“Andreotti suggerisce che Moro convinca Fanfani per la presidenza”, cioè l’induca a lasciare la segreteria della Dc e a diventarne presidente: è un appunto dell’agenda di Enrico Bartoletti, segretario Cei, in data 13 luglio 1975 [è a pagina 327 del secondo volume degli inediti bartolettiani pubblicato ora dalla EDB con il titolo “Carte romane”]. I democristiani andavano dai preti non a confessare i peccati del giorno prima ma a benedire quelli del giorno dopo.
Andreotti suggerisce che Moro convinca Fanfani
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E’ il mio “spillo” di questa settimana, pubblicato a pagina 7 della “Lettura” del Corsera che sarà in edicola fino a sabato.
Per sapere che siano gli spilli, vedi il post del 9 luglio 2017:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/accusa-er-papa-a-santuffizio/
Per una mia recensione del volume di inediti di Enrico Bartoletti citato nel post, vedi qui:
http://www.ilregno.it/attualita/2018/20/enrico-bartoletti-il-primato-del-vangelo-luigi-accattoli
Un po’ cattiva nei confronti di Andreotti che non ho mai amato ma che e’ Stato forse troppo attaccato in vita, oggi se ne recupera la figura..
Leone bentornato da queste parti. La battuta è cattiva, lo riconosco. Andreotti è più dell’immagine vulgata che ho punto con lo spillo. Ma ammetterai che la tentazione era forte: Andreotti che va dal segretario della Cei a suggerirgli di chiedere a Moro di convincere Fanfani a rinunciare alla segreteria della Dc… Seguimi un attimo… Andreotti vede tutte le facce della situazione in cui si trova la Dc e ritiene urgente uno spostamento consensuale di Fanfani dalla segreteria alla presidenza… Ma vede anche che se va lui – Andreotti – da Moro con quel suggerimento, l’acuto interlocutore vi vedrebbe più malizia che senso di responsabilità e di sicuro rifiuterebbe, mentre se il suggerimento arrivasse a Moro dalla Cei, Moro vi vedrebbe soprattutto la responsabilità e forse eseguirebbe… Avendoli io conosciuti tutti di persona, questi tali, tranne Fanfani; ed essendo stato a colloquio con Bartoletti nella stessa stanza dove sei mesi prima Andreotti aveva formulato quel saponato consiglio… da tali menomi accadimenti umorali tutti miei è nato lo spillo…
Ciao Luigi, ne sai molto più tu di me, na Andreotti andava a messa e faceva la comunione tutti i giorni e a sentire diversi preti e prelati avevo una forte fede, mi sono domandato più volte ma tutte le accuse contro di lui, veritiere o persecuzioni ? Sinceramente preferirei il secondo caso per lui…
Al momento della morte qui nel blog gli mandai questo saluto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/saluto-con-affetto-andreotti-che-se-ne-va/
Ora non posso ma forse più tardi dirò altro. Hai ragione a interrogarti: Andreotti non era un uomo a una dimensione. Occorre del lavoro per capirlo almeno in parte.
Rieccomi. Conviene partire dal giudizio sulla forza d’animo di Andreotti dato ultimamente da Benedetto XVI in un testo scritto per il libro “Oltretevere” (Edizioni Piemme) di Alessandro Acciavatti: L’ho incontrato solo di rado, in verità, tuttavia mi spediva regolarmente a casa piccoli biglietti nei quali era spesso contenuta una frase che mi rimaneva impressa, e per Natale mi faceva sempre regali particolarmente ricercati. Di lui ho ammirato due cose. La ricchezza di humor con cui sapeva alleggerire lo scenario politico, e soprattutto la forza d’animo di cui diede prova nei lunghi anni in cui, nel processo sulla sua presunta appartenenza alla mafia, subì oltraggi pubblici mostruosi e fu profondamente ferito nel suo onore e nella sua dignità. Solo un uomo di grande forza interiore poteva superare quegli anni senza cadere nell’amarezza ed essere distrutto dentro.
Altro testo recente, utile a intuire Andreotti oltre il totem massmediale, è il volume di Leonardo Sapienza e Roberto Rotondo, con introduzione di Gianni Letta, intitolato I miei santi in paradiso. L’amicizia di Giulio Andreotti con le figure più note del Cattolicesimo del Novecento (Libreria Editrice Vaticana 2018). Stanno uscendo vari volumi su Andreotti, in questo centesimo anno dalla nascita.
Oggi sul sito di Avvenire:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/caselli-irriducibilita-su-andreotti-parla-il-processo-e-molto-altro
Alla presentazione del volume citato al commento precedente, avvenuta ieri a Palazzo Giustiniani, il padre Sapienza ha informato dell’esistenza di tre lettere che Andreotti scrisse ai familiari con la volontà che fossero aperte dopo la morte. Così è stato, mai finora questi documenti sono stati divulgati: «Forse lo faremo», ha detto la figlia Serena, consegnando simbolicamente a Bassetti un libretto che raccoglie tutti gli scritti in questione edito solo per l’uso di familiari e amici. Padre Sapienza ne ha offerto qualche stralcio, in particolare la lettera in cui Andreotti, giunto agli ultimi giorni, lasciava ai familiari quasi un testamento: «Nella mia azione politica qualche sgambetto l’ho fatto e ho nutrito ambizioni», scriveva lo statista, «spero di non lasciare dietro di me rancori o equivoci». In particolare uno Andreotti ha voluto chiarirlo: «Desidero dichiarare davanti a Dio che nulla ho mai avuto a che fare con la mafia o con l’omicidio Pecorelli». «Ora che sto per partire desidero andarmene dicendovi che non ho avuto niente a che fare con la mafia se non per combatterla con leggi e atti pubblici». «Questi anni di sofferenze e calunnie – scriveva ancora – servono a bilanciare un corso di vita tutto favorevole, sarebbe ingiusto avere lo stesso premio eterno dei poveri che affollano le chiese e chiedono aiuto che non sempre possiamo dare loro». «Per me in fondo vale il tribunale di Dio al quale dovrò rispondere di tante cose ma non di questi due carichi penali», aggiungeva. «Questa lunga quaresima ha fatto bene al mio spirito. Troppo onore e tappeti rossi… Non arrivo a ringraziare chi mi ha teso la trappola ma sono sereno e non porto rancore nei confronti di chi muove questa macchina calunniosa». In aggiunta un post scriptum in cui chiedeva di aiutare un povero che si avvicinava sempre al suo portone per l’elemosina: «Lo chiamiamo “il vecchietto”, per favore aiutatelo».
https://www.lastampa.it/2019/01/17/vaticaninsider/quelle-lettere-di-andreotti-prima-di-morire-mai-avuto-a-che-fare-con-la-mafia-e-lomicidio-pecorelli-rLZyBCEl9iNgX6l9erEONO/pagina.html
Nel volume I miei santi in Paradiso vengono ricostruiti, attraverso lettere e note di diario, articoli e interviste, i rapporti che Andreotti ebbe con i Papi Pacelli, Roncalli, Montini, Wojtyla, con Madre Teresa, don Gnocchi, La Pira, don Mazzolari, don Canovai, don Zeno Saltini, Escrivà de Balaguer, Pio da Pietrelcina, Alvaro del Portillo: cioè con 13 personaggi di riconosciuta santità, nel senso che oggi sono o santi, o beati, o venerabili.
In più occasioni sono stato presentatore di libri insieme ad Andreotti. Ne ricordo una alla Lateranense nella quale presentavamo – il 24 novembre 2003 – il volume del padre Sapienza intitolato Paolo VI maestro della Parola (Corbo editore). Ci fu tra noi conversazione in un salottino, in attesa della giusta ora e ci scambiammo – da fucini – la consuetudine che avevamo avuto, per lui lunga e per me breve, con Papa Montini. Un’eco di quella conversazione avvertii nel ricordo della presentazione che Andreotti scrisse poco dopo per la rivista “Trentagiorni” (12/2003) di cui era direttore: “Si può leggere tutta la vita di Papa Montini secondo lo schema su cui aveva impostato il modello di formazione degli universitari cattolici: lettura del Vangelo, recita delle Ore, attenzione rigorosa alla formazione professionale e pari attenzione al contatto sociale con i poveri, sul modello delle Conferenze di San Vincenzo. Ma nella Fuci soprattutto vigeva il primato dell’amicizia, a cominciare da un rapporto splendido con gli assistenti ecclesiastici. Nella tragedia di Aldo Moro emerse questa solidarietà profonda del nostro vecchio Maestro”.
Leone perdonami, non ho tempo di andare oltre. Ma tu vieni qui più spesso. Vedi quanto mondo.
Penso che Giulio Andreotti sia stato cosi’ cattolico da essere la “ quintessenza” del cattolico. Molto piu’ di tanti preti e vescovi egli era talmente impregnato di quello che possiamo chiamare lo “ spirito clericale” da essere molto piu’ clericale di tanti preti.
Se si potesse dare un cardinalato honoris causa come si da’ la Laurea Honoris causa questo doveva certamente essere dato ad Andreotti . Vissuto sempre fin da bambino all’ ombra dei papi e di San Pietro, Andreotti incarna al massimo grado quello che si dice : cattolico apostolico romano”
Lui scrisse un libro, molto arguto, dal titolo “ Ad ogni morte di papa” , in cui si divertiva con il consueto humor ( mai irriverente) a scandire la propria vita di individuo con le morti dei papi. Nessun altro avrebbe potuto scrivere questo libro, perche’ nessuno di noi ha mai pensato di scandire la propria vita in capitoli “ ad ogni morte di papa”.
Ma Andreotti era proprio sincero e tutto quelli che lo accusano di ipocri sia o doppiezza sbagliano: era un cattolico ultrasincero, ultramontanista, dalla vita scandita dalle morti dei papi, che conebbe tutti personalmente . Solo il primo, Benedetto XV , che morì quando lui aveva 3 anni non lo pote’ conoscere, Appunto conobbe tut ti i papi, tutti i Santi del suo tempo, come dice Accattoli, fu ricevuto , benedetto, infinite volte da santi, pontefici eccc.
Insomma Andreotti era il cattolico romano perfetto, con anche quella sua intelligenza ed umorismo di stampo clericale .
Altri tempi, altri stili di vita da quelli di oggi. Credo che il cinico Andreotti di fronte alla “ Chiesa in uscita” di Papa Francesco, avrebbe si’ ossequosamte aderito ai desideri del Supremo Pontefice,senza critiche, ma avrebbe pensato fra se’ e se’ : La libera uscita un tempo la si dava ai militari di leva non ai cardinali.
Maria Cristina buon sabato. La “Chiesa in uscita” di Papa Francesco non vuol dire “in libera uscita” ma “in uscita missionaria”. Secondo il mandato di Gesù: andate a tutti i popoli (Matteo 28) e siate miei testimoni fino ai confini della terra (Atti 1).