Pubblicato come fondo dal “Corriere Roma” del 30 ottobre 2015
Il sindaco Marino, che una volta era amico del Papa, sta gettando nell’incubo i responsabili del Giubileo: mancano 39 giorni all’apertura della Porta Santa e c’è il rischio che in buona parte si consumino prima che si conosca l’esito della partita a scacchi che il titolare dell’amministrazione cittadina, già dimissionario e sfiduciato dal suo stesso partito, ha riaperto ieri.
E’ lecito anteporre con tanta determinazione la cura del proprio destino politico all’interesse collettivo e all’immagine della città di Roma nel mondo? La lotta politica – si sa – è spregiudicata e può portare a esiti non previsti dagli stessi protagonisti. E’ verosimile che Marino, travolto dalla necessità di reagire al linciaggio mediatico – esagerato e in parte ingiusto – di cui è stato vittima, non avverta la portata delle sue mosse.
Non è tanto in questione l’attivazione delle mini opere pubbliche previste per il Giubileo, né l’urgenza di fornire una controparte amministrativa con pieni poteri ai responsabili ecclesiastici: è venuta ripetutamente dal Vaticano e dal Vicariato l’assicurazione che tutto è sotto controllo, essendo il Governo e non il Comune il loro interlocutore primario. E per fortuna a interpretare quel ruolo c’è un uomo attendibile come Gabrielli, prefetto e commissario per il Giubileo
Ma ci sono due altri elementi giubilari da tenere in conto e per i quali il ritiro delle dimissioni da parte di Marino è di grande pregiudizio: la gestione della vita ordinaria della città, già precaria e che minaccia di farsi spaventosa; e l’eco che quello spavento troverà nei media internazionali, che nelle settimane di avvio dell’Anno Santo moltiplicherà gli speciali sulla nostra città.
Se è ragionevole l’ipotesi che Marino non colga la gittata della sua mossa, sarà bene che quanti la colgono s’impegnino a sottrarre al più presto la scacchiera al temerario scacchista, che magari di sogno in sogno può arrivare a coltivare quello d’essere presente, in fascia tricolore, all’aperura della Porta Santa. Nessuno può prevedere come un sogno – quello d’essere presente all’avvio del processo per “Mafia Capitale” – possa aprirsi in altri sogni.
Chiudere al più presto il folle gioco che Marino ha riaperto ieri è un’urgenza da perseguire per le sorti della città, innanzitutto. Ma non sarà fuori luogo prestare uno scampolo di attenzione anche al danno aggiuntivo e mondiale che il volto mezzo sfigurato di Roma può correre con l’incombente sovraesposizione giubilare.
Luigi Accattoli
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