Come i visitatori già sanno, ero a Siracusa sabato 8. La città splendeva sul mondo rotondo. Io in essa. Pietre di luce a San Giovanni Evangelista.
Siracusa splendeva sul mondo rotondo
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Potevi toccare la luce come toccavi le pietre. Ero laggiù per la consegna del “Premio Castelli” ai vincitori di quest’anno e per un convegno intitolato “La libertà del perdono”. Premio e convegno si erano tenuti nel carcere di Augusta venerdì 7, ambedue organizzati dal settore Carceri della San Vincenzo. Era seguito un sabato di turismo. Ho una passione per Siracusa che viene dalla lettura di Tucidide e che si raddoppia ogni volta che vedo il Porto grande, o il Teatro, la Latomia del Paradiso, la Fonte Aretusa, la Cattedrale ricavata dal tempio di Atena. Ma non avevo mai visto San Giovanni, la Cripta di San Marciano e le Catacombe con essa confinanti. E’ stata una felice veduta.
“Non toccare le sculture” c’è scritto. Ma dovevo dare due foglie di salvia al caprone mio fratello che è nel vano dell’antica basilica di San Giovanni abbattuta dal terremoto del 1693.
Eccomi sul basamento del Tempio di Atena trasformato in Cattedrale nel VII secolo, che poi diventa moschea e infine torna chiesa. Già a dirlo ti smarrisci. Qui sono sul fianco della cattedrale, tra le due prime colonne del tempio dorico. Vi sto con bella disinvoltura ma vi sono salito a rischio del collo: sono a due metri al suolo. Hanno tirato su 22 muraglie a chiudere i vani tra le 24 colonne e hanno tagliato le pareti della cella che era all’interno per ricavarne i 16 pilastri della navata centrale. Il culto pagano avveniva all’esterno della cella che ospitava la statua della dea. Il culto cristiano porta il popolo all’interno e per accoglierlo chiude il perimetro delle colonne e ritaglia le pareti della cella. Il tempio custodisce un simulacro della divinità, la chiesa abbraccia il popolo. A Siracusa questo lo tocchi. Le scanalature delle colonne incastonate, il taglio vivo delle pareti. Non conosco luogo più luogo.