All’ora nona Gesù dando un forte – misteriosissimo – grido spirò
La Crocifissione bianca di Marc Chagall – 1938 – per introdurre la lectio di Pizza e Vangelo sulla narrazione della morte di Gesù che è nel capitolo 15 del Vangelo di Marco. Nei commenti è riportata per intero la scheda di preparazione della lectio, nella quale si ricorre all’aiuto di grandi maestri della lettura dei Vangeli, come Carlo Maria Martini e Rudolf Schnackenburg. Per raccordare la nostra lettura con gli umanesimi contemporanei, durante il collegamento via Zoom di domani sera condivideremo le immagini della Crocifissione Bianca di Chagall e del Cristo di San Giovanni della Croce di Salvador Dalì e su di esse ascolteremo qualche parola di commento della docente di arte Feliciana Menghini abituale partecipante alle nostre serate
7 Comments
Luigi Accattoli
Una morte nel segno del dramma. La morte di Gesù raccontata da Marco e Matteo è tutta nel segno del dramma: sotto la croce non c’è nessuna presenza amica, la sua ultima parola è quella gridata al Padre “perché mi hai abbandonato”, l’ultimo segno di vita è un grido senza parole. Un rantolo, un respiro soffocato. Oppure un grido liberatorio. Chissà.
In Luca ci saranno le parole di affidamento al Padre e la conversione di uno dei ladroni. In Giovanni ci saranno Maria e il “discepolo che egli amava” e ci saranno le parole “tutto è compiuto”. Ma noi proveremo a tenerci ai soli Marco e Matteo. Ci interrogheremo sull’estrema desolazione delle ultime ore di Gesù, così bene rispondente alla nostra comune esperienza del morire.
Proveremo a prendere sul serio, fino in fondo, il grido al Padre. E’ un grido terribile e possiamo dire che non è un grido disperato solo perché comunque è rivolto al Padre.
Il buio su tutta la terra e il Velo del Tempio che si squarcia da cima a fondo: sono segni nel cosmo e nella città con i quali le prime comunità cristiane provano a dire l’indicibile della morte del loro Signore. Possiamo guardare al loro significato senza lasciarci irretire dalla domanda sulla rispondenza ad avvenimenti reali.
Le parole del centurione meritano maggiore attenzione: “Presso la croce ha inizio la Chiesa dei pagani: il centurione romano riconosce, capisce che Gesù è il Figlio di Dio” (Joseph Ratzinger, Via Crucis papale del 2995).
16 Marzo, 2025 - 19:53
Luigi Accattoli
Marco 15, 33-39. Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: ” Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”
16 Marzo, 2025 - 19:55
Luigi Accattoli
Quel grido della morte. v. 33: Quando fu mezzogiorno: letteralmente: “quando arrivò l’ora sesta”.
v. 33b: si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. “In quel giorno – oracolo del Signore Dio – farò tramontare il sole a mezzogiorno e oscurerò la terra in pieno giorno”: così il profeta Amos (8, 9). Il buio in pieno giorno è un’immagine abituale nel linguaggio apocalittico. La sua menzione nei racconti evangelici della passione sta a indicare la partecipazione del cosmo alla morte del Nazareno.
34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: ” Eloì, Eloì, lemà sabactàni?” Il grido è riportato in lingua aramaica e questo ci dice che la memoria di quelle parole proveniva dalla comunità giudeo-cristiana nella quale si parlava appunto l’aramaico. Altre parole aramaiche in Marco: Talita Kum (5, 41); Effatà (7, 34); Rabbunì (10, 51); Abbà (14, 36).
34b: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? “La domanda di Gesù è la domanda radicale e decisiva dell’uomo: condividendola, il Figlio di Dio ha mostrato tutta la sua solidarietà con l’uomo” (Bruno Maggioni).
35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!” Udendo le parole aramaiche “Eloi, Eloi” (Dio mio, Dio mio) alcuni credono di capire che il Nazareno abbia chiamato Elia: gli studiosi ritengono che l’attestazione di questo equivoco stia a provare l’autenticità di tale memoria.
36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. Secondo la maggioranza degli interpreti si tratta di un aceto allungato con acqua: una bevanda dissetante, chiamata “posca”, che i soldati romani portavano con sé. Si tratterebbe di un gesto di compassione e non di tortura.
37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Questo secondo grido ad alta voce, un grido privo di parole, è ancora più misterioso del primo: invita a una nostra ricezione anch’essa senza parole. “Nel grande grido della morte, dice a noi tutto ciò che non è più possibile dire in parole umane” (Hans Urs Von Balthasar, Via crucis papale del 1988).
38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Gli studiosi discutono se si tratti del velo esterno, visibile ai visitatori del Tempio, o del velo interno, che separava il Santuario dal Santo dei Santi. Simbolicamente la lacerazione sta a indicare la fine del culto secondo l’Antico Patto.
39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo. “Avendolo visto spirare in quel modo”: secondo gli studiosi i condannati alla crocifissione morivano per dissanguamento o per asfissia e dunque era insolito, sorprendente, che questo crocifisso proveniente da Nazaret fosse morto “dando un forte grido”.
v. 39b: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio. “A comprendere è stato uno sconosciuto soldato pagano, non un giudeo e nemmeno un discepolo” (Bruno Maggioni).
16 Marzo, 2025 - 19:56
Luigi Accattoli
Martini sulla morte imprevedibile e drammatica di Gesù. Noi siamo chiamati a conoscere Dio come Cristo ce l’ha fatto conoscere. E poiché la luce di Dio si è rivelata nell’oscurità delle ore della croce, così anche noi siamo chiamati alla conoscenza di un Dio diverso da quello che pensiamo. Perché Dio si fa conoscere nella croce? Non poteva Gesù scendere dal legno e salvarci in maniera più facile? Avrebbe dunque preso davvero sul serio l’abisso di malignità dell’uomo e del mondo? Di nuovo, siamo spinti a cercare di capire il suo paradossale modo di morire. La morte di Gesù non è gloriosa, non è straordinaria. Ci sono per grazia di Dio delle morti illuminate, morti di persone presso le quali si respira qualche cosa della serenità, della pace di Dio. Ma la morte di Gesù non è stata così. Dopo le sue ultime parole si verifica il malinteso: credono che chiami Elia e gli danno una spugna con aceto. C’è confusione, ma nessuno spettacolo di grandezza, non gente ammirata e che prega; tutto si svolge tra il serio e il ridicolo, in mezzo a persone abituate a veder morire i condannati. E Gesù di nuovo grida ad alta voce, un grido privo di parole, misteriosissimo. La morte di Gesù è drammatica […]. Essa, nel racconto di Marco e Matteo, rappresenta la sua partecipazione a tante morti senza grandezza, proprie della maggior parte degli uomini e delle donne della terra […]. La morte di Gesù partecipa della imprevedibilità dell’esperienza umana della morte. Non c’è che da adorare il mistero del Signore che si è assimilato con ciascuno di noi.
Carlo Maria Martini, I racconti della Passione. Meditazioni, Morcelliana 1994, pp. 62-64
16 Marzo, 2025 - 19:57
Luigi Accattoli
Schnackenburg sul centurione che lo riconosce figlio di Dio. Il modo insolito con cui era avvenuto il trapasso di Gesù – probabilmente Marco si riferisce al suo grido altissimo – colpì profondamente l’ufficiale pagano che si trovava in faccia al crocifisso ed egli tradusse l’impressione avuta in termini che, nell’atteggiamento del suo spirito, probabilmente non affermano se non che, per lui, Gesú era un uomo straordinario, ‘divino’ (Luca: ‘Era un giusto’, cioè un innocente). Ma la comunità cristiana, nella sua visione delle cose, dall’esclamazione del centurione trasse una professione di fede nella figliolanza divina di Gesú. Per Marco si tratta del titolo supremo, proporzionato unicamente alla dignità di Gesú (cf. 1, 11; 9, 7; 12, 6) e che mai prima d’allora un uomo gli aveva attribuito (l’interrogatorio del sommo sacerdote riguardava soltanto questo). Per tal motivo, una simile proclamazione del centurione pagano costituisce un momento culminante, l’annuncio della grande svolta in quest’ora della morte di Gesú, un preludio alla piena professione di fede da parte della comunità cristiana, la quale aveva già sperimentato la risurrezione di Gesú. Nella sua morte si rivela il mistero della sua persona: egli è il Figlio di Dio.
Rudolf Schnackenburg, Vangelo secondo Marco, vol. 2°, p. 310s.
16 Marzo, 2025 - 19:58
Luigi Accattoli
Una pizza che dura da 22 anni – Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 22 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
16 Marzo, 2025 - 20:02
Luigi Accattoli
Lettori della Bibbia. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da più di vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, metta qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 17 marzo. L’appuntamento precedente fu lunedì 3 marzo e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 6 marzo:
Una morte nel segno del dramma. La morte di Gesù raccontata da Marco e Matteo è tutta nel segno del dramma: sotto la croce non c’è nessuna presenza amica, la sua ultima parola è quella gridata al Padre “perché mi hai abbandonato”, l’ultimo segno di vita è un grido senza parole. Un rantolo, un respiro soffocato. Oppure un grido liberatorio. Chissà.
In Luca ci saranno le parole di affidamento al Padre e la conversione di uno dei ladroni. In Giovanni ci saranno Maria e il “discepolo che egli amava” e ci saranno le parole “tutto è compiuto”. Ma noi proveremo a tenerci ai soli Marco e Matteo. Ci interrogheremo sull’estrema desolazione delle ultime ore di Gesù, così bene rispondente alla nostra comune esperienza del morire.
Proveremo a prendere sul serio, fino in fondo, il grido al Padre. E’ un grido terribile e possiamo dire che non è un grido disperato solo perché comunque è rivolto al Padre.
Il buio su tutta la terra e il Velo del Tempio che si squarcia da cima a fondo: sono segni nel cosmo e nella città con i quali le prime comunità cristiane provano a dire l’indicibile della morte del loro Signore. Possiamo guardare al loro significato senza lasciarci irretire dalla domanda sulla rispondenza ad avvenimenti reali.
Le parole del centurione meritano maggiore attenzione: “Presso la croce ha inizio la Chiesa dei pagani: il centurione romano riconosce, capisce che Gesù è il Figlio di Dio” (Joseph Ratzinger, Via Crucis papale del 2995).
Marco 15, 33-39. Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: ” Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”
Quel grido della morte. v. 33: Quando fu mezzogiorno: letteralmente: “quando arrivò l’ora sesta”.
v. 33b: si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. “In quel giorno – oracolo del Signore Dio – farò tramontare il sole a mezzogiorno e oscurerò la terra in pieno giorno”: così il profeta Amos (8, 9). Il buio in pieno giorno è un’immagine abituale nel linguaggio apocalittico. La sua menzione nei racconti evangelici della passione sta a indicare la partecipazione del cosmo alla morte del Nazareno.
34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: ” Eloì, Eloì, lemà sabactàni?” Il grido è riportato in lingua aramaica e questo ci dice che la memoria di quelle parole proveniva dalla comunità giudeo-cristiana nella quale si parlava appunto l’aramaico. Altre parole aramaiche in Marco: Talita Kum (5, 41); Effatà (7, 34); Rabbunì (10, 51); Abbà (14, 36).
34b: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? “La domanda di Gesù è la domanda radicale e decisiva dell’uomo: condividendola, il Figlio di Dio ha mostrato tutta la sua solidarietà con l’uomo” (Bruno Maggioni).
35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!” Udendo le parole aramaiche “Eloi, Eloi” (Dio mio, Dio mio) alcuni credono di capire che il Nazareno abbia chiamato Elia: gli studiosi ritengono che l’attestazione di questo equivoco stia a provare l’autenticità di tale memoria.
36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. Secondo la maggioranza degli interpreti si tratta di un aceto allungato con acqua: una bevanda dissetante, chiamata “posca”, che i soldati romani portavano con sé. Si tratterebbe di un gesto di compassione e non di tortura.
37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Questo secondo grido ad alta voce, un grido privo di parole, è ancora più misterioso del primo: invita a una nostra ricezione anch’essa senza parole. “Nel grande grido della morte, dice a noi tutto ciò che non è più possibile dire in parole umane” (Hans Urs Von Balthasar, Via crucis papale del 1988).
38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Gli studiosi discutono se si tratti del velo esterno, visibile ai visitatori del Tempio, o del velo interno, che separava il Santuario dal Santo dei Santi. Simbolicamente la lacerazione sta a indicare la fine del culto secondo l’Antico Patto.
39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo. “Avendolo visto spirare in quel modo”: secondo gli studiosi i condannati alla crocifissione morivano per dissanguamento o per asfissia e dunque era insolito, sorprendente, che questo crocifisso proveniente da Nazaret fosse morto “dando un forte grido”.
v. 39b: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio. “A comprendere è stato uno sconosciuto soldato pagano, non un giudeo e nemmeno un discepolo” (Bruno Maggioni).
Martini sulla morte imprevedibile e drammatica di Gesù. Noi siamo chiamati a conoscere Dio come Cristo ce l’ha fatto conoscere. E poiché la luce di Dio si è rivelata nell’oscurità delle ore della croce, così anche noi siamo chiamati alla conoscenza di un Dio diverso da quello che pensiamo. Perché Dio si fa conoscere nella croce? Non poteva Gesù scendere dal legno e salvarci in maniera più facile? Avrebbe dunque preso davvero sul serio l’abisso di malignità dell’uomo e del mondo? Di nuovo, siamo spinti a cercare di capire il suo paradossale modo di morire. La morte di Gesù non è gloriosa, non è straordinaria. Ci sono per grazia di Dio delle morti illuminate, morti di persone presso le quali si respira qualche cosa della serenità, della pace di Dio. Ma la morte di Gesù non è stata così. Dopo le sue ultime parole si verifica il malinteso: credono che chiami Elia e gli danno una spugna con aceto. C’è confusione, ma nessuno spettacolo di grandezza, non gente ammirata e che prega; tutto si svolge tra il serio e il ridicolo, in mezzo a persone abituate a veder morire i condannati. E Gesù di nuovo grida ad alta voce, un grido privo di parole, misteriosissimo. La morte di Gesù è drammatica […]. Essa, nel racconto di Marco e Matteo, rappresenta la sua partecipazione a tante morti senza grandezza, proprie della maggior parte degli uomini e delle donne della terra […]. La morte di Gesù partecipa della imprevedibilità dell’esperienza umana della morte. Non c’è che da adorare il mistero del Signore che si è assimilato con ciascuno di noi.
Carlo Maria Martini, I racconti della Passione. Meditazioni, Morcelliana 1994, pp. 62-64
Schnackenburg sul centurione che lo riconosce figlio di Dio. Il modo insolito con cui era avvenuto il trapasso di Gesù – probabilmente Marco si riferisce al suo grido altissimo – colpì profondamente l’ufficiale pagano che si trovava in faccia al crocifisso ed egli tradusse l’impressione avuta in termini che, nell’atteggiamento del suo spirito, probabilmente non affermano se non che, per lui, Gesú era un uomo straordinario, ‘divino’ (Luca: ‘Era un giusto’, cioè un innocente). Ma la comunità cristiana, nella sua visione delle cose, dall’esclamazione del centurione trasse una professione di fede nella figliolanza divina di Gesú. Per Marco si tratta del titolo supremo, proporzionato unicamente alla dignità di Gesú (cf. 1, 11; 9, 7; 12, 6) e che mai prima d’allora un uomo gli aveva attribuito (l’interrogatorio del sommo sacerdote riguardava soltanto questo). Per tal motivo, una simile proclamazione del centurione pagano costituisce un momento culminante, l’annuncio della grande svolta in quest’ora della morte di Gesú, un preludio alla piena professione di fede da parte della comunità cristiana, la quale aveva già sperimentato la risurrezione di Gesú. Nella sua morte si rivela il mistero della sua persona: egli è il Figlio di Dio.
Rudolf Schnackenburg, Vangelo secondo Marco, vol. 2°, p. 310s.
Una pizza che dura da 22 anni – Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 22 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
Lettori della Bibbia. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da più di vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, metta qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 17 marzo. L’appuntamento precedente fu lunedì 3 marzo e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 6 marzo:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/lo-scherno-verso-il-cristo-crocifisso-e-quello-verso-quelli-che-credono-in-lui/