in cui si trovava. Il problema è che si fanno passare le strutture come essenziali alla successione apostolica o divinamente ispirate, ma non vedo come la successione apostolica o l’assistenza divina ( essenziali) dovrebbe venir meno con una riforma delle strutture ( accidentali), che non dovrebbero rimanere specchio della società di 1600 o 1000 o 500 anni fa.
5) La cartina al tornasole per vedere come una società tratta la libertà religiosa al suo interno non è come essa considera la religione maggioritaria ma i diritti riconosciuti alle minoranze religiose. Credo che la Chiesa non possa chiedere due pesi e due misure in base al fatto se è maggioranza o minoranza in uno Stato (In Italia va bene la disparità Concordato\Intesa, in America va bene l’equidistanza benevola dello Stato dalle religioni etc.). Non è una questione di costruzione di chiese o moschee, ma di principio.
Cordialmente la saluto
PS. altro atto di dolore per la lunghezza..
Sì diogneto, sono prete, e a quanto pare siamo coetanei.
Cmq a me piacciono i romp… e, onestamente, lo sono un po’ anch’io.
ti do la mia mail, se vuoi mandami la tua, vorrei farti un paio di domande OK? diogneto@virgilio.it
Meno male, perchè eravate “leggermente” off topic…
cosa vorrebbe dire “off topic” cioè o la pensi come me o no vai bene? questa è la chiesa che volete costruire? questo è il Cristo ceh predicate?
già che ci sei dimmi dove sono stato off topic poi ne riparliamo…
lycopodium. Lei ha sicuramente ragione, tolleri le approssimazioni del mio linguaggio di giornalista.
diogneto. “Offi topic” è un modo civettuolo che si usa nei log per dire “fuori tema”. L’assicuro che non ha referenza alla questione se “la pensi come me o no”.
Saluti a tutti dall’America.
A Giovanni Mandis: la libertà di stampa, di parola ecc. può essere usata male, ma in sé è positiva. La libertà di coscienza può essere interpretata male (come rivendicazione del “faccio ciò che mi va” anziché come libertà di seguire la voce di Dio che ci parla attraverso la coscienza), e va invece intesa certamente come ha precisato Newmann (ripreso da Ratzinger). Ma Dio stesso ha lasciato all’uomo la libertà di peccare, anziché costringere Adamo ed i suoi discendenti a fare il bene: in tal modo il bene compiuto sarebbe stato un atto di necessità e non di libertà, quindi non meritorio.Su questo fa osservazioni stimolanti Dostoievskij attraverso la leggenda dell’incontro tra Cristo e il grande inquisitore, ne “I fratelli Karamazov”. Bisogna distinguere il piano delle libertà civili (per lo Stato tutti gli uomini, santi o peccatori, hanno gli stessi diritti: di andare a messa o no, di essere cattolici o atei ecc.; lo Stato non ha il compito di stabilire dove sta la verità e dove l’errore, ma di lasciare spazio a tutte le fedi, finché non violano i diritti delle altre persone) da quello etico-religioso (dinanzi a Dio è ovvio che la verità e l’errore non hanno lo stesso valore; contro Dio che gli parla anche attraverso la coscienza l’uomo non può accampare diritti). Gregorio XVI e Pio IX hanno sbagliato laddove non hanno datto le dovute distinzioni tra i diversi significati delle parole “libertà” e “coscienza” ed hanno condannato in blocco il liberalismo e la cultura moderna. Non hanno saputo riconoscere (diversamente da Giovanni XXIII e dai suoi successori) i “semi del Verbo” in essa presenti.
La chiesa è una formazione umana, per quanto messa da parte e preservata è e resta una formazione umana,lo Spirito Santo invece non è affatto una formazione umana: c’è una differenza sostanziale tra la formazione umana e lo Spirito divino. E non è soltanto una differenza ontologica concepita in termini astratti e generali: la chiesa reale è di uomini peccatori, giustificati OK, ma sempre peccatori. Mentre lo Spirito di Dio è libero dal peccato e dalla colpa, e nemmeno il “sensus fidelium”è una rivelazione dello Spirito di Dio, può al massimo diventare fonte e norma per la rivelazione. E’ necessario il nostro confiteor continuo, e auspicare per noi la guarigione grazie all’amore di Dio. Detto questo, non sarebbero forse i cristiani un pò più cauti, aperti, giusti nei loro giudizi riguardo alle confessioni non Cristiane? Non sarebbero i cattolici un pochino più riservati e benevoli nei confronti dei cristiani non cattolici, se essi fossero veramente convinti (parlo al plurale,dicendolo a me stassa) che lo Spirito Santo nel quale essi pongono ogni loro speranza è libero di agire dove vuole? E i ministri non sarebbero forse un tantino più aperti, umili nei giudizi e nell’agire se fossero interamente convinti che lo S.Santo certo promesso anche al ministero ecclesiastico, non è tuttavia uno spirito tipico del minstero, riservato solo a determinati privilegiati, ma è invece lo Spirito di Dio infuso in tutti i cuori che credono e amano e che può e vuole agire liberamente in ogni cuore e anche in ogni mente?
Tutti i movimenti di riforma nel corso della storia (montanismo, marcionismo, catari, valdesi) nascono come espliciti movimenti di ribellione e critica feroce nei confronti della chiesa la quale attraverso innumerevoli sforzi, concili su concili, nel corso dei secoli approda a dei programmi organici volti ad estirpare ogni anomalia. Tutti questi sforzi di rinnovamento mostrano che Essa è sempre stata, nonostante le deficienze che ancora perdurano, una “ecclesia semper reformata” in chi se non in Cristo?:” Solo riconoscendo la sua fallibilità potrà vivere e non soccomberà sotto lo spirito della menzogna. Essa non può ingannare : è la promessa di Dio per lei malgrado tutti i suoi errori e incomprensioni.
A don78: 1)sui fondamenti dei diritti umani (che per il papa sono razionali, non necessariamente di fede) esiste un ampio dibattito: certamente non c’è unanimità sulle premesse teoretiche; l’importante è che si arrivi a un “credo comune pratico” (come diceva Maritain), ossia ad una tavola di valori fondamentali condivisi. In questo senso anche la recente elaborazione della “Carta araba dei diritti” rappresenta un primo passo, per quanto parziale;
2) il papa ha fatto l’autocritica sulla questione dei preti pedofili; un’autocritica troppo ossessiva rischia poi di indebolire l’argomentazione “ad extra”;
3) d’accordo sul fatto che i cristiani devono fare il primo passo, senza aspettare la pur auspicabile “reciprocità” (ad es. la libertà di aprire chiese in Arabia Saudita);
4) ci sono strutture che possono cambiare (ad es. la norma sull’obbligo del celibato; le modalità di nomina dei vescovi; le modalità di esecizio del primato e della collegialità episcopale), altre no (ad es. la forma del ministero, attestata dall’epistolario paolino e da Ignazio di Antiochia ed Ireneo; o le definizioni dei concili ecumenici: conosco un prete, apprezzabile sotto altri aspetti, che non ama recitare il Credo niceno-costantinopolitano ma lo sostituisce sistematicamente col pur valido Simbolo apostolico);
5) non mi pare che in Italia protestanti, ortodossi, ebrei siano discriminati; le differenze tra Concordato ed intese sono di dettaglio; comunque sono d’accordo sul massimo di apertura nei confronti delle minoranze religiose (anche se sarebbe dispendioso prevedere un cappellano militare valdese – ammesso che i valdesi lo chiedano – per quattro o cinque persone, se ci sono, in una caserma…). Talora mi pare che i valdesi italiani, piuttosto che chiedere allargamenti dell’intesa (tipo l’insegnamento religioso nelle scuole), vogliano restringere i diritti della Chiesa cattolica: e questo mi dispiace.
Savigni, si rassegni, per la Chiesa cattolica, l’unica chiesa di Cristo, il celibato dei preti non cambierà mai (anche Giovanni Paolo II è stato molto chiaro in proposito, non possiamo cambiare). Il primato del Pontefice potrà essere “vissuto” in modo diverso dai singoli Pontefici, ma ciò non vuol dire che cambia.
I Pontefici nel condannare certe cose sapevano che queste sarebbero state usate male dai nemici della Chiesa, credo che questo sia scontato, le condanne sono una messa in guardia dai pericoli. sapevano che moltissimi non li avrebbero ascoltati (e infatti i risultati li vediamo), ma ciò non toglie che avevano ragione nel condannarle.
è il concetto di libertà che cambia se usato da un cattolico o da uno non cattolico; Giovanni Paolo II ha sempre detto SENZA VERITA’ NON C’E’ LIBERTA’, che è in perfetto accordo con quanto condannato nei secoli passati.
la frase di Newmann sulla coscienza è abusata, cioè usata male, la coscienza parla a nome di Dio se noi conosciamo Dio, e come possiamo conoscerlo se non nella Chiesa? Dio non si rivela alla coscienza senza Chiesa, ma attraverso la Chiesa che è opera divina e non umana essendo stata fondata da Nostro Signore, sennò non si capisce perchè Gesù Cristo l’avrebbe fondata . come può essere davvero libero uno che non conosce Cristo o che peggio lo rifiuta e si pone contro la Sua Chiesa?
è vero che Dio lascia libertà di peccare, ma ha anche fondato la Chiesa per tenere lontano gli uomini dal peccato; mentre altri fanno a gara a chi li fa cadere sempre più in basso, con la scusa della “libertà di coscienza”.
va poi detto che i Pontefici nel condannare certe cose lo facevano a casa propria, nello stato della Chiesa; in uno stato che si professa indifferente alla religione (e direi anche alla morale) vorrei vedere che ci fossero limitazioni alla libertà, da parte di uno Stato che non trae la sua autorità da Dio !
Per tornare in tema, suggerisco un commento d’autore (B.16) al post del dr. Accattoli:
«Posso solo rendervi grazie per il vostro amore per la Chiesa, per l’amore a Nostro Signore, e per l’amore che date anche al povero successore di Pietro. Io farò tutto il possibile per essere un vero successore del grande san Pietro che era anche un uomo con i suoi difetti e alcuni peccati, ma alla fine rimase la roccia della Chiesa e così anch’io, con tutta la mia povertà spirituale possa essere con la grazia di Dio in questi tempi il successore di Pietro».
Giovanni Mandis scrive,
19 Aprile 2008 @ 21:50
Savigni, si rassegni, per la Chiesa cattolica, l’unica chiesa di Cristo, il celibato dei preti non cambierà mai
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MAI DIRE MAI
il celibato non è un dogma,
in 2000 anniricopre circa la metà del tempo della tradizione,
quindi……..
diamo tempo al tempo,
non sarà oggi,
magari il prossimo secolo,
ma cio’ che non è dogma riferibile al vangelo
non è immutabile nel tempo.
La sicurezza appartiene solo al Signore,
che è il Signore del tempo,
non appropriamocene inappropriatamente.
saluti a tutti.
I papi erano capi/re di stato e non erano soggetti a sospensioni a divinis
come accade oggi se un vescovo in uno stato poverissimo diviene capo di stato,
e quindi secondo le nuove norme del CJC viene sospeso a divinis,
TUTTO è LEGATO AL TEMPO e alle tradizioni del momento storico.
ciao a tutti.
Giovanni Mandis scrive,
19 Aprile 2008 @ 15:07
primo: non esiste collegio dei vescovi senza Pontefice; quindi nessuna “parte” e nessun “tutto”.
secondo:l’autorità del Pontefice sancisce i Concili e non viceversa; così come è l’autorità del Papa che si trasmette ai vescovi riuniti col Pontefice stesso (e questi da soli non hanno l’autorità del Papa).
terzo la Dign.Hum. è una Dichiarazione conciliare, cioè un documento con un valore magisteriale non paragonabile, non dico a una Enciclica del Papa, ma neppure alle Costituzioni (dogmatiche o pastorali) del CVII, che va da sè hanno importanza superiore rispetto a una Dichiarazione.
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ma che cosa ho studiato venti anni fa alla Lateranense?
tarallucci e vino?
mah!
@Giovanni Mandis
gentile signore Mandis,
Lei forse non ha mai sentito parlare della chiesa cattolica di rito orientale che ammette al presbiterato gli uomini uxorati. Sono forse meno presbiteri di quelli di rito latino? Credo che i suoi rilievi pseudo-ecclesiologici verrebbero corretti a sinistra persino dal più conservatore dei preti di Econe. Le sue non sono opinioni teologiche o pastorali o storiche: sono caricature grottesche e acidule di una livorosa posizione minoritaria e defunta, germinata come una muffa negli armadi chiusi di qualche sacrestia italiana.
Grazie a Dio la chiesa è un’altra cosa.
http://www.parrsangiovannibat.org/recensioni.php
Cesare Bonivento, “Il celibato sacerdotale, Istituzione ecclesiastica o tradizione apostolica?” San Paolo 2007
PREFAZIONE
di Angelo Busetto
«Dall’altra parte della terra arriva questo studio che esamina una questione assai viva nel nostro mondo occidentale. In ambienti laici ed ecclesiastici si dà per scontata l’affermazione che il celibato sacerdotale derivi da una legge puramente ecclesiastica e sia quindi riformabile; di conseguenza, si afferma che l’apertura della Chiesa ai preti sposati darebbe un bel contributo al superamento della crisi delle vocazioni sacerdotali, con ovvi vantaggi per i paesi del primo mondo e in specie per i territori di missione. Proprio da un contesto missionario arriva un segnale di ben altro tono. Ne è autore il vescovo Cesare Bonivento PIME. Monsignor Bonivento ha impiegato i suoi primi anni di sacerdozio nella pubblicistica del suo Istituto, e ha insegnato nella Pontificia Università Urbaniana di Roma; da ben 26 anni si trova in Papua Nuova Giunea, dove dal 1992 è vescovo della diocesi di Vanimo. Egli ha quindi modo di considerare il problema del celibato dei sacerdoti tanto da Oriente che da Occidente, e cioè sia da un contesto di cristianesimo secolarizzato che da quello di primo annuncio e primo impianto della Chiesa. Ma non pretende di esaminare la questione per le vie dell’analisi sociologica o psicologica, e nemmeno ne affronta gli esiti immediatamente pastorali. Egli ci propone invece un percorso storico-teologico. Dopo un breve chiarimento sul fondamento biblico espresso nella vita di Cristo e degli apostoli, immerge la sua penetrante indagine di studioso nel fondo della Tradizione della Chiesa, scorrendo la trafila dei secoli fino al Concilio Vaticano II. Passa in rassegna Padri della Chiesa e scrittori ecclesiastici, concili locali ed ecumenici, interventi occasionali e pronunciamenti tematici, tenendo conto della Tradizione occidentale e di quella orientale. E’ questo l’anello d’oro che siamo accompagnati a seguire, attraverso testimonianze e giustificazioni di grande interesse.
Il dibattito sul celibato viene quindi ad arricchirsi di problematiche e di interrogativi che arrivano dal passato e dal presente, aprendosi a nuove prospettive. Dobbiamo essere proprio sicuri dello slogan secondo il quale il celibato dei preti sarebbe ‘soltanto’ una legge ecclesiastica e quindi rescindibile con un nuovo atto legislativo della Chiesa ? Quando si dice che un prete non si può sposare, che cosa veramente si intende ? La disciplina del celibato e quella della continenza perpetua a cui nei primi secoli venivano obbligati gli sposati che si candidavano agli ordini maggiori, traggono origine da una legge posteriore oppure si fondano su una pratica vissuta fin dal tempo degli apostoli ? Quali il valore e il peso dei due diversi ordinamenti, quello della Chiesa Occidentale che non ha mai ammesso l’uso del matrimonio per gli sposati che ricevevano il Diaconato, il Presbiterato e l’Episcopato, e quello della Chiesa Orientale che lo concede invece a coloro che accedono al Diaconato e al Presbiterato da sposati, ma lo rifiuta decisamente ai Vescovi, dal momento che essa sceglie questi ultimi solo tra i celibi? Complessivamente, quanto il tema del celibato è intrecciato e forse confuso con il tema della continenza ? Quanto ne è rimasto dissociato ? In che misura esiste nella Tradizione una pratica della continenza perpetua da parte degli sposati, una volta introdotti all’ordine sacerdotale ?
Si rimarrà sorpresi nel constatare che l’accento principale non è posto dall’autore sul celibato sacerdotale e sulle sue concrete realizzazioni nel tempo, ma sulla continenza sacerdotale, praticabile e praticata, e sempre richiesta dalla Chiesa Cattolica sia ai celibi che agli sposati che ricevono gli ordini maggiori: Diaconato, Presbiterato ed Episcopato. Questa importante distinzione tra celibato e continenza normalmente non viene presa in considerazione, e costituisce quindi una autentica novità, dalla quale il dibattito attualmente in corso può ripartire con una nuova svolta. L’indagine del nostro autore arriva fino a indicare previsioni e prospettive per il futuro: per arrivare alle quali occorre che il problema sia ben posto, con una conoscenza accurata e documentata di tutti gli aspetti.
Il secondo intervento, in appendice, che tratta del diaconato permanente ripristinato dopo il Concilio Vaticano II, si presenta ancora più ‘sovversivo’. Ormai si dà per scontato che nella vita matrimoniale dei diaconi sposati non venga a cambiare assolutamente nulla, dopo il consenso della moglie all’ordinazione del marito. La questione, a prima vista marginale, conduce al cuore del problema, aprendo alla domanda: si può dire che le modalità con le quali è vissuto il Diaconato permanente inaugurato dopo il Concilio per uomini sposati, rispettino realmente il dato della tradizione e l’intenzione del legislatore ? L’uso del matrimonio da parte dei diaconi sposati, non contraddice forse la continenza che caratterizza il sacramento dell’Ordine?
Leggendo l’approfondimento storico e le considerazioni che ne trae il vescovo Bonivento, si ha la chiara impressione che molti dei ragionamenti proclamati nelle discussioni in corso, non tengano conto di tutta la realtà e di tutto il percorso storico, e non valutino fino in fondo la portata della questione in gioco, e si debba quindi procedere a ulteriori approfondimenti e magari a una revisione della stessa impostazione del problema. Certe scelte che appaiono urgenti e che insistentemente vengono avanzate, dovranno fiorire sul ceppo della storia, per non provocare speranze illusorie e non aprire a soluzioni che a prima vista appaiono ovvie e opportune, ma che potrebbero rivelarsi contraddittorie con la Tradizione della Chiesa e fallimentari per il bene delle persone e dell’efficacia pastorale. A tal fine, l’indagine che il vescovo missionario dedica ai Sacerdoti e Diaconi della sua diocesi, rappresenta uno strumento provvidenziale, da considerare con la dovuta attenzione per il presente e il futuro dell’intera Chiesa».
Con l’aria che tira in teologia non mi meraviglio più di niente… meglio un sorriso.
Libri in uscita nella stessa collana “Prima sì che si stava bene”; serie “Riparliamone”:
sezione “Bibbia”: Mosé, l’autore del Pentateuco
sezione “Morale”: Il matrimomio remedium concupiscentiae
sezione “Sacramenti”: Erano 7 i sacramenti nel primo millennio?
sezione “Cristologia”: L’homousion e l’ellenizzazione della chiesa apostolica
sezione “Ecclesiologia”: La societas perfecta nella chiesa di Antiochia
sezione “Storia”: La continenza a Roma nel X secolo
sezione “Ecumenismo”: La scomunica al patriarca di Costantinopoli, perchè no?
sezione “Pastorale”: La teologia pastorale… ma che? se magna?
sezione “Liturgia”: (… non mi viene niente: la realtà supera la fantasia…)
Basterebbe il “Quinto evangelo” di Biffi [come dicevano S.Agostino (“non ci sono riforme irreversibili”) e Accattoli (Ritrattazioni)].
come sapete, aspetto con ansia la sezione “Morale” con i suoi illuminati ritorni di fiamma
Incredibile,
siamo nel 2008,
e si sentono i discorsi che facevano i miei sacerdoti 80enni al seminario minore negli anni ’60.
Il tempo nella storia della Chiesa è una variabile che non rispetta nè la realtà di Dio (salmista dei mille anni come un giorno), nè la realtà storica dell’uomo.
Cosa vedrò nella mia vecchiaia???????
Intanto migliaia di parrocchie in ogni parte del mondo vengono affidate per la sola cura a laici o religiosi laici per la mancanza di vocazioni (vorrà dire qualcosa…???)
E’ possibile che in tanti nelle nuove generazioni non capiscano quale messaggio arrivi dalla Chiesa e la usino eventualmente solo come bene rifugio psicologico come fanno anche alcuni altri che entrano in seminario…. o in vita religiosa… (provare per credere…)?????
ciao a tutti.
Pare proprio che, parafrasando Thomas S. Eliot, il ’68 ecclesiastico non sia finito con uno schianto ma con un piagnisteo …
come cristiano vivo con i piedi per terra,
e nella comunità cristiana cattolica,
se alcuni nella mia comunità
taluni fanno finta di non capire-non vedere-non sentire……..
cavoli loro…. alla fine,
tanto per essere concreti
ciao a tutti
Il post di Accattoli trova un interessante continuazione in questo discorso di B16:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/198361