“Sono credente e sentivo di non potermi avvicinare ai sacramenti se non avessi pagato il mio debito con la giustizia terrena prima ancora che verso quella divina. Sono responsabile di sette omicidi. Non chiedo perdono a nessuno perché non merito il perdono di nessuno“: parole di Antonino Calderone, boss “pentito” della mafia di Catania, morto a 77 anni il 10 gennaio in una località segreta in cui risiedeva sotto falsa identità. Saluto le parole di Antonino con un bicchiere di Vino Nuovo.
Nino Calderone: “Non merito il perdono di nessuno”
12 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Si potrebbe qui discutere sul rapporto malsano dei mafiosi con la religione. Camilleri, che certo non è definibile come un baciapile, commenta i pizzini di Provenzano con quei richiami all'”Amato Gesù Cristo” e le citazioni bibliche (“Vi benedica il Signore e vi protegga!!”, oppure: “Ci aiuti il Signore a compiere opere buone”), come “superstizione”. Racconta il via libera alla confessione con preti “intelligenti” che non ritengano la mafia peccato, oltre che delitto. E questo mi interroga, come cattolico e come meridionale. Se voleste leggere altri argomenti di Provenzano in tema di religione, vi suggerisco “Voi non sapete” di Camilleri.
Calderone sta dall’altro lato. Che il dito alzato di Wojtyla e il suo tremendo: “Convertitevi: una volta verrà il giudizio di Dio!!!” abbia inciso su questa conversione? Mi piace pensarlo.
Grazie Luigi –
Tonizzo: Buon giorno!
Circa quello che scrivi, ti segnalo -se ancora non lo conosci- da MicroMega, 7/2012: “La Chiesa gerarchica e la Chiesa di Dio, pp. 159-181. – DIO, MAFIA, POTERE Un sincero e appassionato confronto tra un magistrato antimafia – Roberto Scarpinato – e mons. Domenico Mogavero. Molto interessante.
Tonizzo sono diversi i mafiosi che hanno raccontato la scossa avuta dal monito di Papa Wojtyla, udendolo magari dalla cella del carcere, ma non è il caso di Calderone la cui “conversione” risale al 1987, mentre il grido del Papa è del 1993. Per quella data Calderone ha già fatto il suo racconto a Pino Arlacchi, che esce nel 1992.
Apprendo da Tonizzo che anche Provenzano era prodigo di benedizioni. Luigi, da cultore della materia, se lo annoti.
Oppure si può leggere “Il Dio dei mafiosi” di Augusto Cavadi Edizioni San Paolo, in cui nella quarta di copertina possiamo leggere:
“Come è possibile che una società a stragrande maggioranza cattolica partorisca Cosa nostra e stidde, ’ndrangheta, camorra e Sacra corona unita?
In più, dal blog del giornalista e Teologo possiamo leggere: (parole forse un pò dure e crude per la Chiesa Cattolica, ma penso possano servire al dibattito):
Ma quali sono i tratti principali della teologia dei mafiosi?
Il loro Dio è un padrino più che un Padre; un Onnipotente senza tenerezza; un Trascendente senza immanenza; un Sovrano accessibile solo attraverso la ‘raccomandazione’ dei santi intercessori; un Giudice freddo che esige il sangue del Figlio per riparare le offese degli uomini…Questi lineamenti sono molto ‘cattolici’ ma poco ‘evangelici’: evidentemente la teologia mafiosa ha saccheggiato un patrimonio dottrinario, simbolico, morale – il patrimonio cattolico – molto distante dal messaggio originario di Gesù e dei suoi primi discepoli (come ho cercato di mostrare in un libro immediatamente precedente e in qualche modo propedeutico a Il Dio dei mafiosi: In verità ci disse altro. Oltre i fondamentalismi cristiani, Falzea, Reggio Calabria 2008) . Torna alla memoria la fulminante sentenza di Nietzsche: “C’è stato un solo cristiano ed è morto sulla croce”.
Se il quadro è, sostanzialmente, realistico, la teologia cattolica deve profondamente rivedere sé stessa: senza questa ri-fondazione culturale non sarà possibile una vera e duratura conversione della Chiesa, attualmente troppo simile a un’organizzazione dogmatica, verticistica, gerarchica, sessuofobica, maschilista…insomma a un’organizzazione mafiosa. Per questo, nella stessa quarta di copertina cui ho fatto cenno poco sopra, abbiamo sintetizzato il succo del mio saggio con una frase provocatoria, ma a scopi costruttivi e non scandalistici: “Come può la maggioranza dei mafiosi dirsi cattolica e frequentare le chiese? Qualcosa certamente non funziona: o nella loro testa o nella teologia cattolica. O in tutte e due”.
Tonizzo e Luigi Franti: leggerò “Voi non sapete” di Camilleri nella speranza che tra le false benedizioni ve ne sia almanco una buona. Se vi sarà qui la proporrò.
Tra i FATTI DI VANGELO ne ho narrato uno con il titolo Giuseppe Pidatella: Il boss in carcere che chiede la Cresima, nel quale il vescovo Erba che lo cresimò così attesta: “Prima di tornare in libertà aveva chiesto di essere benedetto”.
Grazie Mabu, volevo ricordare a Luigi e ai lettori don Frittitta, il frate carmelitano (se ben ricordo) che era confessore del boss Pietro Aglieri, se non ricordo male. Aglieri aveva un enorme muro pieno di santini.
Luigi: leggendo il libro di Camilleri credo proprio ti divertirai.
Il nostro assistente spirituale, la buonanima di don Marcello Bianchessi, celebrava la Messa per un mafioso al 41 bis in quel di Opera. Entrava, veniva perquisito, metteva i paramenti, entrava in cella, il secondino chiudeva la porta blindata dietro di lui. Poi celebrava, davanti al mafioso. Solo il rituale, una brevissima predica, niente di più. Alla fine bussava alla porta blindata della cella, si riapriva, usciva, nuovo controllo, andava via. Mi pareva giusto raccontarvelo e mandare un abbraccio a don Marcello, andato via 12 anni fa.
Qui si racconta qualclosa di mafia e Chiesa che riguarda anche latitanti e pentiti: http://www.antimafiaduemila.com/200805064660/Articoli-Arretrati/mafia-fede-e-pentimento.html
La violenza mi è insopportabile, soprattutto quella fisica, anche quella dello Stato, che accetto solo per necessità. Del pentimento di chi ha ammazzato non dico sette ma anche una sola persona me ne infischio. Se il mafioso in questione è contento di pentirsi, lo faccia pure. Fatti suoi. L’inestitenza del libero arbitrio, che continuo ad asserire, ha come conseguenza, fra le altre, la mia contrarietà alla pena di morte ma anche la più totale indifferenza rispetto alla conversione di un assassino. Salvo che l’asssassino non sia io, ovviamente.
Il cinismo espresso da Leopoldo è comprensibile per un non cristiano; per chi non crede nel Mistero della Passione e Morte di Nostro Signore.
Per chi non crede a questo non c’è motivo per accettare e sopportare il dolore e la sofferenza; la conversione di un mafioso resta un fatto privato senza conseguenze.
Per un cristiano le cose cambiano radicalmente.
La figura evangelica del Buon Ladrone sul Golgota riguarda ognuno di noi.
A tutti noi è richiesta la conversione; a tutti noi è chiesto di continuare a convertirci, a non smettere mai di farlo.
La nostra vita può essere vista nella prospettiva dell’eterno riconoscere i nostri errori poi ricominciare.
Riguardo alla violenza insopportabile, un cristiano deve sempre avere come riferimento la figura di Cristo in croce che da innocente ha sopportato ogni genere di violenza fisica e morale oltre che l’abbandono del Padre e la figura della pietà di Maria Desolata che soffre, crede e spera.
La conversione di un assassino non può lasciarci indifferenti, in quanto segno visibile di Gesù Risorto fra noi.
Leopoldo se non interessa la conversione di un assassino, che altro può interessare che avvenga in un uomo?