Aurelio Andreoli – letterato e scrittore – è malato di Aids, nella malattia si riscopre cristiano e racconta la riscoperta in un diario intitolato Il bacio di Francesco che dedica a Rosaria, la sua “compagna” che di Aids è morta e che l’Aids gli ha trasmesso: “A Rosaria. Angelo di Dio, ti prego di accettare la dedica di questo libro. Il tuo nome accanto al mio, fin dalle prime pagine, mi dà forza e ti costringe a seguire le sorti di questo libro”. E’ l’attacco di un mio profilo che puoi leggere qui: Aurelio Andreoli: un credente nella notte dell’Aids. Il diario di Aurelio è stato pubblicato da Marsilio ed ha la prefazione di Ernesto Olivero. Da quando lo lessi io sono alla ricerca di notizie sulla morte di questo cristiano meritevole di memoria. Vorrei sapere chi l’ha accompagnato negli ultimi giorni, se abbiamo le sue ultime parole, dove sia sepolto. Ho chiesto all’Ufficio Stampa della Marsilio che ha fatto indagini e mi ha risposto che all’editore risulta il fatto della morte ma nè la data nè altro. Ho chiesto ad Olivero che mi ha dato la stessa risposta. Nulla ho trovato in Internet. Ora lancio la richiesta nella Rete: chi sa di Aurelio mi parli di lui.
Aurelio Andreoli: chi sa mi parli di lui
21 Comments
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Straordinario e commovente.
Caro Luigi, di solito mi propongo di commentare i trhead. Questa volta mi sento spiazzata, perché ovviamente non so nulla di Aurelio Andreoli. Ma siamo sicuri che questo sia il suo vero nome? che questo non sia uno pseudonimo? Bisognerebbe analizzare molto bene il testo (che attualmente non ho) e partire dall’ipotesi che non sappiamo nulla dell’autore, ricavando notizie sul luogo in cui si svolgono gli avvenimenti, ad esempio, sul lessico usato ecc. Come è venuta fuori la notizia della morte? Da chi e come Marsllio ha avuto questa notizia? Forse perché (ad esempio) il conto corrente nel quale versavano gli utili della vendita del libro non è più attivo? All’editore risulta il fatto della morte: è un punto di partenza interessante per ulteriori indagini. Ma bisogna sapere come e perché l’hanno saputo.
Aurelio Andreoli era il suo vero nome. E’ stato redattore de “La Fiera Letteraria” e collaboratore delle pagine culturali di vari quotidiani. Viveva a Roma. Datate da Roma sono due lettere ad Ernesto Olivero del giugno e del settembre 1999 delle quali Ernesto mi ha fornito le fotocopie. Non ho chiesto all’Editore Marsilio la fonte della notizia sulla morte, che immagino sia amministrativa: un giorno uno degli uffici che ha cercato questo “autore” (per telefono o per lettera, o per e-mail) ha avuto la notizia della morte, ma non ha registrato la data – limitandosi ad annotare “deceduto”. Questa ovviamente è solo una mia supposizione.
Così Aurelio Andreoli scrive a Ernesto Olivero il 27 giugno 1999:
Ho varato un piccolo libro, che le accludo, dedicato ai ‘disperati della terra’, agli ultimi che nei day hospital ho veduto soffrire e poi morire. Il sottotitolo è: ‘Un credente nella notte dell’Aids’. E’ appunto una motivazione restante, per me, che è quella di potermi riconciliare proprio con quella parte del mio prossimo che in molti hanno respinto. Il mio libro esce a settembre (…). Maestro, solleciterei con senso cristiano un suo gesto di solidarietà, che è quello di poter assicurare agli ultimi della terra quattro cartelle di una sua prefazione (…). ‘Ab Jesu Domino Salus’ (Aids), questo è il mio male: conosco in tutto questo il conforto della preghiera. Mi ritenga totalmente innocente. Una sua preghiera per me. Aurelio Andreoli
‘Ab Jesu Domino Salus’ (Aids): non ho mai incontrato altrove questa interpretazione cristiana dell’Aids.
Questa è la lettera con cui Aurelio Andreoli ringrazia Ernesto Olivero della prefazione che ha ricevuto (è scritta su un foglio con in alto le parole a stampa GLI SPECCHI DEL PRESENTE, che è il titolo della collana di narrativa nella quale Marsilio pubblicò il volume: probabilmente un foglio bianco delle bozze del libro che aveva scritto):
Roma 3 settembre 1999. Maestro amatissimo, grazie di cuore per la sua splendida introduzione, così precisa e toccante nell’introdurre l’argomento. Mi creda, mi sono esposto come su una trincea. Ho cercato di pensare a un’angoscia, negli altri, maggiore della mia. Nessuna pietà per me stesso, ma per loro, ultimi della terra. Non un degente, in quei day hospital di infettivologia, in quei luoghi di pena, si oppone con le proprie forze residue al Cristo sofferente, nostro amico, nostro compagno. Pregherò per la sua opera. Dio sia sempre con lei e con i suoi amici. Un abbraccio. Grazie!, di cuore. Aurelio Andreoli
Se è morto in ospedale, come immagino, i decessi vengono tutti registrati. Credo che risalire al luogo in cui visse gli ultimi istanti sia una via per arrivare a lui , o quanto meno sapere il nome di eventuali fratelli o sorelle che sicuramente avranno seguito l’iter della malattia, lo avranno confortato, suppongo!… Nel caso in cui fosse morto allo Spallanzani di Roma, ad esempio, basterà rivolgersi all’aministratore generale dell’ospedale per avere notizie. Si potrebbero rintracciare infermieri, medici che lo hanno assistito. Sapere come ha vissuto gli ultimi istanti, chi era al capezzale ecc…
Potrebbe essere un’idea…
scusate se sono brutale ma trovo che questo voler “sapere gli ultimi istanti” , questo ficcare il naso nella morte di una persona , addirittura andare a indagare all’ospedale ecc. ecc., sia una forma sublimata di voyeurismo morboso , anche se a fin di bene. la morte ha una sua intimità che nessuno ha diritto di violare, neanche per la leggittima curiosita di sapere cosa ha detto questo sant’uomo negli ultimi istanti.
Gli ultimi istanti e le eventuali ultime parole vanno lasciati al silenzio
lasciate perdere, per carità!
Ma no! Luigi sta cercando delle informazioni sull’autore del diario in quanto :” da quando lo lessi [Luigi testuali] io sono alla ricerca di notizie sulla morte di questo cristiano meritevole di memoriali]….
Ma che pirla dici o discepolo! Era solo un’idea…ma quale ” voyeurismo morboso ” idiota… evidentemete “il gatto nella dispensa che quello che fa pensa”…per quanto mi riguarda nessuna morbosità! voyeurismo poi…voyeurismo…ma swei veramente squallido
tenti per te queste considerazioni ok! E vai tranquillamente al diavolo!
Seppure: cosa ci sarebbe di cosi’ trascendentale avere notizie dei familiari per poter raccogliere ragguagli, elementi, per tracciare una biografia sulla personalità di un autore..eh…come si stende una biografia, dimmelo :cosa c’è di così tragico, di così abominevole, di così riprovevole..avanti…dottorino…ci dia lumi. Persino con i papi lo si fa. Tutti i papi sono stati immortalati nell’atto supremo, tutti o quali da Leone XIII a Pio XII per noin parlare di G.PaoloII..
Ma fatti a fare una passeggiata va’…una boccatina d’aria ti servirà a togliere la puzza sotto il naso che ti ritrovi.
Ad Majora!
Prorpio in questo momento sto guardando una foto di PIO X appena spirato..
E sotto una foto di PIO XII sfigurato sul letto di morte, circondato da suore piangenti ed ecco il commento:
“Il volto del papa appena defunto è gia spettrale: ha aperto la bocca a bere l’ultimo respiro di questa terra”. In ginocchio e in preghiera, le uniche persone veramente addolorate e devote alla memoria di Pio XII, fedelissime al Lui oltre la morte: le suore della comunità fondata dalla governante da sempre di Pacelli, madre Pascalina Lenhert (è quella in ginocchio più vicina al viso del papa), che serviranno il loro Signore fino al momento della sua sepoltura. Lui vivo, si occupavano dei suoi appartamenti privati e della cura della sua persona. Pascalina e le sue suore, da questo momento riceveranno un duro e indegno trattamento da parte dei superstiti del Sacro Palazzo, e anzi ne sarebbero state cacciate in malomodo, non fosse intervenuto in loro difesa il generoso, per quanto tendente alla prosopopea, cardinale decano Tisserant.
All’angolo si nota una delle due guardie nobili poste a piantonare il letto funebri ai due lati”
Voyarismo chiedere informazioni per stendere una biografia ?! …
No! non sei brutale….semplicemente ti piace redarguire, per il gusto di rompere le scatole..tutto qui
Certo quello che dice Maria Cristina è apprezzabile, e mette una sorta di “stop”. Ho guarda in sbn, in cui Aurelio Andreoli autore de “Il bacio di Francesco” viene indicato come nato nel 1944. Manca la data della morte. D’altra parte so che LUigi Accattoli è molto discreto nelle sue indagini. Cerca notizie, da buon giornalista, ma si mette subito da parte, se vede che c’è il desiderio di riservatezza da parte di qualcuno.
Forse Aurelio Andreoli avrebbe voluto che qualcuno mettesse un fiore sulla sua tomba. O forse vuole che la sua tomba resti senza nome, come i certosini di Serra San Bruno. Oggi sono andata al cimitero monumentale della mia città e ho visto una cappella completamente disadorna, in cui una grande croce di legno occupava l’intera parete. In alto, a caratteri piccoli, c’era una sola scritta: “Cappuccine”. E’ il luogo della sepoltura delle monache cappuccine del monastero dove è vissuta Santa Veronica Giuliani.
Ma certamente Antonella, a me dispiace tantissimo essere stata fraintesa. Non suggerivo a Luigi di “varcare” il limite,o peggio, andare ad “indagare”. Ovvio che non può essere questa l’intenzione Nè lo era; semplicemente risalire, attraverso i medici o infermiere ecc ad eventuali parenti, sorelle, fratelli per conoscere meglio Aurelio in vista di una biografia di una conoscenza più profonda della persona!
Ma mi dice ” voyeurismo morboso ” ma dai! Ma stai facendo la pipì fuori dal vasino..suvvìa! Ho portato l’esempio di papi grandissimi ritratti sul letto di morte non perché lo si debba fare, o giustificare il frangente, ma almeno smentire questo grande scandalo che attribuisce discepolo all’evento in quanto tale e che, lungi da me, NON intendevo affatto far “sbirciare” o “ficcare il naso” ….
E non ci sto Antonella, abbi pazienza!
Mi son permessa quel suggerimento [e adesso me ne dispiaccio perché è stata disturbata una pagina dai toni così delicati] perché venne chiesto, anni fa: un sacerdote canadese, di origine italiana, mi domandò se potevo informarmi presso il,S.Spirito circa la sorella di un concittadino morta nel 61 a Roma della quale i parenti, stanziati in Canada da decenni, non sapevano di cosa fosse deceduta e dove fosse sepolta. E sono riuscita ad avere notizie…tutto qui!
voyeurismo morboso”…beh senti….lasciamo stare va’, che è meglio!”
Questa è la lettera di Aurelio Andreoli pubblicata senza risposta dal “Corriere della Sera” dell’11 luglio 1996 a pagina 35 nella rubrica delle lettere allora curata da Indro Montanelli, con il titolo Sopravvivere lavorando. Un giornalista sieropositivo:
Ero stato costretto a inserire un’offerta di lavoro sulle pagine economiche di un quotidiano di Roma: “Giornalista, 48enne positivo da HIV, autosufficiente, costretto assumere costosi farmaci, sotto controllo da immunologi, esperienza e professionalità, pratico ufficio stampa e stesura testi: esamina proposte da Roma, come corrispondente, ente umanitario, fondazioni, società con fini culturali”. Tuttavia nessuno aveva dato risposta. Per quanto mi riguarda, concepisco ancora il lavoro come un prolungamento della preghiera. Sarei ancora in condizioni di produrre, di formulare proposte, di concepire articoli di taglio culturale. Mi sarebbero sufficienti i compensi di una collaborazione fissa, per mantenermi con una certa dignità, e per non essere aggredito anche dai creditori, oltrechè da un male terribile. Sono del tutto autosufficiente: dal punto di vista esteriore non mostro i segni del male. Le invio questa lettera con una rinnovata speranza, per chiederle un’eventuale collaborazione fissa di qualsiasi tipo, per far fronte ancora per un po’ ai miei obblighi nei confronti della mia anziana madre. Caro Montanelli, non mi lasci solo. Certo, meriterebbero molto più di noi tanti innocenti e indifesi, soprattutto bambini, colpiti dal male, dalla violenza, dalla fame.
Mi incuriosisce sapere la risposta di Montanelli.
Certo, tra le pieghe di queste righe si nasconde una sofferenza inaudita. Unita però ad una purezza d’animo stupefacente, ad una lealtà sconcertante. Avrebbe potuto tacere sulla propria salute in quanto non visibile. Ma non l’ha fatto, affinchè potesse essere accolto nonostante il male, che spaventa, non lo neghiamo a noi stessi: questo male spaventa! Spaventa anche fratelli, conoscenti e amici. Posso dire di Alberto [nome fittizio], mio coetaneo, terzo di 7 figli, famiglia religiosissima e lui stesso sulla via del sacerdozio. Si è ammalato ed è morto colpito dallo stesso male di Aurelio, abbandonato da tutti, al Policlinico Umberto I di Roma. Solo la madre ne ha raccolte le lacrime non sapendo fosse affetto da quel male in quanto il povero “Alberto” aveva chiesto, supplicando gli infermiei [di cui uno mio amico carissimo] di nascondere le cartelle cliniche, richiesta pietosamente accordata. Nessuno dei fratelli che lo piansero ai funerali lo confortò. La madre morì dopo un paio di anni, credo contagiata perché …quella morte dolorosa fu un mistero..
E’un male bastardo! Bastardo bastardo…una lebbra! Ma io dico che ancor più terrificanete è l’aids dell’anima. Quella uccide in eterno.
Luigi, spero tanto tu riesca in questa impresa, sarebbe davvero bello poter raccogliere una biografia ed onorarlo, questo uomo sensibile e meraviglioso. Da parte mia farò il possibile…
Non ci fu risposta di Montanelli. La rubrica era impostata come quella attuale di Sergio Romano. Il titolare risponde a una sola lettera ogni giorno e pubblica le altre sotto quella d’apertura, ognuna con un proprio titoletto. Quella di Aurelio Andreoli era tra queste.
“Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto. ”
Così il Foscolo, Ma, a quel che pare, spesso l’amoroso pianto non c’è neppure per i vivi.
Dall’Ufficio delle Letture di oggi:
Poiché siamo prostrati nella polvere, *
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto; *
salvaci per la tua misericordia.
(Salmo 43)