Visitatori belli, il gruppo di lettori della Bibbia che prima della pandemia si riuniva a casa mia con il nome di Pizza e Vangelo, lunedì 31 maggio si ritrova in collegamento Zoom, alle 21.00, per leggere dal capitolo 4 di Marco, versetti 1-20, la parabola di tutte le parabole che è quella del seminatore. Non perdete l’occasione, quella parabola è rincuorante: ci dice che per quanto possiamo essere sassosi e spinosi, il seme della Parola, cioè del Regno, arriva a tutti. Poi ovviamente si tratterà di portare frutto, ma nessuno è escluso dall’impresa. Nei commenti trovate la scheda di presentazione del brano e tutti siete invitati a collegarvi: chi vuole provarci mi scriva in privato e io gli fornirò le indicazioni per partecipare.
A Pizza e Vangelo con il seminatore che sempre esce a seminare
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Parabola delle parabole – questa del seminatore – presente in tutti e tre i Sinottici e che ha anche un ruolo programmatico ed esplicativo sul parlare in parabole. Un ruolo che è più marcato in Matteo e Marco, dove la parabola è posta per prima e a prologo degli insegnamenti in parabole. In tutti e tre i Sinottici, poi, la parabola viene dettagliatamente spiegata, fornendo un modello di interpretazione di questo genere letterario. Un’interpretazione che viene messa in bocca a Gesù, ma che gli studiosi in maggioranza attribuiscono alla prima comunità cristiana.
Procediamo per quattro tappe: l’inquadramento narrativo del momento nel quale Gesù propose questa parabola, il racconto del seminatore, la spiegazione del racconto fornita da Gesù, le sue parole – difficili a comprendere – sul perché egli parli in parabole.
Parla alla folla dalla barca. La cornice narrativa è detta nel versetto 1 e richiama il felice rapporto con le folle che caratterizza l’avvio della vita pubblica di Gesù, già descritto al capitolo precedente con la richiesta del rabbi ai discepoli di “tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero” (3, 9). Qui ritroviamo Gesù che predica dalla barca alla folla che si dispone lungo la riva: un’immagine efficace della “primavera dell’operato di Gesù”, come Romano Guardini ha definito il primo tempo della predicazione in Galilea (Il Signore, parte seconda, capitolo primo; edizione Vita e Pensiero 2005, p. 111).
Con l’aiuto di Ravasi e di Maggioni. Le parole con cui Gesù motiva la sua scelta di parlare in parabole [versetti 10-12] sono tra le più ardue a intendere di tutto il Nuovo Testamento. Terremo presenti l’interpretazione linguistica proposta dal biblista e cardinale Gianfranco Ravasi e quella teologica di Bruno Maggioni.
Maggioni: “La ragione per cui quelli di ‘fuori’ non comprendono [la predicazione di Gesù] sta proprio nel fatto che rimangono ‘fuori’: è solo dall’interno [della discepolanza] che si comprende quella grande parabola che è l’evento di Gesù” (Il racconto di Marco, Cittadella 2008, p. 101).
Ravasi: “Noi diciamo col nostro linguaggio che Dio nel suo mistero ha considerato e permesso anche questo rifiuto [da parte di tanti di accettare la predicazione di Gesù]. Il linguaggio semitico, invece, dichiara che Dio ha voluto questo rifiuto” (Il Vangelo di Marco, EDB 1990, p. 51).
Anche Ratzinger. A chi fosse specificamente interessato al monito di Gesù contenuto nel versetto 12 [ascoltino ma non comprendano] suggerisco la lettura di un capitolo del primo volume del Gesù di Nazaret di Ratzinger-Benedetto, intitolato “Natura e scopo delle parabole” (pp. 219ss dell’edizione Rizzoli del 2007): riconosce che quella parola di Gesù “ci sconcerta” e invita a interpretarla nella “unità e totalità” di tutta la Scrittura, dove essa appare come un richiamo al “fallimento” a cui è destinato ogni profeta e insieme come manifestazione, nel fallimento – cioè nella croce – del “mistero del Regno di Dio”.
Marco 4, 1-20. Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3 “Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5 Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7 Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno”. 9 E diceva: “Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!”.
10 Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. 11 Ed egli diceva loro: “A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, 12 affinché guardino, sì, ma non vedano, / ascoltino, sì, ma non comprendano, / perché non si convertano e venga loro perdonato”.
13 E disse loro: “Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? 14 Il seminatore semina la Parola. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16 Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, 17 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18 Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20 Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno”.
Guardino ma non vedano. v. 10: “guardino, sì, ma non vedano, / ascoltino, sì, ma non comprendano”. E’ una citazione – o riecheggiamento, allusione – di Isaia 6, 9: “Va’ e riferisci a questo popolo: Ascoltate pure, ma non comprenderete, osservate pure, ma non conoscerete”. Gesù non fa questa citazione per dire che la sua finalità è di non farsi capire, ma che può capitare che un insegnamento non venga capito. Del versetto si potrebbe dare questa parafrasi: “Ora vi spiego la parabola [egli sta rispondendo alla domanda dei discepoli sul significato del racconto che ha fatto] perché senza la giusta spiegazione può capitare che uno ascolti e non comprenda”.
Un seminatore mai visto, questo narrato e impersonato da Gesù. Sparge il seme con sbadata generosità, senza fare attenzione a dove cada: lungo la strada, su terreno sassoso, sui rovi e – meno male – anche sul terreno buono.
Gesù è il seminatore ed è anche il seme. La generosità noncurante della semina, che non bada alla qualità del terreno, sta a dire che la Parola del Regno in qualche modo – diretto o indiretto – raggiunge ogni umanità. Nessuno, per quanto sassoso e coperto di rovi, ne sarà privato per scelta di chi sparge il seme. Ma diversa è l’accoglienza della Parola e quella diversità è metafora della libertà umana, che può favorire la fruttificazione del seme, o può soffocare il germoglio, o seccarlo, o lasciarlo beccare dagli uccelli. Meraviglia dell’imprevidenza divina e azzardo dell’umana libertà.
Da questa parabola vengono dunque due insegnamenti di forte incoraggiamento a chi s’impegna nel discepolato cristiano: il “mistero del Regno” (versetto 11: la chiave dell’intero brano) si offre a tutti, i destinatari che portano frutto sono pochi ma la loro resa straordinaria rimedia alla mancata rispondenza della maggioranza.
Ma che pizza e pizza. Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 18 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora la pizza non c’è ma il nome è sempre quello: i nomi durano più delle cose.
Aperti a tutti. Siamo un gruppo di una ventina di lettori della Bibbia che da quasi vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 31 maggio. L’ultimo appuntamento fu lunedì 17 maggio e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 26 maggio. Invito chi già partecipa a cercare nuovi pizzaroli.
La traduzione di ” affinché guardino si, ma non vedano ,ascoltino si, ma non comprendano perche’non si convertano e non venga loro perdonato”, in “puo’capitare la possibilita’che non comprendano”mi sembra molto ‘ forzata e direi edulcorata. Se dice “affinché” vuol dire “per il fine che” , non si puo’tradurlo a quasi Gesu’non potesse farsi capire piu’chiaramenre. Se Gesu’avesse avuto la missione dal Padre di farsi capire chiaramente da tutti , si sarebbe fatto comprendere chiaramente da tutti. Qui c’e’dunque un MISTERO.Il mistero della volonta’divina. Gesu’ dice che lui parla volontarianente in parabole perche’, affinche’ alcuni ,i discepoli, possano comprendere ed altri no . Del resto lo dice in altri passi , che tanti sono i chiamati ma pochi gli eletti. Ad esempio nell’Antico Testamento e’detto del Faraone che non si converte dopo le Piaghe d”Egitto, che lo fa perche'” Dio aveva indurito il cuore del Faraone”. Dunque la volonta’di Dio era che Faraone non capisse e non lasciasse andare il popolo ebraico.Mistero della volonta’divina:non si puo’eliminarlo dalle Sacre Scritture.
https://gpcentofanti.altervista.org/la-parola-carne/
Non c’è nessuna edulcorazione, nel dire quel che Luigi ha scritto:
“guardino, sì, ma non vedano, / ascoltino, sì, ma non comprendano”. E’ una citazione – o riecheggiamento, allusione – di Isaia 6, 9: “Va’ e riferisci a questo popolo: Ascoltate pure, ma non comprenderete, osservate pure, ma non conoscerete”. Gesù non fa questa citazione per dire che la sua finalità è di non farsi capire, ma che può capitare che un insegnamento non venga capito. Del versetto si potrebbe dare questa parafrasi: “Ora vi spiego la parabola [egli sta rispondendo alla domanda dei discepoli sul significato del racconto che ha fatto] perché senza la giusta spiegazione può capitare che uno ascolti e non comprenda”.
Su questo punto sono chiarissimi, ad esmpio, sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI.
Dice GPII :
” Ma perché Gesù parla “in parabole”? È ciò che si domandano i discepoli, e noi con loro. Il Maestro risponde, riecheggiando Isaia: Perché guardino e non vedano, ascoltino e non intendano (cf. Mt 13, 13-15). Che significa tutto ciò? Perché parlare in parabole e non invece “apertamente” (cf. Gv 16, 29)?
3. Carissimi Fratelli e Sorelle! In realtà, la creazione stessa è come una grande parabola. Quanto esiste – il cosmo, la terra, i viventi, l’uomo – non costituisce forse una sola, immensa parabola? E chi ne è l’Autore, se non Dio Padre, con cui Gesù dialoga nel silenzio della natura? Gesù parla in parabole perché questo è lo “stile” di Dio. Il Figlio unigenito ha lo stesso modo di fare e di parlare del Padre celeste. Chi vede Lui vede il Padre (cf. Gv 14, 9), chi ascolta Lui ascolta il Padre. E ciò concerne non solo i contenuti, ma anche i modi; non solo il che cosa Egli dice, ma pure il come lo dice.
Sì, il “come” è importante, perché manifesta l’intenzione profonda di chi parla. Se il rapporto intende essere dialogico, il modo di parlare deve rispettare e promuovere la libertà dell’interlocutore. Ecco la ragione per la quale il Signore parla in parabole: perché chi ascolta sia libero di accogliere il suo messaggio; libero non solo di ascoltarlo, ma soprattutto di comprenderlo, di interpretarlo e di riconoscervi l’intenzione di Colui che parla. Dio si rivolge all’uomo in modo che sia possibile incontrarlo nella libertà.
4. Il creato è, per così dire, il grande racconto divino. Il significato profondo di questo meraviglioso libro della creazione, tuttavia, sarebbe rimasto per noi difficilmente decifrabile, se Gesù – Verbo fatto uomo – non fosse venuto a “spiegarcelo”, rendendo i nostri occhi capaci di riconoscere più agevolmente nelle creature l’impronta del Creatore.
Gesù è la Parola che custodisce il significato di tutto ciò che esiste. È il Verbo in cui riposa il “nome” di ogni cosa, dalla particella infinitesimale alle immense galassie. Egli stesso è allora la “Parabola” piena di grazia e di verità (cf. Gv 1, 14), con la quale il Padre rivela se stesso e la sua volontà, il suo misterioso disegno d’amore e il senso ultimo della storia (cf. Ef 1, 9-10). In Gesù, Dio ci ha detto tutto ciò che aveva da dirci.”
Molto chiaro, nessuna zona d’ombra.
cfr: https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1993/documents/hf_jp-ii_hom_19930711_s-stefano-cadore.html
Anche Benedetto ci torna su, con non meno chiarezza:
” A questo punto dobbiamo domandarci come comunicava Gesù stesso. Gesù nella sua unicità parla del suo Padre – Abbà – e del Regno di Dio, con lo sguardo pieno di compassione per i disagi e le difficoltà dell’esistenza umana. Parla con grande realismo e, direi, l’essenziale dell’annuncio di Gesù è che rende trasparente il mondo e la nostra vita vale per Dio. Gesù mostra che nel mondo e nella creazione traspare il volto di Dio e ci mostra come nelle storie quotidiane della nostra vita Dio è presente. Sia nelle parabole della natura, il grano di senapa, il campo con diversi semi, o nella vita nostra, pensiamo alla parabola del figlio prodigo, di Lazzaro e ad altre parabole di Gesù. Dai Vangeli noi vediamo come Gesù si interessa di ogni situazione umana che incontra, si immerge nella realtà degli uomini e delle donne del suo tempo, con una fiducia piena nell’aiuto del Padre. E che realmente in questa storia, nascostamente, Dio è presente e se siamo attenti possiamo incontrarlo.”
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20121128.html
Non mi pare che ci sia un mistero ” ad escludendum”. Piuttosto la libertà che ci viene riconosciuta in massimo grado, compresa quella di scegliere o essere un certo tipo di terreno ricettivo del seme o no. Se Gesù ” si fosse fatto capire chiaramente da tutti ” rivelando Dio in modo clamoroso e innegbile come il sole che brilla nel cielo, la nostra libertà dove sarebbe andata a finire?
Quanto a “Dio aveva indurito il cuore del Faraone”. Dunque la volonta’di Dio era che Faraone non capisse e non lasciasse andare il popolo ebraico.” direi che si potrebbe ascoltare non il pericoloso Bergoglio ereticoide, ma un insospettabile don Divo Barsotti, che a questo proposito così si esprime:
“Si dice nell’Esodo che il cuore del faraone s’indurì, come aveva predetto il Signore (Es 7,13); ma NON SI POSSONO PRENDERE ALLA LETTERA certe espressioni: nel linguaggio semitico l’espressione vuol dire soltanto che Dio manifestò la durezza di questo cuore, che egli provocò la manifestazione di questa durezza.
Quel che il faraone era prima lo sarà anche da ultimo: è peccatore all’inizio, come è peccatore alla fine; ma Dio vuole precisamente che quello che l’anima nasconde, si riveli anche agli altri. Egli permise che si indurisse il cuore del faraone: molti commentatori pensano così. Ma difficilmente si può riconoscere nella storia del faraone un indurimento progressivo: la sua storia manifesta piuttosto una posizione sempre più ferma, un’opposizione sempre più feroce; ma un’opposizione che non dimostra un cambiamento in peggio del cuore; dimostra piuttosto la furiosa volontà di un uomo che vuole mantenersi fermo nella sua posizione, che non vuol esser vinto, che non vuol esser travolto dalla volontà di Dio. Fin dall’inizio il faraone si oppone a Dio nel modo più pieno; egli non conosce altro Dio all’infuori di sé. Chi è il Signore perché io debba obbedire alla sua voce? (Es 5,2). Egli conosce soltanto se stesso: di fronte alla sua potenza anche Dio deve piegarsi; egli non accetta ordini dall’alto, egli è dio a se stesso.”
Affermare che la volonta’di Dio era che Faraone non capisse e non lasciasse andare il popolo ebraico, sarebbe come dire che la volontà di Dio era di promuovere il male. Dunque , in buona sostanza, Dio stesso sarebbe l’artefice e la causa delle sofferenze del suo popolo in Egitto. E Mosè, sarebbe per giunta l’intermediario della stessa sofferenza, il ” braccio armato” che l’ha provocata. Sempre Barsotti:
“Mosè ed Aronne vanno dal faraone: la missione che essi hanno ricevuto non provoca il peccato del faraone, manifesta però gli oscuri pensieri del suo cuore.
Molte volte ci sembra che Dio ci metta al cimento; e ci mette veramente al cimento; ma non è egli la causa delle nostre cadute, è lui, piuttosto, che ci chiarifica a noi stessi e fa sì che quello che interiormente noi siamo si manifesti anche all’esterno. Basta che Mosè si presenti in nome di Dio, perché il faraone manifesti tutto l’orgoglio satanico di cui è ripieno”
Il responsabile unico delle tragedie in crescendo di quel pezzo di storia della salvezza è la libera scelta di Faraone, che Dio lascia perfettamente libero di scegliere , crescere e incancrenirsi nel male. Come lo siamo noi tutti.
Le citazioni di Barsotti sono qui:
http://www.gliscritti.it/blog/entry/3045
Enzo Bianchi e il Faraone. A Maria Cristina Venturi e a Lorenzo Cuffini. Sul linguaggio semitico – i “semitismi”, come li chiamano gli studiosi delle Scritture – che si esprime nell’affermazione dell’Esodo sul Signore che indurisce il cuore del Faraone e simili, ecco una spiegazione di Enzo Bianchi che mi sono trovato ad ascoltare dal vivo:
Così Gesù lo invoca e confessa la sua fede nel Padre: “Proclamo la tua lode, riconosco la tua volontà e il tuo operare: ciò che hai nascosto a quanti erano convinti di meritarlo, lo hai rivelato ai piccoli che non vantavano alcun merito”. Certamente qui il linguaggio di Gesù, che risente dello stile semitico, va decodificato. Sembrerebbe infatti che Dio nasconda arbitrariamente qualcosa, la verità profonda, a saggi e intellettuali, mentre si riservi di comunicarla solo ai piccoli, ai poveri e agli ultimi. Come se ci fosse nelle parole di Gesù una condanna dell’intelligenza e un’esaltazione dell’ignoranza… No! Conosciamo bene i semitismi, espressioni linguistiche secondo le quali ciò che accade ha sempre come soggetto Dio, perché si esprime in modo forte e diretto l’azione di Dio, senza considerare la dinamica nel suo svolgimento. È la stessa dinamica presente nel libro dell’Esodo: “Il Signore indurì il cuore del faraone, il quale non lasciò partire i figli d’Israele” (Es 10,20). Come dobbiamo comprendere tali parole? Dio inviò la sua parola di salvezza al faraone, attraverso i suoi messaggeri, ma egli la rifiutò, sicché il risultato fu l’indurimento del suo cuore. È il faraone, con la sua responsabilità di aver rifiutato la parola di Dio, che indurisce il suo cuore nella piena libertà e responsabilità personale. Allo stesso modo, il nostro brano evangelico non va inteso nel senso che Dio precluda la rivelazione ai saggi e agli intellettuali di questo mondo; attraverso Gesù Dio si rivolge a costoro, ma essi non accolgono la sua parola e così facendo induriscono orecchi e cuore. Ecco come avviene il nascondimento delle cose di Dio.
https://www.luccatranoi.it/contenuti/ces_attivita_elementi_documenti/pdf/allegato43_XIV%20domenica%20TO%20anno%20A%202017.pdf
Linguaggio semitico. Alla peculiarità del linguaggio semitico che tutto riferisce a Dio facevano riferimento anche il testo di Ravasi da me citato al commento numero 3 e quello di Barsotti da Cuffini riportato qui sopra.
Grazie mille anche per questa segnalazione, Luigi!
La critica moderna c’è liberal della Bibbia ( Ravasi, Enzo Bianchi) e’opinabile, condivisibile fino a un certo punto, spesso sbagliata , e non e’un dogma. Voi seguite Enzo Bianchi , lasciatemi la possibilità’ di non seguirlo, perche’che io sappia non e’ ne’ Sant’Agostino ne’Dottore della Chiesa
A seguire la critica moderna, liberale e progressista della Bibbia si arriva a volte a risultati sconcertanti. E per di piu questi sono quelli che vogliono seguite il Vangelo “sine glossa” .
Si ma il Vangelo rivisto e corretto da loro, da Enzo Bianchi , secondo le concezioni di Enzo Bianchi .
Io preferisco attenermi alla interpretazione tradizionale e alla traduzione piu’ fedele possibile al testo evangelico
Gesù”, dice Marco letteralmente parla in parabole AFFINCHE alcuni non capiscano. Questo e’la lettera del testo ed e’semplice da capire. Piu’tortuoso il ragionamento : si , dice cosi ma in realta’ intende cola’.
C’entra un tubo il marchio “liberal, moderno, progressista “.
Tant’è che non mi risulta che si possano timbrare in questo modo Woytila, Ratzinger, Barsotti.
Sveglia.
Rif. 30 maggio 23.04 – Umile intelligenza (sanamente liberal, poco arrogante)
Ultimamente mi son trovato a dire, e qui ripeto, che la comprensione della Bibbia, nella sua complessità, è possibile a tutti; a tutti quelli di media e umile intelligenza. Più umile che media, ad essere sinceri.
Molto interessante l’incontro di questa sera. E poi abbiamo potuto vedere anche Isa, una presenza vivace e simpatica della quale per molto tempo siamo stati privati.