Di Armando Matteo, prete amico e buon teologo, ho già parlato nel quinto commento al post del 2 ottobre. Ne riparlo qui per un nuovo invito a leggere il volume che ha appena pubblicato da Piemme, “Tutti giovani, nessun giovane. Le attese disattese della prima generazione incredula” (pp. 203, euro 17.50). Un volume che è tutta una provocazione indirizzata alla Chiesa e al Sinodo sul tema dei giovani. “Questo Sinodo sui giovani – vi si legge a pagina 58 – è decisamente più importante dei due che lo hanno appena preceduto, dedicati alla realtà della famiglia”. Io condivido quell’affermazione. Nel primo commento riporto la richiesta che don Armando rivolge ai sinodali e nel secondo pongo una domanda ai visitatori.
Armando Matteo e la giustizia linguistica verso i giovani
20 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Proposta ai sinodali. Armando Matteo non è al Sinodo. E’ il nostro più sagace cercatore sull’assenza dei giovani dalle chiese ma non è stato invitato forse perché ritenuto troppo pessimista. Parlando un linguaggio simile al suo anch’io in più occasioni sono stato accusato di veduta pessimistica. Ecco la provocatoria “richiesta” che don Matteo rivolge ai sinodali a conclusione del volume “tutti giovani, nessun giovane”, perché approvino “una più o meno simile proposizione”; richiesta che trascrivo dalla pagina 191: Come pastori della Chiesa ci impegniamo a non abusare più dell’aggettivo “giovane” ed è per questo che concretamente chiediamo a tutti i cattolici di non usare più espressioni come quelle che seguono: papa giovane, cardinali giovani, vescovi giovani, Chiese giovani, preti giovani, monsignori giovani, parroci giovani, suore giovani, frati giovani, seminaristi giovani, catechisti giovani, famiglie giovani, giovanissimi, giovani adulti, adulti giovani. Che possa questa scelta essere d’esempio per le altre componenti della società. Da un tale gesto di giustizia linguistica si parte, infatti, per evitare che si continui a perpetrare la nostra grande iniquità di adulti: prima prendiamo ai giovani l’aggettivo, poi ne occupiamo il posto e infine ne azzeriamo il destino. Mai, in verità, come nel caso dei giovani, è proprio vero che “nomen est omen”.
Domanda ai visitatori. La mozione sinodale di don Armando può essere parafrasata così: dovremmo smetterla di qualificare come “giovani” le persone che hanno più di trent’anni. Chiedo ai visitatori: siete d’accordo? Io lo sono. A 18 anni uno è maggiorenne, a 28 è adulto fatto. Oltre i 30 sarà papà o mamma. O potrebbe, o dovrebbe esserlo. Rimettiamo in asse le generazioni, dice don Armando. Diamo a ognuno il posto che gli spetta, dico io. Domani sera sarò a cena da don Matteo: invito i visitatori a suggerirmi le domande da porgli.
Ecco due interventi di Armando Matteo sul Sinodo:
http://www.lastampa.it/2018/10/03/vaticaninsider/sinodo-il-teologo-armando-matteo-sulla-questione-giovanile-la-chiesa-si-gioca-il-futuro-ES6kF3IKMF9khKFtLnDfuI/pagina.html
http://www.settimananews.it/sinodo/spigolature-sinodali-1/
Traghettare la vita. Il volume di Armando Matteo che sto recensendo ha cinque capitoli:
1. Che cosa significa essere cristiani quando non si è più bambini?
2. Da questa Chiesa non si aspettano più nulla
3. Quanto spazio resta oggi per credere?
4. La fatica di essere “i giovani”
5. Traghettare la vita
L’ultimo capitolo è un richiamo al ruolo specifico del “ceto adulto”, che dovrebbe liberarsi dallo spirito di “immortalismo” e “narcisismo” che oggi l’imprigiona, e reimparare a svolgere il suo vero servizio: “quello di essere traghettatore della vita”.
Tentazione generazionale. Armando Matteo interpreta e riassume così la tentazione generazionale dei giovani d’oggi di abbandonare la debole pratica della fede ricevuta dai padri e dalle madri:
Se Dio, preghiera, Vangelo, carità non sono importanti per mio padre e mia madre, è difficile pensare che essi siano decisivi per orientare la mia esistenza adulta; se la Chiesa resta solo un bel monumento alle nostre radici culturali – e per questo va bene pure mettere una firma sulla dichiarazione dei redditi – è ben difficile immaginare una professione del cattolicesimo che impegni e impregni la mia quotidianità.
[Questo testo chiave è a pagina 11 del volume]
Concordo pienamente. Al centro del “problema” dei giovani c’è la modestissima fede degli adulti, genitori e, ahimè, spesso anche del clero.
Spesso anche una fede robusta e testimoniata dei genitori non è bastevole, figurarsi quando anche questa manca!
Alla radice dell’ateismo giovanile. L’ateismo giovanile – scrive il nostro autore – “ha assunto da tempo carattere generazionale”, cioè esso non riguarda più casi isolati di ragazzi in “aperto o sotterraneo dissenso” con la religione praticata dalla famiglia, ma coinvolge un’intera generazione: il ragionamento echeggia la tesi svolta da Armando Matteo nel suo saggio magistrale del 2009, “La prima generazione incredula” (Rubbettino). Nel nuovo volume don Armando l’esito di quell’argomentazione lo ripropone così: “Se l’esperienza cristiana è sostanzialmente estranea al mondo degli adulti, al quale i giovani naturalmente aspirano ad accedere, per questi ultimi liberarsi di quell’esperienza diventa un’urgenza del tutto comprensibile. Possono in tal modo sancire, con la dismissione della fede, l’uscita da quella fase della vita cui la fede è ormai quasi esclusivamente assegnata: l’età dei bambini. Questo è il vero snodo della questione del rapporto giovani e fede. Tuttavia, si deve fin da subito ammettere che neli ambienti ecclesiali si è molto lontani d’averlo anche solo percepito” (pagina 11).
Che propone Armando Matteo? Lo stesso a cui mira Papa Francesco con la predicazione della “riforma della Chiesa in uscita missionaria”, con l’aggiunta che il pianeta giovanile andrebbe guardato come la prima porzione dell’umanità circostante alla quale l’uscita andrebbe indirizzata. In questa prospettiva va intesa l’affermazione del nostro autore che vede nel Sinodo che si sta svolgendo in queste settimane “l’occasione propizia per prendere consapevolezza, da parte dell’intero popolo cattolico, che l’unica vera grande urgenza che oggi il cristianesimo ha di fronte a sé, in relazione al suo possibile futuro, è esattamente la questione di come riallacciare significative e fruttuose relazioni con i giovani” (pagina 7).
secondo me in Occidente la generazione attuale , e anche quelle che l’hanno preceduta da circa la metà del secolo sorso, non ha un ateismo “militante” , tranne che in pochi casi, cioè non si pone CONTRO la Chiesa cattolica, come poteva succedere per esempio nei giovani marxisti o nei seguaci di Nietsche alla fine dell”800, semplicemente in una società dove trionfa il materialismo non si interessa più della dimensione spirituale , se non declinata in un vaga spiritualità tipo New Age, yoga, meditazione trascendentale, Zen ecc.
Cristo è visto da tanti come un buon profeta, ma alla stregua di altri, come un Buddha ,per aver avuto un insegnamento compassionevole ed empatico verso i miseri e i sofferenti, ma non viene più neppure presa in considerazione la figura di Cristo come Seconda Persona della santissima Trinità , quanto ai dogmi della Chiesa la maggior parte li ignora completamente tranne l’unica frase “ama il prossimo tuo”. .
La Chiesa cattolica può interessare e interessa le nuove generazioni solo se relegata in una dimensione di umanesimo sociale , se si occupa ,dell’assistenza ai bisognosi , cioè se si trasforma ina ONG , mentre i dogmi
i riti, la liturgia, la Messa non sono più neppure più prese in considerazione dalla gran parte dei giovani d’oggi.
quello che secondo me oggi trionfa non è tanto l’allontanamento dalla Chiesa cattolica, (tanto che anche i protestanti in europa sono stati abbandonati dalle nuove generazione, non parliamo degli anglicani che rischiano l’estinzion) quello che trionfa nel modo di essere delle nuove generazioni è il materialismo, cioè una concezione della vita , ormai assorbita ed introiettata in cui ciò che veramente esiste ed importa è solo QUESTO MONDO e le religioni possono esistere solo nella misura in cui danno un aiuto al miglioramento di questo mondo, mentre sono dei reperti del passato e supestizioni quando vogliono dare a credere di insegnare qualcosa sulla Realtà Ultima , Dio, la vita eterna, i sacramenti ecc. ecc.
In un mondo totalmente materialista sarà difficile riconquistare le nuove generazioni da parte della Chiesa cattolica. La tentazione è quella di inseguire il mondo nel suo materialismo cioè di abbandonare o almeno mettere in naftalina tutti dogmi, tutti i Misteri , tutto l’insegnamento tradizionale , per seguire il mondo e accantentarlo nel suo desiderio di benessere materiale, di soddisfazione dei desideri, di adeguamento alle nuove mode ai nuovi modelli culturali ed antropologici.
secondo me ( ma so che molti non saranno d’accordo) sarebbe un errore gravissimo se la Chiesa cedesse a questa tentazione del materialismo e di un umanesimo messo al posto di Dio.
Ricordiamo le parole di Gesù : che giova all’uomo conquistare il mondo intero se poi perde la propria anima?
così si potrebbe dire alla Chiesa. che giova riconquistare le nuove generazioni se poi la Chiesa perde la propria parte spirituale e si trasforma in una ennesima istituzione umana troppo umana?
Aggiungo che la profonda crisi delle vocazioni religiose, quello che Luigi accattoli chiama la “sequela totale2” deriva proprio dal materialismo ormai introiettato dalle nuove generazioni ( e per nuove non intendo solo i ragazzi di oggi ma già i ragazzi degli anni 70-80-90 del novecento da cui cominciò la crisi delle vocazioni) .
Chi di loro prende più in considerazione o trova importante l’idea di diventare sacerdote? O ancor peggio monaco o monaca di clausura? per quale motivo dovrebbero farlo, se si svaluta costantemente l’importanza dei riti, della Liturgia, della Messa, della preghiera contemplativa a tutto vantaggio di una vita attiva di soccorso “materiale” dei poveri? Infatti non c’è bisogno di fare i voti , di essere consacrato sacerdote , per assistere materialmente i bisognosi, qualunque buon cristiano può e deve farlo, anzi lo può fare anche chi non crede in Dio, e se questo le’ l’unica cosa che conta allora perchè diventare sacerdote cattolico?
voi credete che ci sia qualche giovane attratto dalla vocazione di divenatre sacerdote cattolico per confessare i peccatori, celebrare la Santa Messa, portare il Viatico agli infermi, celebrare i matrimoni, battezzare i bambini, assistere i moribondi , celebrare i funerali ecc. ? insomma una vita simile è screditata in partenza dall’idea del tutto materialista che BEN PIU’ importanti di tutte queste cose , sia importante aiutare i poveri, fare giustizia sociale, ecc.
Nessun bisogno di monaci e monaci di clausura che preghino e contemplino se il materiaismo trionfa anche nella Chiesa, nessun bisogno di consacrati a Dio, se l’uomo anzi l’Umanità coi sui bisogni materiali diventa l’unica meta
della religione cattolica, l’unica sua ragione di esistere A voler essere radicali. nessun bisogno neppure di vescovi, cardinali e papi.
Cosa ha di “specifico” Gesu’ Cristo e il Cristianesimo che nessuna altra religione o filosofia ha?
Che pretende che Gesu’ Cristo permetta la “deificazione” dell’uomo sin da questa terra. O in altri termini che la “santità” di Dio sia accessibile a tutti.
È la “santità” che va proposta ai giovani.
Il cammino della santità è un progetto che conferisce un senso, una direzione, un significato a tutta la vita, lunga o breve che essa sara’
Difficilmente la necessità che questa sia la proposta che si deve fare potrà essere riconosciuta attraverso un sondaggio su quello che i giovani chiedono o pensano.
I giovani non “chiedono” la santità perché non la conoscono! Perché pochi, troppo pochi, sono coloro che la testimoniano presente nel mondo degli adulti.
Ha ragione Beppe Zezza, ma proporre nientepo’po’ di meno che la “ santita’ “ a degli analfabeti spirituali e’ come proporre a chi non sa neppure le note e le basi della musica di eseguire la Nona di Beethoven. Per eseguire una sinfonia ci vogliono anni di studio e di sacrificio del proprio tempo , non e’ una cosa che viene cosi’ di getto , spontaneamente.
E la santità pure, bisogna partire dalle basi e la base che tutti i santi di tutti i tempi hanno insegnato ( come le note per la musica) e’ che per diventare santi bisogna mettere DIO al primo posto e il proprio EGO all’ ultimo posto. Dunque va bene predicare ai giovani la santita’ , ma magari prima di avere una intera generazione di santi, basterebbe predicare l’ amore di Dio al primo posto, sempre, e solo dopo la soddisfazione dei propri bisogni e desideri.
Purtroppo mi pare che questo Sinodo sia partito dall’ atteggiamento opposto: Cosa desidano i giovani? La Chiesa e’ pronta a darglielo! I giovani vogliono l’ abolizione del celibato dei preti, il sacerdozio femminile, i rappoti sessuali leciti anche fuori dal matrimonio? E la Chiesa e’ disposta ad accontentarli! Cio’ che i giovani desiderano e’ la cosa piu’ importante!
Invece di insegnare il distacco dal proprio Ego , la conversione verso Dio che e’ il minimo e la base per poi ricercare la santita’ , come per suonare una sinfonia si deve almeno sapere le note, si presume che si possa partire dall’ arrivo gia’ tutti santi , gia’ tutti buoni, gia’ tutti “ imparati” i giovani basta che esprimano un desiderio e quel desiderio deve essere accontentato.
Che stra- barba, Venturi.
Ci mancherebbe pure che la Chiesa non interpellasse ed ascoltasse la voce dei giovani in un Sinodo per i giovani e sui giovani.
Fosse dipeso da me io avrei scongelato e allargato ancor più il pubblico dei ragazzi aprendolo soprattutto a quelli che non credono per nulla….ma mi rendo conto che sarebbe stata un”altra cosa.Molto meglio così com’è.Il che non esclude che non si possa lavorare anche in quella altra direzione…Vedremo.
Naturalmente il concetto che poi La Chiesa “dia loro” tutto è una balla e una tipica ossessione di chi la scrive .
Quanto agli analfabetismi spirituali, direi che ciascuno dovrebbe giovevolmente pensare ai propri.
A MCV
L’obiettivo da proporre è “suonare come Beethoven” . OBiettivo da perseguire durante tutta la vita. E se la musica di Beethoven ti affascina ti adatterai a tutti i passi necessari per arrivare a quel traguardo : imparare le note musicali, fare le scale ecc ecc.
Ma se non fai ascoltare loro la musica di Beethoven mai se ne potranno innamorare.
È giusto ascoltare i giovani , non per dare loro quello che vogliono ma per essere preparati a far loro vedere come la proposta cristiana soddisfi pienamente quelle aspirazioni che stanno sotto alle loro richieste, anche se loro stessi non se ne rendonoconto.
Sembra che alcuni pensino che i giovani possano venire attirati alla Chiesa se si dice loro che possono fare quello che vogliono ( in particolare modificando la morale sessuale per quanto riguarda i rapporti pre matrimonali, le convivenze di fatto , luso degli aNticoncezionali ecc derubricandoli da atti da contrastare a debolezze inevitabili e perciò preventivamente perdonate
Io ho un pessimo ricordo di come, quando ero ragazzo e giovane, negli ambiti ecclesiali che frequentavo venivano presentate le questioni attinenti alla sessualità.
Per quanto riguarda l’oggi i giovani sono sintonizzati su un’onda diversa dalla nostra e vivono la sessualità in modo che è ad un tempo più superficiale e più naturale. È un dato culturale con cui bisogna fare i conti, ricordando però che lo spartito ha tante note e tanti strumenti. La sinfonia è diventata troppo spesso un “a solo” in cui la nota suonata era sempre la stessa, e ciò a volte faceva perdere il senso della bellezza complessiva della proposta cristiana, in particolare la centralità del rapporto con Gesù.
Alberto Farina
Sono d’accordo con te Alberto, anch’io condivido i tuoi stessi pessimi ricordi. Più che ricordi degli incubi
Cristina vicquery
Il problema è sempre lo stesso : quando il cristianesimo si presenta come una legge da compiere è insopportabile, se al centro c’è l’amore a Cristo tutto cambia : se mi amate osservate i miei comandamenti . Se vuoi bene e ti fidi……
Però esiste anche una pedagogia della fede che sa individuare le giuste priorità. L’obbiettivo è portare l’amore di Cristo (come soggetto e come oggetto) ai giovani. Solo da ciò potrà conseguire la corretta valutazione circa la gestione della propria sessualità e non viceversa. Per troppo tempo si sono poste le due cose sullo stesso piano (se ami Gesù devi essere casto), senza tenere conto né della gradualità dei percorsi individuali, né del fatto che tra i due elementi c’è un rapporto di dipendenza. Così molti giovani si sono allontanati dalla fede, a causa di un rigorismo immotivato e per loro incomprensibile.
Alberto Farina