Antoniazzo Romano Pictor Urbis, cioè “Pittore di Roma”, è la mostra di Palazzo Barberini [visitabile fino al 2 febbraio] che ho visto oggi pomeriggio: una festa per gli occhi come bene attesta la Natività della Galleria nazionale di Arte antica che metto qui per invitare i visitatori del blog a vederla, se vivono nell’Urbe o se in essa capitano una delle prossime settimane. Nel primo commento un’idea sui “luoghi di Antoniazzo a Roma”, attraente itinerario per scovarne i dipinti sparsi in città.
Antoniazzo Romano festa degli occhi
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Sono da sempre – cioè dal liceo, che ho fatto secoli fa – un ammiratore di Antoniazzo e delle Madonne che festeggiò con i colori più vivi, meravigliato che la sua fama sia restata limitata agli ammiratori romani mentre a mio parere meriterebbe la piena ribalta rinascimentale alla pari, poniamo, con un Benozzo Gozzoli o con un Melozzo da Forlì. In occasione di questa mostra – che presenta 50 dipinti e un poco rimedia a quella mancata divulgazione – gli organizzatori hanno anche segnalato nell’ottimo catalogo i luoghi di Antoniazzo a Roma e in particolare le chiese dove si possono vedere altre sue opere – e in quelle chiese sono stati posti pannelli informativi, ho già visto quello di Santa Croce in Gerusalemme e mi propongo di andare a vedere quelli dei Santi Apostoli, del Pantheon, di San Pietro in Montorio, di Sant’Onofrio, di San Vito [che è a due passi da casa mia], nonché della Basilica di San Giovanni. Perchè il mio Antoniazzo è in tutti questi luoghi importanti e in altri ancora.
Una domanda per voi che andate alle mostre: ma come fate a guardare tanti quadri in una volta sola? A me sembra che di quadri se ne possano guardare uno, due al massimo.
Chi guarda non osserva, infatti, amico mio…
C’è differenza tra il guardare e l’osservare. Chi guarda compie quell’atto comune a tutti gli esseri viventi: registrare le realtà circostante e registrarle. Poi, alcune saranno elaborate e memorizzate altre finiranno nel domenticatoio semplicemente.
Osservare, invece, postula un processo cognitivo finalizzato a mettere in relazione ciò che vediamo con il mondo interiore. Un dato oggettivo situato in un contesto spazio-temporale ben definito.L’educazione visiva relativa ad un’opera d’arte mette in movimento una serie di elementi legati al proprio modo di “leggere” non la realtà, ciò che è visibile tout court, ma d’entrare nell’essenza e andare oltre l’apparenza. Osservare è “guardare oltre”….
Ricordo la mostra a Palazzo Venezia di qualche anno fa: rimasi per quasi due ore, o forse più, bloccata dinnanzi al San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci. Non potrei descrivere quel volto enigmatico, quel sorriso ineguagliabile quale misterioso scolvolgente effluvio emanava. Una sensazione da non lasciare spazio ad altre visioni…
E credo che la fecondità dell’osservare, e dunque di contemplare, meditare è andata via via scomparendo fino a procure sacche d’aridità inaudite.
La Contemplazione, anche in relazione alla fede, alla preghiera; quell’osservare senza essere guidati dalla mente, dai suoi fini, dalle sue mete, dai suoi bisogni, per venire semplicemente toccati, presi, commossi dal mistero cui siamo pienamente connessi , abbia lasciato il posto all’assenza di gratitudine e di compassione. Naturale deriva quando tutto è guidato da uno scopo, per cui non si ha nulla da contemplare ma tutto è da analizzare, valutare ciò che piace (attaccamento) da ciò che non piace (avversioni). La percezione di Dio, della Sua presenza, delle sue leggi … in questo eone, è tremendamente impoverita!
Qualcuno disse: “quando tornerà Maometto troverà la sua dottrina tal quale la lasciò.
Quando tornerà Gesù Cristo non troverà niente…neppure la fede. Che goduria!”