Il mio sogno di Montserrat ha 33 anni, nato il 7 novembre 1982: quel giorno vi andò Papa Wojtyla che io stavo seguendo per tutta la Spagna, ma c’era tempesta sulla santa montagna e noi giornalisti dovemmo accontentarci della televisione. Si aprirono le cateratte del cielo e vi morirono due ragazze. I fulmini impedirono all’elicottero del Papa di atterrare. Dissi “ci torno” ma solo ieri ci sono tornato.
A Monserrat che è sogno di montagne
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Montserrat in catalano è “montagna segata”, cioè tagliata a piombo per fare posto al santuario, chissà come sono andate le cose. La cima più alta tocca i 1235 metri. Trenta chilometri a nordovest di Barcellona. Ho fatto il giro in automobile e sono 25 chilometri. Il monastero ha avuto 21 martiri nella guerra civile, fatti beati il 13 ottobre 2013: ho visitato il loro memorial nella cripta della basilica.
Nello stemma del monastero c’è una rupe con sopra una sega. Sono Benedettini Sublacensi, cioè di Subiaco, altro monastero artigliato alla roccia. Guardando l’intera catena mi veniva alla lingua il Resegone: “dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega” (Manzoni).
Nella basilica del monastero sono stato a messa e ho ascoltato a mezzogiorno la “Virolai” – canto alla Vergine – dei trenta “pueri cantores”. “Preghiamo per il Papa Francesco e per il Patriarca Bartolomios che questa settimana visiteranno i rifugiati di Lesbo perchè il mondo ascolti il loro appello all’accoglienza e per la costruzione di un mondo più umano e più giusto”. “Preghiamo per coloro che altre volte sono stati con noi e oggi ci seguono attraverso Internet”. Meraviglia delle voci bianche, meraviglia delle preghiere connesse, meraviglia della statua della Vergine (vedi foto del post), meraviglia della folla che riempiva ogni angolo. Tutte meraviglie.
Il padre Ignasi, che è priore e portavoce del monastero, mi ha fatto vedere luoghi riservati e nella maestosa biblioteca ha chiamato sullo schermo i titoli di quattro miei libri, due tradotti in catalano, è andato a prenderne uno e mi ha chiesto di metterci una dedica. Non mi era mai capitato. Da questa terrazza, che sull’alto e sul retro della basilica, mi ha mostrato la collina del Tibidabo che sovrasta Barcellona. Ha spiegato che il nome viene dalle parole di Satana che sono in Matteo 4: “Haec tibi omnia dabo si cadens adoraveris me”.
Io incantato come sempre davanti al monumento a Ramon Llull, Raimondo Lullo.
Primo piano della targa che è alla base del monumento: sarebbe istruttiva ma non si legge un accidente.
Altro monumento a Ramon Llull che è nella Università Blanquerna di Barcellona, intitolata a quella fascinosa figura di catalano che fu filosofo e teologo, narratore, sposato e padre di due figli, girovago avventurato, mezzo crociato e mezzo martire. Blanquerna è il titolo di un romanzo di Llull. Qui mi faccio suo discepolo con un gruppo di partecipanti al seminario “la Chiesa e i media al tempo di Papa Francesco” che ho tenuto sabato in quella Università, con i dottorandi della Facoltat de Comunicaciò.
Finalmente una dida leggibile. Quest’anno cade il 700° della morte. Riparlerò di questo fantasista del cristianesimo medievale. Non so perchè, ma la sua “Escala de l’enteniment” mi fa penare a Gaudì.
Di tutte le foto, quella che a me più piace, è la prima: Luigi che tocca la teca della Madonna nera di Monserrat, quasi a percepirne le vibrazioni, una trasmissione misteriosa di energia e benedizione. Bellissima!
Ma anche il resto lo trovo interessante…
Di catalani ne ho conosciuti alcuni: carattere solare, mediterraneo, così vicini al nostro modo di fare, così incredibilmente “cugini” da sentirsi a casa quando si sta con loro . Di uno però,essendo un catalano di tutto rispetto, non posso fare a meno, in questo contesto, citare: si tratta del Maestro, Mons. Valentino Miserachs Grau, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra , direttore della Cappella Musicale della Basilica di Santa Maria Maggiore, amico e musicista meraviglioso, con il quale ho condiviso, assieme a molti dei suoi coristi, non pochi dispiaceri in vista di una totale assenza di riconoscimenti da parte della Santa Sede quando si trattò di nominare il nuovo direttore della Cappella Sistina. A suo posto, purtroppo, venne designato il pupillo di Bertone. Ma questa è un’altra storia…eppure in questo musicista,sacerdote, uomo tenace, ho visto riflessa la bontà di questo popolo e al contempo la dignità e la forza.
Un popolo che, sebbene non sia mai stato ascoltato, non ha mai smesso di rivendicare la propria autodeterminazione, in uno scontro impari con i poteri forti…
Complimenti per le foto, magnifiche…
Un visitatore che non vuole apparire manda questo messaggio:
Montserrat mi fa battere il cuore. Anni fa feci il cammino di Ignazio di Loyola tra cui Monserrat e lì vicino Barcellona, anche Manresa.
1521: ferito e azzoppato, per non annoiarsi Ignazio legge vite di santi e si appassiona e vuole imitare Domenico o Francesco.
1522: arriva all’abbazia di Montserrat, fa la confessione generale della sua vita. Alla vigilia della festa dell’Annunciazione, trascorre tutta la notte in preghiera, in “veglia d’armi”. Al termine della veglia depone la spada e il pugnale sull’altare della Madonna. Regala gli abiti di cavaliere ad un povero e si veste da pellegrino, acquista un tessuto che si usava per fare i sacchi e ne ricava una veste lunga fino ai piedi. Il povero a cui aveva regalato i vestiti verrà accusato d’averli rubati. Per Ignazio la volontà di cambiare vita inizia con segni esterni, cambiare vestito e dare il suo denaro ai poveri. Da Montserrat va a Manresa, dove vive per più di un anno in preghiera e penitenza. Tempo di desolazione ma anche di consolazione. Viene tormentato dai pensieri della vita passata, dagli scrupoli per quella presente, si trascura nella salute e si aggrava malamente, arriva addirittura a pensare al suicidio. Per un poco mi sono avventurato nel cammino di Ignazio ma il mio cuore non si sciolse.