Pubblicato dal “Corriere della Sera” il 12 marzo 2014 a pagina 23 con il titolo “Il Papa e la Chiesa povera che si allontana dall’Occidente”
A un anno dall’elezione tanti si allietano di Papa Francesco e si augurano ch’egli riesca nelle riforme che si è proposto, ma forse la sua Chiesa in uscita – se riuscirà a realizzarla – sarà una buona notizia solo per il Sud del Mondo: la vuole infatti come Chiesa dei poveri e al Nord ricco più volte in quest’anno ha gridato “vergogna” e l’ha posto sotto accusa.
E’ la prima volta che un rappresentante dell’umanità del bisogno parla a nome del mondo cristiano e si propone di rendere operativa in tutta la Chiesa cattolica la “scelta preferenziale per i poveri” formulata nel 1968 a Medellin dagli episcopati latino-americani. Nonostante le invettive che le rivolge, l’umanità del benessere l’applaude perché Francesco alleggerisce il conflitto ideologico con la società secolare e pochi si avvedono che il suo non è un balzo nella modernità, è piuttosto un balzo nella missione e quella missione comporta un allontanamento dall’Occidente o quantomeno dall’Europa.
La direzione impressa al Pontificato apparve chiara in luglio con l’andata a Lampedusa e l’analogo proclama che lanciò dalla cintura della miseria di Rio de Janeiro, dove presentò la sua Chiesa come “avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo”. Ma a breve quella scelta di campo sarà ancora più evidente: il Papa venuto dalla fine del mondo ha in programma viaggi in Medio Oriente, Asia e Africa che daranno la piena misura della sua sfida all’umanità del benessere alla quale appartiene l’istituzione che governa.
Nessun Papa in epoca contemporanea aveva posto tanti segni di novità in così poco tempo. Neanche Roncalli che aprì le finestre senza temere i venti e neanche Wojtyla, che fu il primo a venire “da un paese lontano”. Spogliandosi del rosso imperiale delle vesti e restando con la tunica bianca del missionario, lasciando l’appartamento e la villa di Castel Gandolfo, scegliendo un’utilitaria per gli spostamenti, portando da solo la borsa mentre sale sull’aereo per il Brasile o sul pullman per Ariccia, egli propone una figura papale in discontinuità rispetto non solo a Benedetto ma all’insieme degli ultimi quattro papi “conciliari”.
Altrettanto nuovo è il suo programma riformatore: proponendo una “riforma della Chiesa in uscita missionaria” egli invita la cattolicità a superare il modello di Chiesa “costituita” della tradizione europea e propone la “conversione” a una Chiesa in missione, intesa a raggiungere ogni periferia e meno preoccupata di difendere le conquiste della vecchia cristianità. Ha detto che vuole una conversione missionaria persino del Papato, che costituisce il quartiere generale di quella difesa.
Le Chiese dell’Europa – non solo quella Cattolica – sono state costrette sulla difensiva dall’evoluzione del costume e delle leggi a partire dall’illuminismo. Assediate dalla modernità, hanno alzato barriere contro di essa e dentro alle mura sono restate per due secoli abbondanti, mentre la missione continuavano ad attuarla negli altri continenti. Si tratta, a ben vedere, dei “duecento anni di ritardo” sui quali s’interrogava il cardinale gesuita Martini alla fine dei suoi giorni. Ed ecco un Papa gesuita venuto dal Sud che si propone di sbloccare l’impasse: qui forse è il vero significato dell’elezione – per la prima volta nella storia – di un cardinale che non si è formato nel campo trincerato della cattolicità europea.
L’uscita dalle comodità per andare ai poveri – come ama dire Bergoglio – è Vangelo puro, ma è un Vangelo che solo per i poveri è davvero un lieto annuncio. E’ dunque prevedibile lo sviluppo di un aperto conflitto con lo scatenamento degli egoismi che caratterizza il Nord del mondo. Fino a oggi avevamo visto l’Occidente che si allontanava dalle Chiese, con Papa Francesco iniziamo a vedere le Chiese che si allontanano dall’Occidente.
Luigi Accattoli