Francesco Canova (1908-1998) è un sognatore alla dimensione del mondo. Medico, decide di andare in paesi lontani a curare popoli privi di ospedali e coinvolge nell’impresa la fidanzata Reginetta. Parte per la Palestina nel 1935 e appena avviato un ospedale per beduini rientra in Italia, si sposa e riparte con lei. Resta per dodici anni nel Medio Oriente facendosi tutto a tutti prima nel suo ospedale e poi nei campi di concentramento nei quali viene internato durante la guerra mondiale dalle autorità del Mandato Britannico sulla Palestina. Tornato in patria si fa promotore dell’invio di medici, uomini e donne, singoli e in coppia, in tanti paesi. Infine concentra la sua opera nei paesi in via di sviluppo e, specialmente, in Africa, realizzando a Padova un Collegio per studenti di Medicina intenzionati a “partire”. Il Cuamm (Collegio universitario aspiranti e medici missionari) nasce nel 1950 ed è attivo oggi più che mai, con l’aggiunta al vecchio nome – dal 2003 – della denominazione Medici con l’Africa. Questa organizzazione non governativa ha inviato in Africa e altrove – in oltre sessant’anni di attività – più medici e operatori sanitari italiani di quanti dal nostro Paese non ne abbiano inviati Emergency e Medici senza frontiere sommati insieme quanto a durata del servizio.
Quest’uomo dalle vaste imprese è poco conosciuto. Vive novant’anni operosissimi, scrive migliaia di lettere ai medici che sono sul campo, pubblica 33 volumi e volumetti ma la sua figura mossa e trascinante ad oggi è nota solo negli ambienti della cooperazione internazionale e delle missioni: il fine di questo profilo è di presentarlo al largo pubblico. E’ stato un precursore, per l’Italia, del volontariato internazionale che si è poi affermato negli ultimi tre decenni del secolo scorso. Ma anche nella Chiesa la sua opera è stata nuova ed ha aiutato la “missione alle genti” ad aprirsi alla partecipazione dei cristiani comuni e delle coppie sposate. Di viva attualità è la sua immagine di cittadino del pianeta, partecipe di una mondialità evangelica che lo porta a guardare a ogni paese come alla sua patria.
Narrandone le opere e i giorni seguiremo l’avventura di uno studente di medicina nella Padova del 1927-1933 che fa parte della Fuci (Federazione degli universitari cattolici), ne respira l’antifascismo culturale che la caratterizza e si rifiuta di prendere la tessera del Fascio. Vedremo come gli entri dentro l’idea di andare per il mondo in soccorso degli ultimi e per quali vie arrivi ad attuarla. Francesco è un amante della bellezza della donna e un cantore dell’amore umano. Con discrezione daremo un’occhiata alle vicende del fidanzamento con Reginetta e della creativa vita di coppia che realizzano, la quale ha il momento più felice nel primo periodo palestinese (1936-1939). Un’avventura – la loro – cementata sul campo e che si prolunga vitalmente nei decenni dando luogo a una piena collaborazione nell’impresa dell’invio dei medici in “terra di missione”. Negli anni palestinesi nasce la prima figlia, Giordana, e le dànno un nome evocativo del Paese dove fu concepita. Una seconda figlia, Anna, nascerà nel 1948 dopo il rientro in Italia.
Dalla voce del Canova apprenderemo la regola di fedeltà e libertà con cui ha interpretato la propria appartenenza alla Chiesa Cattolica, che gli ha permesso di realizzare una fattiva amicizia con uomini tra loro molto diversi come Giovanni Battista Montini – il futuro Paolo VI – e Agostino Gemelli, il fondatore dell’Università Cattolica di Milano. Una libera fedeltà che gli fa da guida nella collaborazione con il vescovo di Padova – che nel 1955 riconosce il Collegio del Canova come opera della Chiesa locale – e che trova la sua piena manifestazione negli anni di Giovanni XXIII (1958-1963) e del Vaticano II (1962-1965), di cui per tanti aspetti il nostro medico solidale è stato un precursore. Francesco è uno scrittore nato. In ogni impresa intellettuale, medica e sociale che si trovi ad affrontare, si profila sempre come un uomo dotato di parola. Per decenni ha una fitta corrispondenza con i medici in missione e quelle lettere – che utilizzeremo a ogni pagina di questo volume – ci permettono di entrare nello spaccato dell’impresa alla quale ha dato vita: lo vedremo scherzare, consolare, incoraggiare e interrogare i suoi amici come se viaggiasse con loro per il mondo e di ogni paese volesse vedere – attraverso i loro occhi – miserie e risorse. Ha lasciato uno scritto autobiografico destinato alle figlie, Vita con vostra madre, a cui daremo la parola per conoscere i sentimenti che l’hanno tenuto sveglio sulla terra.
Nell’ultima fase della vita lo vedremo intensificare – specie dopo la morte della moglie, nel 1977 – l’attività di scrittore: ne vengono libretti di facile lettura, su argomenti propri di un medico e di un cristiano inteso ad affermare il primato della carità e voglioso – in particolare – di portare aiuto alle persone più semplici. Tratta per loro, con affabilità e calore, della vita di coppia e dell’età che avanza, dell’ottimismo e della simpatia, di come combattere la solitudine. La stessa opera di consolatore dei bisognosi conduce – negli ultimi due decenni – con gli anziani del quartiere padovano nel quale vive e con le tante ore di volontariato ai microfoni di Telefono Amico. Per la fiducia in Dio e negli uomini che lo caratterizza, Francesco Canova è un cristiano alla Papa Giovanni. Percorre strade somiglianti a quelle di Albert Schweitzer (1875-1965) che è medico e va in Africa a curare popolazioni prive di medici e di Madre Teresa di Calcutta (1910-1997) che organizza in India e ovunque dispensari, lebbrosari e ospizi per moribondi; di Raul Follerau (1903-1977) l’amico dei lebbrosi e del nostro Marcello Candia (1916-1983), imprenditore milanese che vende tutto e va a costruire ospedali in Brasile. Di Candia il Canova fu amico e collaboratore. Un uomo – il nostro – pienamente partecipe di quel segno ed evento epocale che fu, alla metà del secolo scorso, l’ingresso di nuove nazioni nella comunità dei popoli, e del nascente protagonismo delle comunità cristiane del terzo mondo, essendo stato per tanti anni un sollecitatore di tali eventi e poi – per altrettanti – un loro creativo accompagnatore. Giunto alla piena maturità poté affermare che tutti i sogni della sua giovinezza erano “andati a segno”.
Per un incrocio di ragioni soggettive ed epocali quest’uomo resta sostanzialmente sconosciuto sulla scena pubblica italiana: egli non ama apparire e il mondo circostante non è ancora sensibile alla mondialità che va proponendo. In più occasioni chiede di non essere citato a chi lo cerca per servizi giornalistici: “Parli dei nostri medici ma non della mia persona”. Nella rivista del Collegio che dirige dal 1953 al 1997 non veste mai i panni del protagonista. Ma va aggiunto che è stata sfavorevole al riconoscimento della sua attività la separatezza tra cultura laica e cultura cattolica che imperava in Italia negli anni della sua azione più incisiva: il ventennio che va dal 1950 al 1970. L’ha anche danneggiato la scarsa attenzione dell’Italia di quel tempo per il volontariato internazionale di cui egli è stato un attore primario. Con questo lavoro dedicato alla sua memoria vorrei mostrare che quelle circostanze del passato sono oggi superate.
Nota dell’autore. In appendice al volume alla voce “Bibliografia” sono elencati in ordine di pubblicazione i 33 volumi e volumetti di Francesco Canova, altri suoi scritti editi e inediti, pubblicazioni che parlano di lui e del Collegio da lui fondato. Nel mio testo i rimandi alle opere consultate sono posti tra parentesi con l’indicazione “Bibliografia” seguita dal numero progressivo con cui quelle opere figurano in essa.