Pubblicato dal “Corriere della Sera” del 14 marzo alle pagine 1 e 6 con il titolo “La tradizione per difendere il rinnovamento”
Una decisione a sorpresa – questa del “Giubileo della Misericordia” – che ha significati vecchi e nuovi tra loro intrecciati e apparentemente contrastanti. Un intreccio che fa dell’Anno Santo annunciato ieri da Francesco un unicum, un caso unico nella storia degli Anni Santi, che ha più di sette secoli. Sarà il 29° della serie, che era stata avviata da Bonifacio VIII nel 1300, che è anche l’anno in cui Dante colloca idealmente il viaggio ultraterreno della Divina Commedia [ricorda “l’anno del Giubileo” nel canto XVIII dell’Inferno].
Il primo intreccio è tra vecchio e nuovo: i Giubilei sono legati alle indulgenze e alle prassi penitenziali del Medioevo, appaiono dunque lontani dal sentimento moderno della fede cristiana che parrebbe professato da Papa Francesco; ma questo Giubileo è dedicato alla Misericordia, e non si è mai avuto un Giubileo della Misericordia. Qui forse il vecchio prevale sul nuovo, essendo che ogni Giubileo consisteva in un richiamo al perdono – un tempo era anche detto “perdonanza” – e dunque indirettamente faceva riferimento alla misericordia di Dio che perdona.
Ma c’è un altro intreccio, dove invece a prevalere è la novità: ed è quello tra il carattere devozionale delle ritualità giubilari e il rimando di questo Giubileo al Vaticano II. Francesco infatti quest’Anno Santo della Misericordia l’ha indetto a celebrazione del 50° dell’ultinmo Concilio, le cui quattro sessioni si tennero dal 1962 al 1965. La Porta Santa della Basilica di San Pietro il Papa argentino l’aprirà l’8 dicembre di quest’anno, cioè nel giorno cinquantenario della chiusura del Vaticano II.
Qui la sensazione del contrasto si fa impressionante, almeno per chi ha l’età per ricordare il dibattito che accompagnò nel 1974-1975 l’indizione e lo svolgimento del primo Giubileo venuto dopo il Concilio, quando molti ritenevano che non era più concepibile che venisse indetto un Anno Santo da parte dello stesso Papa – Paolo VI – che aveva promulgato i documenti del Vaticano II e che ne aveva guidato la prima applicazione. Al fondo di quel dibattito era la questione delle indulgenze, che erano state all’origine della Riforma protestante e che molti ritenevano impraticabili in epoca ecumenica: Papa Montini decise di rivederne la disciplina ma le mantenne.
Nel richiamo intrecciato al Vaticano II e alla pietà popolare si può vedere un’astuzia del Papa argentino: egli ha grande presa sul popolo dei fedeli ma subisce qualche resistenza da parte di ambienti intellettuali di orientamento tradizionale. Indicendo un Anno Santo in ricordo del Concilio sorprende gli oppositori, in quanto fa appello al popolo chiamandolo ad atti tradizionali (pellegrinaggio a Roma, indulgenze) e insieme gli ripropone la novità del Concilio.
Chi accusa Francesco di trascurare la tradizione e di porre troppi atti di discontinuità rispetto ai predecessori dovrà ora ammettere che la sua iniziativa di maggiore impegno organizzativo e celebrativo, tra quante ne ha prese fino a oggi, è del tutto tradizionale. Nello stesso tempo sarà chiaro a tutti che un anno di rievocazione del Vaticano II configurerà una valorizzazione diffusa e capillare di quel patrimonio quale fino a oggi non era stata tentata da nessuno dei predecessori.
Due anni dopo la conclusione del contestato Giubileo di Papa Montini arrivò il Papa polacco, che aveva una vera e propria passione per gli anni santi e ne celebrò due: uno che chiamò “Anno Santo straordinario della Redenzione” nel 1983 (nel titolo vi era un richiamo al cinquantenario dell’Anno Santo straordinario della Redenzione che Pio XI aveva indetto nel 1933, con richiamo ai 33 anni di Cristo) e un altro nell’anno duemila, che qualificò come “Grande Giubileo” con riferimento al cambio del millennio.
L’esito numerico del Grande Giubileo fu imparagonabile rispetto a tutti i precedenti. Secondo la stima dell’Agenzia Romana per il Giubileo, il numero totale di arrivi a Roma nel corso di quell’Anno Santo fu di 24,5 milioni di pellegrini, mentre il CENSIS valutò in 32 milioni il totale degli arrivi. Fu affermato che il solo pellegrinaggio dei giovani (detto anche Giornata mondiale della gioventù di Tor Vergata) avesse portato a Roma due milioni di ragazzi.
I Giubilei sono venuti infittendosi lungo i secoli e in particolare nell’arco degli ultimi ottant’anni. Quelli ordinari si tennero inizialmente ogni 50 anni (1300: Bonifacio VIII; 1350: Clemente VI: 1400: Bonifacio IX); ma a partire da Martino V, che ne indisse uno per il 1423, la periodicità scese ai 25 anni e si ebbero regolari celebrazioni con quella cadenza nel 1450, nel 1475 e così via fino al 1775.
Non si ebbe il Giubileo nel 1800 per le vicende napoleoniche (Pio VI prigioniero in Francia fino alla morte nel 1799, Pio VII eletto a Venezia nel marzo del 1800) e di nuovo saltò l’appuntamento del 1850 a motivo della fuga del Papa a Gaeta nel 1849. Regolari furono poi tutte le altre celebrazioni venticinquennali fino a quella del 2000. A parte i due Giubilei straordinari della Redenzione, ricordati sopra, Anni Santi in anni non cinquantenari o venticinquennali si ebbero soltanto nel 1390 e nel 1423. Questo indetto da Francesco è dunque il quinto dell’intera serie a cadere in anni non venticinquennali nè cinquantenari.
Luigi Accattoli
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