Pubblicato dal “Corsera” del 19 ottobre a pagina 5 con il titolo “La Cei protesta ma una pagina è stata girata”
Il Sinodo chiude oggi ma già ieri se ne è avvertita l’influenza innovativa nella disputa sulla “trascrizione” nei registri comunali di Roma matrimoni gay contratti all’estero: il Vicariato di Roma e la Cei hanno protestato ma l’hanno fatto con la stessa prudenza usata dalla Curia milanese una settimana addietro: precisando che la Chiesa non si oppone alla tutela dei “diritti” degli omosessuali, ma chiede che tale tutela abbia un nome diverso da quello di “matrimonio”. Una delle voci intervenute nella disputa ha riconosciuto che anche una relazione tra omosessuali può meritare il nome di “amore”.
Questo riconoscimento è nell’editoriale di “Roma sette”, portavoce del Vicariato: “Sia chiaro, l’amore è cosa che sta a cuore anche a noi, più di ogni altra. Quello autentico, del vivere e soffrire nella fatica del quotidiano accanto a una persona, anche dello stesso sesso”. Sono parole nuove che risentono della novità di linguaggio del Sinodo, che in un foglio di lavoro aveva accennato alla considerazione che merita il “mutuo sostegno” che gli omosessuali possono trarre dalla loro “unione”.
La “nota” della Cei afferma che la decisione del sindaco di Roma “sorprende” e non è “accettabile” a motivo della “equivalenza” che verrebbe a suggerire tra il matrimonio eterosessuale e quello omosessuale: e certo sono parole forti, che risentono dei toni di battaglia del nostro episcopato sui “valori non negoziabili” vigenti fino all’elezione di Papa Bergoglio. Ma subito dopo la nota cita il Sinodo e chiarisce che Chiesa non “chiude le porte a nessuno”. Non c’è dubbio che una pagina è stata girata.
Luigi Accattoli