Amici belli torna dopo la lunga estate il gruppo di lettori della Bibbia che si riunisce a casa mia con il nome di “Pizza e Vangelo”: lunedì 1° ottobre leggiamo dal capitolo 23 degli “Atti degli Apostoli” l’episodio del complotto dei Giudei contro Paolo che viene sventato da un nipote sveglissimo: Atti 23, 12-22. Nei commenti il testo e le glosse.
A Gerusalemme con Paolo salvato da un nipote sveglio
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Una sorella e un nipote. Entriamo nel racconto più avvincente degli “Atti degli apostoli”, che in verità è un libro tutto straordinario come narrativa e scopriamo che Paolo ha una sorella, che questa sorella ha una casa in Gerusalemme e che in essa vive o soggiorna con un figlio, che è dunque nipote dell’apostolo. Queste scoperte le facciamo mentre ci viene narrato – con l’andamento di un poliziesco – un complotto per uccidere Paolo e come l’apostolo riesca a sottrarsi alla morte grazie all’aiuto del nipote che, da lui ammaestrato, mostra di sapersi muovere benissimo nei meandri della città santa e dell’apparato militare della provincia romana di Giudea. Avevamo letto la volta scorsa di Paolo che – sottratto per la terza volta dai romani al linciaggio dei giudei – era imprigionato nella Fortezza Antonia e ora apprendiamo che rischia di cadere vittima di una macchinazione dei correligionari che in più di quaranta invocano su di sé la maledizione divina “se non l’avessero ucciso”.
Segue Gesù ma non lo copia. Il nipote, che solo qui compare e del quale non è detto il nome, viene a sapere dell’agguato: corre alla Fortezza, riesce a parlare con lo zio e lo informa del pericolo che corre. Su indicazione di Paolo, il ragazzo avverte del complotto il comandante della Fortezza, che organizza un trasferimento sotto scorta dell’apostolo a Cesarea, capitale romana della provincia di Giudea. Come già osservavamo leggendo gli episodi immediatamente precedenti, la “passione di Paolo” continua a svolgersi sulla filigrana di quella di Gesù: è messo in catene, portato davanti al Sinedrio, percosso ingiustamente. Ma sono anche evidenti le dissimilitudini rispetto al comportamento del Maestro: nell’episodio dell’ultimo appuntamento, Paolo arrivava a maledire il Sommo Sacerdote, usava contro di lui l’arma dell’ironia, si difendeva e contrattaccava puntando a dividere il Sinedrio; ora vediamo che usa con astuzia ed efficacia le risorse della sua famiglia (presenza di una sorella a Gerusalemme) e della cittadinanza romana di cui gode della nascita. L’insegnamento è che l’imitazione del Maestro attuata da Paolo è nella predicazione del Regno, non nelle modalità di attuazione della sua testimonianza. Il discepolo è libero di scegliere modi suoi, diversi da quelli di Gesù.
Atti 23, 12-22. Fattosi giorno, i Giudei ordirono un complotto e invocarono su di sé la maledizione, dicendo che non avrebbero né mangiato né bevuto finché non avessero ucciso Paolo.13Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura. 14Essi si presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani e dissero: “Ci siamo obbligati con giuramento solenne a non mangiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo. 15Voi dunque, insieme al sinedrio, dite ora al comandante che ve lo conduca giù, con il pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi”.
16Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere dell’agguato; si recò alla fortezza, entrò e informò Paolo. 17Questi allora fece chiamare uno dei centurioni e gli disse: “Conduci questo ragazzo dal comandante, perché ha qualche cosa da riferirgli”. 18Il centurione lo prese e lo condusse dal comandante dicendo: “Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha chiesto di condurre da te questo ragazzo, perché ha da dirti qualche cosa”. 19Il comandante lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: “Che cosa hai da riferirmi?”. 20Rispose: “I Giudei si sono messi d’accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, con il pretesto di indagare più accuratamente nei suoi riguardi. 21Tu però non lasciarti convincere da loro, perché più di quaranta dei loro uomini gli tendono un agguato: hanno invocato su di sé la maledizione, dicendo che non avrebbero né mangiato né bevuto finché non l’avessero ucciso; e ora stanno pronti, aspettando il tuo consenso”.
22Il comandante allora congedò il ragazzo con questo ordine: “Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni”.
Venite a casa mia. Chi voglia sapere che sia Pizza e Vangelo vada nella pagina che ha questo nome ed è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Da gennaio propongo ai visitatori i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 17 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano nella preparazione della lectio. Ma faccio questa segnalazione anche perché chi è a Roma o capita a Roma nei nostri lunedì venga alle serate. Chi volesse esserci mi mandi un’e-mail e io gli dirò il dove e il come. Saremo felici di avere nuovi ospiti: c’è pizza per tutti. Chi non può venire provi a unirsi a noi in unità di tempo e di ruminazione delle stesse Parole.
Ieri dicevamo. Per vedere qualcosa dell’ultimo appuntamento prima dell’estate, vai qui:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/eccoci-a-paolo-che-si-dichiara-fariseo-e-figlio-di-farisei/