Salmo dell’esultanza e della pena

 

Ascolta, Signore, questa mia preghiera dell’esultanza e della pena, perché due sentimenti in lotta tra loro abitano oggi la mia anima e mi spingono a chiederti di tornare a manifestarti alle nostre generazioni.

Io esulto per il dono della fede che riempie la vita, ma sono in pena per lo spettacolo della morte che ai nostri giorni, più che mai, sembra trionfare sulla terra. E nulla come il trionfo della morte rende difficile a ognuno la speranza nella vita eterna.

Ascolta, Signore, la mia lode e il mio lamento. Ascolta e rispondi, ti prego, con parole e con segni a me comprensibili e che io possa comunicare, in qualche modo, anche solo con la serenità della vita, a chi – intorno a me – condivide la sofferenza della morte e l’invocazione della vita.

 

Sia lodata la fede che ci porta oltre il tempo e il mondo, che allarga i confini della vita e lo sguardo della nostra anima. Che ci permette di comunicare con i santi e con i peccatori, con coloro che sono sulla terra, con quanti sono nei cieli.

Donaci, Signore, l’audacia di intendere ciò che non comprendiamo, di sentire ciò che non vediamo, di sperare quanto ci è promesso. Rinnova per noi il dono che ebbero in altri tempi tanti nostri fratelli e sorelle nella fede, di parlare con gli angeli e di mandarli come messaggeri ai bisognosi.

Lasciaci pure inermi e sprovveduti, ad attestare un Credo di cui non siamo in nessun modo all’altezza. Ma fa che il nostro cuore arda quando ripetiamo le tue parole di vita eterna, quelle che promettono il paradiso al buon ladrone, la resurrezione di Lazzaro, il Regno ai poveri.

Aiutaci a trasmettere il sentimento che ci stordisce quando affermiamo – nel tuo nome – la resurrezione della carne e l’attesa della tua venuta. Non dovremmo provare, nella vita, gioia più grande di quella che ci viene dalla promessa del tuo ritorno.

 

Aprici gli occhi e dacci un cuore puro perché possiamo cogliere ogni segno della tua presenza e ogni atto di fede intorno a noi. I ragazzi della città mondiale che a vent’anni chiedono il battesimo non sono tuoi messaggeri?

I morenti di Aids che si convertono non sono i figli prodighi e i buoni ladroni che tu invii alla nostra epoca? Guidaci a imparare da loro l’obbedienza piena al dono della fede, che è quella di una morte cristiana, ultima attestazione della nostra fede sulla terra.

 

La tua risposta è sempre più grande della nostra domanda. Ma la nostra anima è distratta. E’ folle e usata, diceva il poeta cristiano Ungaretti.

Ripetila sillaba per sillaba la tua risposta, come si fa quando si parla una lingua straniera, in modo che la capiamo tutta. In modo che la capiamo tutti.

Come ci pesa oggi il mistero, anzi l’eccesso di mistero del tuo silenzio, che alcuni sanno intendere e altri no! Io non dubito di te, ma di me e della mia comprensione.

Ti ho inteso più volte nella vita! Ma ecco, ora vado a prendere il mio posto tra quelli che dicono di non intendere e non mi muoverò di là finchè non avremo inteso tutti la tua risposta.

 

Insegnaci l’esultanza per i doni dello Spirito alla nostra epoca, che sono nuovi e grandi come sempre. Ma non farci dimenticare la pena per la difficoltà di questa generazione a riconoscerli.

Insegnaci l’esultanza per la tua resurrezione e per le tue parole, nessuna delle quali si è perduta da allora a oggi. Ma dacci anche una piena avvertenza del fatto che gli uomini del nostro tempo spesso non hanno occhi per cogliere i segni della resurrezione, né orecchie per udire quelle parole.

Ti offriamo, Signore, l’esultanza e la pena che sperimentiamo ogni giorno. Te le offriamo come un’invocazione ininterrotta a manifestarti nuovamente all’umanità della città mondiale.

Noi uomini e donne di questa città abbiamo bisogno di te come quelli del tempo in cui fosti sulla terra. Siamo nativamente capaci di intendere le tue parole, perché fatti a tua immagine, come Adamo ed Eva. La nostra domanda di vita è – se possibile – ancora più insaziabile e destinata a restare insaziata se non udremo le tue parole di vita eterna.

 

Aiutaci a capire che non c’è avventura più nuova sulla terra – ancora oggi, all’inizio del terzo millennio dalla tua prima venuta – che non c’è impresa più grande che quella di vivere nella presenza di Dio e di portarne il segno nella storia.

Aiutaci a intendere la felice sorte che ci assegni, chiamandoci a vivere di fronte al mistero e a interrogarlo ogni giorno. A invocare il Padre con le parole che ci furono affidate dal figlio.

Ridonaci lo stupore di essere figli! Quella felicità di una scoperta che l’apostolo Giovanni così cantava nella sua prima lettera: “Guardate quale amore ci ha donato il Padre: ci chiama figli e lo siamo davvero!”

Aiutaci a comprendere la felice sorte di poter gridare, di fronte a ogni sventura: “Venga il tuo Regno!” E di poter contrastare ogni operazione del Maligno con le parole “liberaci dal male”.

 

Liberaci – almeno una volta al giorno dalla vergogna di dirci cristiani . Siamo posti come profeti disarmati nel disincanto della città mondiale, ma possediamo il tuo nome, Signore Gesù e le tue parole: che altro cercheremo per sentirci autorizzati a parlare?

Aiutaci a interpretare le tue parole, a proporle per intero agli uomini e alle donne del nostro tempo, in modo che siano da esse afferrati e convertiti.

Donaci una piena comprensione del fascino che la tua parola e la tua figura fanno sentire ogni giorno nei nostri cuori.

Aiutaci a rispondere a quel fascino, a tenerlo vivo, a trasmetterlo intorno.

 

Insegnaci la grandezza dell’uomo. Che ogni uomo è più grande della sua opera e più duraturo della sua vita. Che non vi sono esistenze banali, o persone insignificanti. Che tutti gli uomini sono tuoi figli, anche se non lo sanno e anche se ti chiamano con nomi diversi da quelli che tu ci hai rivelato.

Aiutaci a intendere che il desiderio di felicità che abita ogni uomo è un’invocazione rivolta a te. Aiutaci a vedere una ricerca di te nella domanda di vita che ci portiamo dentro e che non ci basta mai.

 

Insegnaci a scoprire il volto del povero e del giusto che vivono intorno a noi, anche quando il mondo non li riconosce o li condanna. Rendi inquieto il nostro cuore finchè non riusciamo a prendere posto accanto al povero abbandonato e al giusto perseguitato.

Guidaci a intendere il molteplice cammino degli uomini, i modi e le vie sempre diversi che li conducono a te. Rendici capaci di cogliere ogni atto di compassione di un uomo verso un altro uomo, che è il primo segno della vita giusta e il luogo della tua quotidiana rivelazione sulla terra.

Rendici felici ogni volta che vediamo un gesto d’amore tra i tuoi figli. Insegnaci la divina bellezza di ogni legame, anche il più infelice e il meno compreso, tra un uomo e una donna. Aiutaci a comprendere che non c’è impresa più grande sulla terra che quella di generare figli e figlie nella carne e nel sangue.

Lodati siano ogni uomo e ogni donna che generano figli e li nutrono e li vestono e li accompagnano all’età adulta. Aiuta l’umanità della nostra epoca a intendere questa beatitudine.

Come il Padre che è nei cieli fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, così – a sua immagine – i padri e le madri di questa terra nutrono e allietano sia i figli che seguono i loro insegnamenti, sia quelli che li dimenticano. Guidali in questa impresa che li vuole a immagine della tua misericordia.

 

Mia lode incantata alla tua bontà, o mio Signore, che sempre invia nel mondo profeti di carità, che aggiornano ai tempi della città mondiale i segni di divina compassione che – vivendo tra noi – consegnasti ai Vangeli.

Sia lodato ogni bacio dato dai tuoi figli e dalle tue figlie ai morenti di ogni malattia e di ogni violenza, ai condannati a morte, a ogni tua creatura che si avvicina spaventata al termine della vita. Sia lodata ogni carezza loro affidata quando sono già morti. Simile alle carezze con cui fosti, quel venerdì, calato dalla croce.

 

Fatti conoscere e riconoscere, Signore! Esci – ti prego – dal tuo silenzio, che ci risulta più difficile a sostenere, ogni giorno che passa. Ti prego a nome di tutti quelli che aspettano la tua parola: fatti sentire meglio e di più dalle generazioni della città mondiale.

Esse sono preparate a riconoscerti dalla sofferenza che patiscono come le generazioni di ogni tempo, alla quale si aggiunge il turbamento che viene dal sentimento della tua lontananza. Ricorda che l’umanità, tua figlia, non è in grado di sopportare l’eccesso del mistero.

La mia domanda forse non è secondo le forme, non le conosco! Ma viene dal cuore ed è fatta per conto dei più! E’ come una domanda dal basso, sulla quale vado raccogliendo le firme, per dirla con il linguaggio dei giornali, che è l’unico che conosco.  Con quel linguaggio io ti grido: vieni a prenderci e portaci con te! Amen