Vivo nel rione Monti di Roma e ho una passioncella per le guide del rione. In una ho trovato la notizia che nel trivio dov’è ora piazza della Suburra (fermata Cavour della Metro B) “sopravvisse fino all’inizio del Novecento un’osteria sulla cui insegna dipinta si leggeva: “Abemus in cena pullum piscem pernam paonem”. Nei commenti la traduzione della scritta, la fonte, le illazioni e le fissazioni del vecchio elefante, che sono io. Occhio alla proboscide.
Abemus in cena pullum piscem pernam paonem
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Fonte. Renato Finizzola e Ornella Sessa, Il Rione Monti, Newton & Compton, Roma 1997, p. 38.
Traduzione. “Abbiamo per cena pollo, pesce, prosciutto, pavone”. Ma attenzione: cena, o coena, per i romani antichi non era il “pasto serale”, ma il pranzo principale della giornata. Ancora oggi i romani in età – e anche nelle Marche da dove vengo io – “cena” ha un rinvio a qualcosa di più di ciò che si mangia verso le 19.30. “Abbiamo fatto una cenetta” sta a dire: ci siamo visti a tavola. L’ora è secondaria, per primo viene il piatto. Un solo piatto, ma abbondante. “Perna” è sia prosciutto sia mollusco. Qui vicino c’è via Panisperna che vuol dire – parrebbe – “pane e prosciutto”.
Illazione. Prima di ritrovarla nella guida citata al commento precedente, quella scritta l’avevo incontrata ai Musei Capitolini, su una tabula lusoria (tavoletta di gioco da tavola) ritrovata al Castro Pretorio. Dunque quella scritta era su un’osteria di questo rione, ma – illaziono – non perchè l’osteria fosse così antica, ma perchè il titolare l’aveva presa da quel ritrovamento della tavoletta. Che darei per mangiare una cenetta in quell’osteria. Ovvero Hostaria, come ancora si vede scritto nelle vecchie bettole romane.
Fissazione. La fissazione mia per le vecchie scritte murali ha avuto ultimamente un soprassalto in via della Madonna dei Monti, e anche questa scorre qui intorno, dove al civico 91, come direbbe un appuntato dei carabinieri, ho letto sul muro di facciata sotto le finestre del primo piano: “Lavoro capelli barbe e parrucche per città e per teatro”. Ed è una scritta mezzo cancellata. Ho impiegato quattro passeggiate per decifrarla. Non l’ho fotografata per non deprimere i visitatori. Ma si possono lasciar cancellare dalla pioggia simili patrimoni?
No! Decisamente. Non si possono lasciar cancellare dalla pioggia simili cimeli.
Anche qui, dove sto io, via Tiburtina, essendo una via consolare già dal terzo secolo, circa, avanti Cristo è punteggiata di epigrafi straordinarie. Alcune ben tenute, altre appena percepibili, larvate. Testimonianze importanti, affascinanti, echi di un passato glorioso che ci appartiene, e vedere come tutto viene spazzato via dall’incuria, fa male. Da Ponte Mammolo in giù, oltre la Villa di Adriano (Tivoli) traccie e iscrizioni disseminate ovunque. Ultimamente, a qualche kilometro da me, direzione raccordo, in zona Tor Cervara un eccezionale ritrovamento mi appassionò tantissimo, per quanto gli addetti ai lavori -sopraggiunta la sovrintendenza- non mi fecero accostare di un millimetro neppure sfoderando il migliore sorriso, niente! Dicevo, a seguito dei lavori del manto stradale ( stendiamo un pietoso velo: non trovano requie, fermi da almeno 10 anni) furono riesumati 5 sarcofagi di età imperiale II-III sec appartenenti ad una intera famiglia patrizia. Perfettamente integri,perfino nei colori, con ancora i sigilli di piombo. Una cosa rarissima.
Visitatore che non commenta segnala questi link che hanno a che fare con “pullum piscem pernam oaonem” accompagnandoli con il motto “Buon appetito e buon divertimento”:
http://www.pubblicitaitalia.com/eurocarni/2005/11/6326.html
http://derecoquinaria-sagunt.blogspot.it/2009/11/tabula-lusoria-cibus-diei.html
Grazie ! Interessante. Bellissimo.