Ricorderete che in un commento al post del 24 marzo sulla lavanda dei piedi chiedevo aiuto per interpretare un brano di Ambrogio di Milano sul battesimo, curioso di capire se lavasse i piedi anche alle donne appena battezzate: un cultore del patrono di Milano mi ha segnalato un testo nel quale Ambrogio afferma che il rito dell’effatà lo compie toccando con le dita la bocca degli uomini e le narici delle donne. Mi è piaciuta la distinzione – come m’attira ogni stacco di maschile e femminile – e ve la propongo nei commenti.
Ambrogio e le donne: dalla bocca al naso
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Siamo nel “De Sacramentis”. 1,1 Mi accingo ora a parlarvi dei sacramenti, che avete ricevuto… 1,2 Che cosa dunque abbiamo fatto sabato? L’apertio. Questi misteri dell’apertio sono stati celebrati quando il sommo sacerdote [= il vescovo] ti ha toccato le orecchie e le labbra [e alle donne le narici invece delle labbra]. Che cosa significa? …[spiegazione: svolgiamo questi misteri perché Gesù guarendo il sordomuto ha detto effethà, cioè apriti]. Per questo il sommo sacerdote ti ha toccato le orecchie, perché gli orecchi tuoi si aprissero al discorso e alla parola del sommo sacerdote [e la bocca perché apprendesse a pronunciare le parole rivelate]. 1,3 Ma tu mi dici: Perché le narici? … Affinché tu aspiri il profumo della pietà celeste…
Bocca e naso. Nel brano del “De Sacramentis” che ho riportato per spunti, a un certo punto è detto che nel rito dell’apertio [dell’effethà] il vescovo tocca con le dita le labbra degli uomini e le narici delle donne: Ambrogio ritiene indecoroso toccare la bocca di una donna adulta e sposta la mano sul naso. Trovo pieno di significato questo spostamento.
Alle diaconesse. Dunque non ho ancora una chiarificazione sulla lavanda dei piedi alle donne. Il mio primo azzardo era: se nella veglia del Sabato Santo lavava i piedi a tutti i battezzati, li doveva lavare anche alle donne. Il mio secondo azzardo ora suona così: se evitava per pudore di toccare le labbra delle donne nel rito dell’apriti, è probabile che evitasse di toccare i piedi nella lavanda; forse limitava la lavanda dei piedi delle donne al versare l’acqua, lasciando il compito di asciugarli alle diaconesse che già l’avevano assistito nell’accompagnare le donne al fonte e nell’immergere il loro capo nell’acqua.
Aiutate la ricerca. Chiedo a chi sa di più perché mi soccorra.
Segnalo una nuova edizione degli INNI di Ambrogio appena uscita, col testo latino e la traduzione di A. Cordeschi per le Edizioni Italia Francescana.
Negli Inni di Sant’ Ambrogio, c’è una parola chiave , la parola “pudor” (pudore) , che riecheggia tante volte . Il “pudor” è valore spirituale e insieme fisico per Ambrogio.
Nell’Inno II. IN AURORA dice
Laetus dies hic tanseat
Pudor sit ut diluculum
Fides velut meridies
crepusculum mens nesciat.
Nell’Inno III: Ad horam tertiam:
praetenta nuptae faedera
alto docens mysterio
ne virginis partus sacer
matris pudorem laederet
Nell’Inno V. In natale Domini
Alvus tumescit virginis
claustrum pudoris permanet.
e si possono fare tanti altri esempi.
Se “pudor”, pudore è valore spirituale e anche fisico per Ambrogio, credo che l’ipotesi che potesse lavare i piedi a delle donne sia assolutamente fuori di luogo, assolutamente antistorica poichè il pudore a quei tempi era un ritegno fisico molto forte, qualcosa che noi abbiamo completamente rimosso, dimenticato, e anche quando lo sentiamo come un impulso dentro di noi lo neghiamo e rimuoviamo.Solo alcune ragazzine hanno ancora intatto il senso del “pudore” tanto che non vogliono lasciarsi toccare neppure dal medico anche se donna ne’ tantomeno spogliare.
il “pudor “delle giovinette è credo lo stesso “pudor” di cui parla il grande Ambrogio nei suoi inni.
c’è fra l’altro un INNO attribuito a Sant’Ambrogio in cui c’è una poeticissima e quasi “preraffaellita” immagine di vergini giovinette che in un giardino di gigli corrono festanti dietro Gesù cantando dolci canzoni:
Hymnus Virginitatis
Iesu, corona virginum
quem matre illa concipit
quae sola virgo parturit
haec vota clemens accipe
qui pascis inter lilia
saeptus choreis virginum
sponsus decorus gloria
sponsisque reddens praemia
quocumque pergis virgines
sequuntur atque laudibus
post te canentes cursitant
hymnosque dulces personant ( dovunque vai le vergini/tiseguono e con lodi/ a te di dietro corrono/e dolci inni innalzano)
in un altro Inno dedicato al martirio di sant’Agnese troviamo i bellissimo versi:.
In morte vivebat pudor
vultumque texerat manu
terram genu flexo petit
lapsu verecundo cadens.
(Nella morte restò vivo il pudore/la mano sopra il volto/piegò il ginocchio a terra/cadendo con atto verecondo)
Post te canentes cursitant: “cursitant” fa pensare a corsettine brevipasso di ragazze in tubino lungo…