C’è qualcuno che parla con un tono di voce ugualmente aspro: è l’unico disarmato. «No problem», ci ripete con uno di quei sorrisi che nelle persone pulite partono dagli occhi. E Abdel è molto più che pulito, è una persona rara ma è anche abile, sa usare le parole, sa trovare persino in questi miliziani assediati e pronti a tutto la leva per ribaltare la situazione. Racconta che non ci possono ammazzare così, che dobbiamo essere portati dal «Generale». – E’ un brano del racconto della propria avventura fatto sul Corsera di oggi da Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina, che insieme a Claudio Monici di Avvenire e Domenico Quirico della Stampa sono stati presi a Tripoli mercoledì da miliziani di Gheddafi e liberati ieri da altri miliziani. Il racconto dei quattro giornalisti, sui tre quotidiani, andrebbe letto nelle scuole: dice sulla Libia più di tutti i telegiornali che abbiamo ascoltato da febbraio a oggi. Ma dice anche dell’umanità di qui e di laggiù. Nei primi commenti altre briciole del racconto che qui può essere letto per intero.
Abdel e Mustafà miliziani di Gheddafi
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[Segue dal post] Raccontano Rosaspina e Sarcina: Uno di loro sta controllando i documenti di Al Mahdi: viene da Zintan, la città nemica per eccellenza di Gheddafi. Purtroppo è facile fare un tragico conto: mitra + Zintan. Lo ha fatto Al Mahdi che piega la testa e mormora quella che ci sembra una preghiera. Lo ha fatto il miliziano più feroce che ora lo afferra per la jalabiya e lo trascina fuori dalla macchina. Sentiamo i colpi, vediamo la figura bianca cadere sul marciapiede.
[Segue dal post] Raccontano Rosaspina e Sarcina: Abdel coglie tutti di sorpresa. Ci fa scendere: li porto io con la macchina di mio padre. Tutto intorno sparano: siamo in una gabbia costruita da uomini a loro volta in gabbia. Come ne usciamo? Il ragazzo alto e moro cammina spedito, quando si attraversa fa segno di correre: «Shot, shot» (sparano, sparano): corriamo, corriamo, ma dove stiamo andando? «A casa mia» è la risposta spiazzante di Abdel.
[Segue dal post] Raccontano Rosaspina e Sarcina: Passa in cucina e torna con acqua, succhi, datteri. È pieno Ramadan e il giovane musulmano rispetta alla lettera il precetto del digiuno. Ma finalmente si parla. Si comincia con lo stadio Giuseppe Meazza e Gattuso e Abdel si illumina. Poi si passa alla sua fidanzata e il giovane è raggiante: sperano di sposarsi presto. Ma alla fine, inevitabilmente, si scivola nella politica e Abdel si rabbuia. Anche lui ce l’ha con Sarkozy e Berlusconi, ma ciò che veramente lo annienta è quello che vede intorno: «Il mio Paese, il mio povero Paese distrutto dalla guerra». Racconta di vecchi amici, di conoscenti da trent’anni che da un giorno all’altro, qui nel quartiere di Abu Salif, hanno cominciato a spararsi addosso.
[Segue dal post] Raccontano Rosaspina e Sarcina: Da prigionieri siamo diventati ospiti. A rendere concreto il concetto ci pensa l’inseparabile Mustafa. Arriva il caffè, arriva il tè e poi la cena di fine Ramadan. Pasta al sugo, uova sode, spezzatino.
[Segue dal post] Raccontano Rosaspina e Sarcina: È ora di dormire. Mustafa tira fuori materassini, distribuisce cuscini. La notte è insonne: agli spari si alterna il rombo degli aerei e, quando tutto si placa, comincia un martellante chicchirichì dei galli completamente in tilt.
La bontà questa volta fa notizia! Temevo la sorte di questi giornalisti, ero preparata al peggio, viste le condizioni disastrose nel quale versa la Libia, il sangue che si sta versando, la ricerca affannosa del rais il suo scacco al mondo:sembra essersi volatilizzato, la primula Rossa, dissolto nel nulla, braccato come animale . Che gioia questa liberazione, che gioia constatare che “I giusti nel tempo del male”esistono davvero, sperare nel bene contro ogni speranza, quella bontà frutto di un vero digiuno interiore, di una religiosità autentica non ipocrita . La bontà esiste, ed è radicata nel cuore dell’uomo a dispetto di questo ammasso di male che sembra crescere come cancro, della violenta repressione che imperversa in Siria dove un vignettista [il nostro Vauro nazionale per intenderci] per aver fatto satira è stato pestato a sangue in pubblica piazza e gli sono state spezzate le mani…atroce!
Nella parte del racconto che descrive l’ospitalità di Mustafa e Abdel nei confronti dei nostri connazionali trovo una straordinaria corrispondenza con l’argomento del libro sto leggendo in questi giorni “Chi non è ospitale non è degno di vivere-suggestioni per una spiritualità dell’accoglienza” di Alfio Mariano Pappalardo. A pagina 86, che è quella che ho appena finito di leggere, c’è scritto: “L’accoglienza dona dignità a chi è accolto, ma decreta ed evidenzia anche la dignità di chi accoglie. L’accoglienza regala la vita a colui al quale si spalancano le braccia, ma rende vivo anche colui che sa tenere cuore e mani aperte.”
Caro Luigi, hai visto ? Mi hanno colpito alcuni filmati dei notiziari sulla guerra che facevano vedere una volta i miliziani fedeli al regime, e un’altra volta i miliziani “ribelli”. La cosa curiosa era che, sia gli uni che gli altri inneggiavano allo stesso dio ( Allah ah-bar dicevano tutti) . Tutti volevano che dio li appoggiasse e li facesse vincere e tutte e due le fazioni venivano riprese durante la preghiera e tutte e due facevano il digiuno del Ramadam in suo onore.
Ma secondo te, questo povero dio, tirato per la giacchetta dagli uni o dagli altri, a chi doveva dare retta ? Sembra abbia preferito sostenere la libertà degli altri, ma anche la libertà di fare i conti, anzi la conta dei cadaveri di quanti sono stati anche giustiziati o lasciati morire di stento negli ospedali perché abbandonati da tutti che erano occupati a guerreggiare o a fuggire o erano già morti.
Ma infine, questo dio così onnipotente, perché permette queste carneficine e tutto questo odio ? tu che cerchi fatti di vangelo, non è che avresti una rispostina ? Magari a te lo spiega. E non è finita sai, anche in Siria pare che i fratelli (mussulmani) abbiano tirato fuori i coltelli invocando lo stesso dio ma anche in Yemen, in Irak è stato lo stesso. Davvero non capisco, tutti lo pregano ma poi si sparano sperando che li faccia vincere, come quei calciatori ( infami che con tutto quello che guadagnano non voglio contribuire al risanamento) che prima di scendere in campo si fanno il segno della croce. Li hai mai visti ? Sarà superstizione o davvero ci credono ?
Grazie Giordano!