L’ultima tappa della vacanza è nella Toscana di maggior sogno, tra San Quirico d’Orcia e Montepulciano. Sono ospite del Podere Spedalone, un agriturismo che è lungo la strada per Cosona nel comune di Pienza, in provincia di Siena. Il canto del gallo al primo chiaro e le oche al primo scuro sono le uniche voci. Giancarlo – il responsabile dell’agriturismo – mi mostra le antiche pietre su cui è costruito l’edificio, che appartenne ai Monaci Olivetani e fu un ospizio della Via Francigena. A San Quirico ho visto un ragazzo e una ragazza con il bastone e il grosso zaino dei pellegrini, neri dal sole e polverosi, che venivano dal Paese basco a andavano verso Roma. Abbiamo guardato insieme le sculture del portale della collegiata romanica che è attribuito a Giovanni Pisano. I segni del pellegrinaggio li ho trovati dovunque, in quest’ultima fase della vacanza: lungo ogni ramo della Francigena, che percorreva la Toscana intrecciando alla via Cassia le sue varianti; a Bobbio, dove i romei salivano a venerare San Colombano; e persino nella parrocchiale di Riomaggiore (Cinque terre), dove una conchiglia segnala che lì attraccavano le imbarcazioni che portavano ad Arles o da Arles riportavano chi faceva il camino di Compostela e l’accorciava con un passaggio in mare. La Toscana più di ogni altra regione è piena delle memorie dei pellegrini e io mi figuro il giorno in cui esse saranno meglio curate e segnalate, al pari di quelle etrusche, allo scopo di dire per completo la storia da cui veniamo.
A Pienza in un ostello della via Francigena
15 Comments
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Movesi il vecchierel canuto et biancho
del dolce loco ov’à sua età fornita
et da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi trahendo poi l’antiquo fianco
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, et dal cammino stanco;
et viene a Roma, seguendo ‘l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:
cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.
(Francesco Petrarca, “Canzoniere”, 16)
Bravo Sumpontcura! Così mi diventa simpatico anche un poeta che amo poco (ma i cui versi, specie quelli di routine liceale, e piegati ad una scherzevolezza che d’origine non possiedono, mi vengono spesso alle labbra in varie circostanze della vita d’ogni giorno: “O cameretta che già fosti un porto …” “Passa la nave mia colma d’oblio” … “La vita fugge e non s’arresta un’ora” e via celiando …).
A Luigi: dalle mie parti, quando uno torna finalmente a casa, può capitare che lo si accolga con un burbero: “oh, t’at tci ardot?”. Letteralmente: ti sei ridotto [dalla locuzione “ridursi a casa”, nel senso di tornare]. Valga come bentornato.
“Ridursi” = tornare a casa. Splendido! In effetti, in senese antico il “ridotto” era il vestibolo della casa. Al mio paese (alto Lazio) c’era un modo di dire affettuosamente ironico, riferito a qualcuno che una volta sistematosi altrove (per esempio, a Viterbo) tendeva ad allentare i legami dell’amicizia: “Quanno a Viterbo simo riddutti, ognuno pensa a sé e Dio pe’ tutti”.
Sump, ti ho mai detto che ho la pergamena con il titolo di “Pellegrina di Gerusalemme”!? Mi è stata consegnata al termine del pellegrinaggio in Terra Santa.
Fare un pellegrinaggio è’ un’esperienza che non ti lascia mai come prima, dentro ti cambia qualcosa, hai la sensazione di una speciale grazia, se lo fai con spirito di preghiera e retta intenzione ovviamente, se invece lo fai per bisbocciare..allora..è meglio starsene a casa insomma! Ricalcare i sentieri battuti da centinaia di migliaia di fedeli prima di noi nel corso dei secoli è troppo emozionante. Io avvertii una strana energia ricalcando i passi di Gesù, quasi che la terra stessa, la natura, gli alberi (molti dei quali sono ancora lì vivi e verdi attraverso i secoli) ne avessero catturata e trattenuta l’energia. Almeno fu questa la sensazione che ebbi quando mi trovai sulle rovine di Cafarnao: non riuscii a trattenere le lacrime. Che emozione provai!… Mi piacerebbe tantissimo fare l’esperienza di Santiago, so che è dura. Me lo disse un sacerdote custode di uno dei tanti rifugi che si trovano lungo il cammino,mi disse che i pellegrini vi arrivano stremati, talvolta in piena notte e si coricano dove capita, anche a terra o sopra dei pagliericci. Mi ha sempre affascinato la via franchigena che dall’estremo nord scende fino alla capitale. C’è da domandarsi come potessero nell’anno 990 i primi pellegrini a superare la barriera Alpina,scendere giù, attraversare guadi e fiumi impetuosi, al freddo, affamati(di miseria ce n’era un bel po’)…si ammalavano durante il percorso che durava mesi e mesi, di tifo, malaria, peste e… morivano lungo la via – il ritrovamento di vari referti lo attestano- lungo la via erano dislocati dei presidi -rudimenti di strutture assistenziali e ospitalieri- per venire in soccorso alla moltitudine dei pellegrini che vestiti di sacco, appoggiati sui loro bastoni battevano quei sentieri impervi animati da amore ardente per i santi, la chiesa. .
E questo la dice lunga sulla qualità della fede dei cristiani che ci hanno preceduto: tutta l’europa unita e compatta sotto l’unica bandiera, quella di Cristo e della chiesa…impavidi!
Complimenti a Sump e Leonardo per le citazioni di Francesco Petrarca ed il ricordo di queste arcaiche espressioni in vernacolo (è dialetto emiliano, Leonardo ?).
Mi chiedo, non senza qualche apprensione, quante di queste forme dialettali riusciranno a sopravvivere, e quanto a lungo resisterà questo antico patrimonio di gerghi, detti, verbi e proverbi, in Toscana, nell’Alto Lazio, od anche in altre regioni (come nel “mio” Veneto), alla crescente omologazione culturale, quindi anche linguistica, della penisola italiana: poco, penso (e temo).
Leggo notizie un pò più rassicuranti su Gustav, e ciò mi tranquillizza per Principessa.
Da qualche giorno, in compenso, non leggo Clodine: spero solo non vi siano problemi.
Vorrei, infine, chiedere a Luigi notizie sull’incontro tra il Pontefice ed Ingrid Betancourt: leggeremo i tuoi commenti sul “Corriere” ?
Domani sera partirò per Milano dove, per motivi di lavoro, mi tratterrò fino a venerdì mattina: tornerò ad affacciarmi sul “pianerottolo” venerdì sera.
Buona notte a tutti !
Roberto 55
Clodine, finalmente ! Il mio commento s’è incrociato con il tuo: bene, sono contento di tornare a leggerti.
Ancora, buona notte !
Roberto 55
Quando si parla del Cammino o della francigena… mi sveglio. Ho percorso il cammino nell’estate del 2003: ottocento km a piedi dal confine con la Francia fino a Santiago ed è stata un’esperienza così profonda che porto ancora dentro di me come se fosse ieri e ogni anno sogno di poterla ripercorrere tutta con i miei figli. 800 sembran tanti, ma in realtà – quando sei un pellegrino – entri a far parte di un mondo in cui incontri gente che viene dalla Germania, uscendo di casa a piedi, fino a Santiago e poi oltre, a Roma, Gerusalemme…1500, 2000 km dopo un po’ non fanno differenza. L’unico limite è il tempo che hai a disposizione. Nel cammino mi sono sentito parte del creato, della storia e del mio prossimo e in tutto ho trovato sempre traccia del Creatore…
Una volta a casa, ho scoperto che proprio davanti alla casa dei miei nonni, a Capranica, in provincia di Viterbo, passa la via Francigena e ogni tanto incontriamo e ospitiamo qualche pellegrino: quanto è bello!!!! Credetemi. E’ bello poter aprire la porta di casa: vi assicuro! Se incontrate un pellegrino fatelo entrare in casa (ma non offritegli un passaggio in macchina, chiaramente…). Grazie Luigi di questo piccolo appunto: speriamo che veramente si diffonda presto l’idea che attraverso la via francigena si possono valorizzare le radici della nostra Europa e può nascere una rinnovata fratellanza. E’ vero, è così. Anche la nostra via francigena, come l’itinerario di Santiago, deve camminare, camminare, camminare!!!
Tutti presenti all’appello!!!
Un bacio e un abbraccio affettuosi a tutti e anche a Luigi! ora abbiamo anche qualche striatura di azzurro in cielo. Ma c’e’ da prepararsi per HANNA, IKE, e JOSEPHINE. Altri tre di cui Hanna e’ gia’ uragano. Continuate a pregare con me…
A domani e grazie di cuore per le vostre premure e l’affetto che mi avete partecipato
come dice Clo: SMACK !! SMACK!! a tutti
Cari amici,
non siamo molti a frequentare il pianerottolo in questo periodo: basta il lieve ritardo di qualcuno e subito scatta un po’ di disagio (o di preoccupazione, eh Principessa?). Un bacione a tutti (e una preghiera contro gli uragani: “A fulgure et tempestate – libera nos Domine”).
Mattlar, anche la geografia ci affratella. Se hai un paio di giorni liberi e una compagnia come si deve, ti consiglio un minipellegrinaggio che ti darà momenti di spiritualità molto intensa: casa dei nonni capranichesi – Sutri – Nepi – Castel Sant’Elia e Madonna di Castello. Ciao.
Grazie Mattlar del racconto della tua andata a Santiago! Fabrizio a commento di un altro post aveva narrato dal vivo i suoi ultimi cento chilometri e tu 800… Una volta (1986) sono andato in pellegrinaggio a Santiago ma non a piedi: con un pullmino che aveva dentro due famiglie, la mia e quella di Carlo Di Cicco, oggi vice direttore dell’Osservatore romano. Mattlar sei forse partito da Roncisvalle? E sei passato per Pamplona, Logrogno, Burgos, Leon? Le terre riarse, le fontanelle, i ponti e gli ostelli. Abbraccio Mattlar, Fabrizio, Clodine e tutti i camminatori del blog. Mi piacerebbe se altri visitatori raccontassero i loro “cammini” e magari si iscrivessero per farlo, o lo facessero con una e-mail inviata a me (l’indirizzo si trova sotto la mia foto, ad apertura del blog) che poi io inserirò come commento.
Caro Roberto 55 l’incarico di raccontare della Betancourt sul Corsera è toccato a una collega e ne è venuto questo bel testo:
L’incontro La Betancourt ricevuta da Benedetto XVI. L’abbraccio di Ingrid «Salvata nella giungla dalla voce del Papa». Il Pontefice: «Miracolo perché hai saputo credere». «Il mio progetto è creare una squadra di persone che mi aiutino ad alleviare il dolore di chi soffre. Non solo in Colombia»
ROMA — È un’altra Ingrid la donna resuscitata dalla giungla dopo sei anni di prigionia. Commossa, timida, schiva, quasi spaventata dalla folla, estremamente credente. Aggrappata alla Bibbia e a una cordicella annodata come un rosario quando era nelle mani della guerriglia colombiana, devota e desiderosa di incontrare il Papa già nei primi momenti della sua liberazione lo scorso 2 luglio, raggiante ieri mattina per l’incontro e l’abbraccio (scavalcando il protocollo) con Benedetto XVI: «Straordinario conoscerlo, un sogno che si realizza».
Ingrid Betancourt l’aveva immaginato già nella selva: «Un giorno — racconta — al termine di una marcia durissima, dall’alba al tramonto, con pesanti zaini sulle spalle, senza sapere dove ci stessero portando, arrivammo all’accampamento stremati. Avevo un’immensa angoscia e un profondo dolore nel cuore. Accesi la radio, che era l’unica distrazione possibile. E curiosamente sentii la voce del Papa che pronunciava il mio nome. Nel momento in cui pensavo che sarei stata dimenticata, mi apparve una luce. Per questo, da quando sono tornata libera, ho espresso il desiderio di vederlo e abbracciarlo».
La conversazione è stata molto intima e intensa, così la descrive Ingrid ai giornalisti nelle sale della Provincia di Roma, accanto a lei il presidente Nicola Zingaretti che l’ha invitata e ne sostiene la candidatura al Nobel per la Pace. L’ex ostaggio e Papa Ratzinger sono rimasti da soli una ventina di minuti. Lei gli ha raccontato alcune delle tappe della sua travagliata svolta mistica. Lui ha annuito e l’ha rincuorata. «Il primo giugno ascoltavo Radio Católica Mundial
— gli ha riferito Ingrid —. Uno speaker parlava di una santa alla quale Gesù aveva promesso che sarebbe riuscita a toccare il cuore duro di chi fa soffrire, avrebbe benedetto i suoi progetti, l’avrebbe aiutata a sostenere la croce. Era esattamente quello che io avrei voluto. E così pregai: “Fa che io sappia quando sarò liberata, per avere la forza di sopportare fino ad allora e io mi donerò al tuo sacro cuore”. Per la verità non so neanche che significhi donarsi a Gesù…— sorride —. Il Papa mi ha rassicurato: “lui ti mostrerà la via”». Il 27 giugno un guerrigliero le comunica l’arrivo di una commissione internazionale e la possibile liberazione. Ingrid vi legge il segnale che aspettava. «Credo che ti abbia fatto il miracolo — le dice Benedetto XVI — perché tu hai saputo chiedere: non hai chiesto di essere liberata, ma di essere aiutata a capire quale fosse la Sua volontà».
Ingrid ha gli occhi lucidi e la voce spezzata. Parla della Bibbia come di «un tesoro che non conosciamo: non è un grosso libro polveroso, contiene invece tutte le risposte». Si rivolge ai suoi carcerieri delle Farc: «Il mondo vi sta guardando e vuole credere che nei vostri cuori ci sia spazio per l’amore e il perdono.
Il mondo sta aspettando che abbandoniate la morte e i fucili, e cominciate a pensare che sia possibile cambiare le cose usando la via democratica, protetti dalla legalità».
Riaffiora il linguaggio della politica. Possibile un ritorno sulla scena colombiana? «Perché no?». Oppure un incarico all’Unesco? «C’è gente più qualificata di me». «La verità — dice — è che dopo quasi sette anni vittima dell’arbitrarietà e della guerra, la prospettiva che uno ha della propria esistenza cambia ». La politica non è più una priorità, dichiara. Ingrid adesso sente di avere una «missione», che è quella di «parlare a nome di chi non ha voce». Il suo progetto è la creazione di «una squadra di persone che mi aiutino a raggiungere chi ne ha bisogno, ad alleviare il dolore di chi soffre. Non solo in Colombia», un pensiero per la leader birmana Aung San Suu Kyi.
Udienza. Il colloquio è durato 20 minuti
Alessandra Coppola
Straordinaria Ingrid, che bella! Splendida nella sua semplicità, bontà, serenità… Chiunque viene toccato dal dolore e dalle prove è avvolto da una luce magica che cattura, conquista! La sofferenza produca una speciale grazia, è sempre un momento di catarsi, di purificazione che aggiunge luce alla bellezza interiore ed esteriore.
Un bacio a prì
Guardando le immagini dell’incontro fra papa Benedetto e Ingrid (Clodine, il tuo commento delle 14:20 è semplicemente perfetto!) sentivo quasi le lacrime agli occhi al pensiero di un altro incontro, che trent’anni fa Dio non volle che avvenisse: quello fra un Paolo VI alla vigilia della morte e un Aldo Moro appena liberato dal “carcere del popolo”…
Cara Principessa,
ho trovato – nel Rituale romano vetus ordo – un Sacramentale “per allontanare la tempesta”. Se non dà fastidio a nessuno mi piacerebbe condividere con te e gli amici del pianerottolo due o tre belle preghiere che lo caratterizzano.
Una al giorno, magari, giusto per non “allargarsi” troppo con i “fuori tema”.
Oremus.
Domine Jesu,
qui imperasti ventis et mari,
et facta fuit tranquìllitas magna:
exàudi preces familiae tuae
et praesta,
ut hoc * signo sanctae crucis
omnis discedat saevitia tempestàtum.
Amen.
(Signore Gesù, che comandasti ai venti e al mare e si fece gran bonaccia, ascolta le preghiere di noi famiglia tua e fa’ che, mediante questo segno della santa croce, si allontani ogni furore di tempesta. [Dove appare l’asterisco ci si fa il segno della croce]).
Sì, Luigi. Sono partito esattamente da Roncisvalle e ho seguito il cammino reale, cioè quello che passa per per Pamplona, Logrogno, Burgos, Leon. Oltre a terre riarse, fontanelle, ponti e ostelli sono tanti i ricordi suggestivi che ancora conservo (ho tenuto un diario di viaggio, poi riscritto al computer in ca 250 pagine… mai pubblicato niente… per ora lo lascio decantare… un giorno si vedrà se mi rispecchierà ancora, sempre ammesso che qualcosa sia pubblicabile…). Tra le tante suggestioni, ricordo la bellezza di entrare dentro il percorso, in tutti i sensi. Ci sono dei piccoli particolari che in un viaggio “normale”, soprattutto in macchina, non si riescono ad apprezzare: la bellezza del profumo che manda la terra; i piccoli particolari, come la bellezza dei campi appena arati; le differenze di zona, tra la città, la campagna, l’attraversamento di fiumi, la zona industriale; le grandi città, la campagna; la gente che ti saluta e che ti chiede di portarla con te a Santiago… che bel ricordo. Per questo dico che è sempre il caso di fermare un pellegrino per strada: ha sempre tempo, mai fretta; c’è sempre da scoprire e da incontrare l’universo aperto come un libro. Scusate, ricordi alla rinfusa…
grazie ancora per avermi permesso queste divagazioni.
Grazie @SUMP seguirò i tuoi consigli. spero presto. Ma sei di quelle parti? Io ho una lunga tradizione di capranica…