Oggi è un mese dalla morte di don Andrea Gallo e provo a pensarlo con affetto. Siccome sono un uomo della parola provo anche a dire quel mio affetto tribolato, perché era una sfida – per uno come me – volere bene a don Gallo che era spigoloso, provocatore e semplificatore. Affetto combattuto in vita perché lui non aiutava in nulla quelli che gli volevano bene da lontano, com’era il mio caso e affetto strattonato in morte perché si è litigato sulla sua bara e poi sulla sua tomba, come sempre per questione di eredità. Era un’eredità buona la sua o cattiva? Andava custodita o bandita? Siccome la guerra era divampata anche qui nel blog, ho taciuto. Come per Franca Rame. Poi di Franca ho parlato con riconoscenza cinque giorni dopo. Per don Gallo invece ho aspettato un mese perché la sua figura è più coinvolgente per me. Gli mando a dire ora che gli voglio bene, che gli ho sempre voluto bene non condividendolo granché ma sempre apprezzando la sua capacità di stare con “i morti di fame” e i morenti di Aids, i clandestini, i tossici, le prostitute. Nei primi commenti dico meglio questo mio sentimento.
A don Gallo nel trigesimo con affetto
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Don Gallo 1. Ho incontrato don Gallo una sola volta, a un dibattito di “Torino spiritualità” più di una decina di anni addietro e non fu un incontro facile. Non litigammo solo perché lui non mi badò e io non litigo mai. Ma ci fu burrasca. Il tema era “Dio nella vita pubblica italiana”, c’eravamo un ebreo, un valdese, un agnostico, don Gallo e io come coordinatore. Le spine più lunghe le ebbi da lui. “Guardi don Gallo che quello che dice lei del suo Dio, il cardinale Ruini non lo condivide mica” gli diceva il valdese. E lui: “Non conosco il cardinale Ruini”. Gli applausi furono tanti quanti i fischi quando Bagnasco ha nominato Siri durante l’omelia per il suo funerale. “Ma quello che dice non lo condivide neanche il suo arcivescovo Tettamanzi” insisteva l’agnostico. E don Andrea più Gallo che mai: “Non conosco neanche Tettamanzi”.
Don Gallo 2 Io invece che conosco tutti mi trovai a sudare su quel palco le sette camicie che non avevo. Il discorso su Dio diventava impervio – come non lo fosse già di suo – quando c’era don Gallo nei dintorni. Diciamo che da impervio si faceva impossibile, come forse è giusto che sia. Ma poi uno cerca di tracciare un sentiero e lui lo devastava come farebbe un incursore in terra nemica, incurante delle conseguenze. Se fosse stato presente al suo funerale – “Vedi don Andrea che parole arrivo a scrivere per amor tuo” – non gli sarebbe dispiaciuta quella confusione, i pugni chiusi, la bandiera della pace, i fischi al cardinale che lui “non conosceva”: egli amava provocare ed era convinto che il Dio di Gesù Cristo sia di casa nella confusione dell’umano più che in qualsiasi altro luogo.
Don Gallo 3 Segno di contraddizione don Gallo lo è stato fin nella morte. C’era conflitto in quel funerale perché lì erano presenti verità che si scontravano e che tutte gli appartenevano, un poco o un tanto. Erano a loro modo vere le parole di Bagnasco, come erano a loro modo veri i fischi di protesta per esse, ed era vera la protesta della signora Lilli (sua collaboratrice da tre decenni) per quei fischi. Vera come le sue stampelle. Era vera infine la confusione dei cuori dopo quella delle lingue. Quel funerale era lo specchio di quella vita.
Don Gallo 4 A chi ne è restato sconcertato domando – allo sconcertato che è dentro di me domando: era meglio che non ci fosse quella confusione al funerale, d’accordo, ma era anche meglio che non ci fosse stata quella vita?
Don Gallo 5 E’ bene che ci sia stata – non c’è dubbio. E dunque per amore di quel bene accetterò la sofferenza dei fischi, delle dichiarazioni di Luxuria, dei pugni chiusi; e quella delle vesti stracciate dei dirimpettai che hanno rinfacciato al cardinale di aver celebrato la messa di addio per un suo prete.
Don Gallo 6 «Dobbiamo far uscire Cristo. C’è il rischio di incidenti, ma preferisco mille volte una Chiesa incidentata, piuttosto che chiusa e malata»: don Gallo è stato l’incarnazione di questo motto guida di Papa Francesco. Proprio il giorno dei fischi a Bagnasco e dei pugni chiusi per don Gallo, il Papa delle periferie esistenziali pregava al Santa Marta perché “tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte” e aggiungeva parole severe per i “controllori della fede” che ai sette sacramenti aggiungono come ottavo “quello della dogana pastorale”.
Don Gallo 7 Una Chiesa incidentata: per l’appunto quella che dà spazio ai pugni chiusi e alla comunione rivendicativa di Vladimir Luxuria. Così Luxuria nel suo sito ha ricordato don Andrea: “La scomparsa di Don Gallo è molto di più della perdita di una persona cara. E’ qualcosa di più vasto, più profondo. Il primo ad aver definito le persone transessuali come figli di Dio: ci accarezzava il viso, ci stringeva la mano. Ha aperto la sua chiesa a tutti e tutte. Don Gallo, grazie per averci fatto sentire amati da Dio”. Anche qui bisognerebbe fermarsi un tempo e due tempi.
Don Gallo 8 Sono solidale con Bagnasco. E’ stato bravo ad andare. Forse poteva stare più cauto su Siri. Ma sono sicuro che se ci fossi stato io e avessi detto due parole due avrebbero fischiato anche me.
Don Gallo 9 I fischi degli amici di don Gallo mi hanno ricordato quelli degli studenti della Sapienza a Giovanni Paolo II il 21 aprile 1991. Quelli dei sandinisti allo stesso Papa a Managua il 6 marzo 1983: e anche là c’era di mezzo – ma vivo – un “don Gallo” che si chiamava Ernesto Cardenal. I fischi al cardinale Ruini durante una manifestazione pubblica a Siena nel settembre del 2005. L’opposizione alla visita di Benedetto alla Sapienza nell’inverno 2008. Le scritte sui muri contro il cardinale Bagnasco e il Papa in diverse occasioni lungo il 2007 e il 2008: dicevano “a morte” e simili, comparivano soprattutto per le vie di Genova ma anche altrove per il Bel Paese. Fischi e scritte che mi sono dispiaciuti ma per i quali sento di poter dire che è meglio una Chiesa nella mischia che una Chiesa da museo. Meglio contestati che ininfluenti direbbe Ruini. Meglio fischiati che assenti direbbe forse Bergoglio. Che invece da Papa più volte ha detto: meglio incidentati in una piazza che intatti in un museo. Semplicemente sono d’accordo. E dunque ha fatto bene don Gallo – hai fatto bene don Gallo – ad andare a cercare gli uditori della Parola lungo le strade e dietro le siepi. A quest’ultimo spunto dongallesco dedico un bicchiere di Vino Nuovo.
Ecco qui la grandezza del padrone di questo blog.
Che, nella sua passione tutta cristiana per la tormentata umanita’ di tutti,
si diverte e ci fa divertire alla grande!
Lunga vita all’Accattoli!
N.B. – Ho anche io apprezzato moltissimo la presenza e le parole del cardinal Bagnasco al funerale di Don Gallo. Indimenticabili queste sue parole:
” …Come missione ha cercato di lenire le loro sofferenze con l’olio della consolazione e il vino della fiducia, per dare una speranza guardando al domani, come il samaritano nel Vangelo…. … (Don Gallo) sapeva che era la sua risposta e non pretendeva che fosse di tutti, perché la fantasia del bene è grande ed è percorsa con generoso sacrificio da molti.”
Amen.
Un bacio forte a te Luigi.
Potresti fare il moralista dell’aria fritta.
Avresti persino tutti i punti per fare il moralista,
le prove …. ti potrebbero far salire sul piedistallo,
invece
mi fai capire che le prove
rendono capace
di leggere negli occhi
dei precari della vita, del corpo spirituale….
dei cristodisperati
Non è la Legge/Torah/Bibbia che mi salva,
ma la grazia , la Grazia,
che non domanda nessuna conversione previa.
Per incontrare Gesù,
non serve alcuna ammissione di peccaton o reato,
la revisione di vita
avviene sempre dopo l’incontro con Gesù,
e non può essere gestito da nessuna Legge,
e’ un lungo lavoro,
che
nessuno può giudicare
di cui
alcuno ha l’eslusiva…
Nemo propheta in patria,
i profeti
sono sempre folli….
folli in Gesù….
Fa ridere i polli del pollaio universale che io dia un commento su quel che scrive Luigi. Eppure lo faccio, sperando di non nuocere alla limpidezza di quello che scrive. Questo post con i nove commenti a corollario, sono un modo di indicare come si possono dire le cose come sono, anche su Dio, su Cristo, sui preti e sula Chiesa, senza vestire la casacca del crociato, la toga del giudice, la palandrana ( consunta) del profesur, la spocchia del teologo che la sa lunga. Un modo per non nascondere neanche mezza di quelle contraddizioni che saltano fuori sempre e comunque- se si intellettualmente onesti e onestamente cristiani almeno nelle intenzioni- quando si parla di tutti questi temi: Dio, Cristo, preti, Chiesa. Un modo per non scappare come lepri rifugiandosi nelle quattro “certezze” in croce che ciascuno di noi ha nel suo modo di pensare e vedere le cose, e a cui si attacca come una cozza, reagendo violentemente se qualcuno tenta- riuscendoci perfettamente- di mostrarne la precarietà. E non parlo della fede, sia chiaro: parlo delle idee che abbiamo sulla fede, e del fatto che scambiamo con disinvoltura le une con l’altra.
Questo modo , a ben vedere, è l’unico spendibile , sia nel dialogo – con i vicini e con i lontani- sia nella proclamazione di fede. Un modo certamente lontano sideralmente dal modo di impostare le cose e la sua vita e la vita stessa da parte di don Gallo : che infatti, in questo, è assai piu’ simile( cosa che lo farà ghignare con malcelata soddisfazione) a molti dei suoi feroci detrattori con lo spadone in mano che a molti pazienti ( nel doppio senso di armati di pazienza e capaci di “patire”) cristiani diversissimi per indole e modi e amore di provocazione, ma inevitabilmente attratti dalla sua carica di passione umana e cristiana.
Su don Gallo non aggiungo una parola: ho già troppo sbrodolato in passato.
Prendo invece a prestito la frase di Luigi: meglio una Chiesa nella mischia che una Chiesa da museo.
Perfettamente d’accordo.
Gesù Cristo si è ficcato nella mischia dal primo all’ultimo dei suoi momenti sulla terra. Non avesse voluto farlo, se ne sarebbe rimasto l’ Altissimo Pantocratore nell’alto dei suoi cieli, e fine del discorso.
E una chiesa da museo, è semplicemente un museo essa stessa.
Una inutile contraddizione in termini.
«io non litigo mai». Dio mio, che pietra tombale ti sei messa addosso, povero Luigi!
L’autoritratto (tuo e di don Gallo) che ti sei dipinto in nove pannelli è davvero terribile. Che poi, a voler essere longanimi, il suo alla fin fine è il meno peggio … e comunque ormai è di là … parce sepulto e non ne parliamo più.
Ma il tuo! Che mi faccia più spavento, nella letteratura che conosco, c’è solo l’omino di burro di Pinocchio.
(io però su queste cose non mi divertirei, come invece fa il reverendo Mabuhay.)
Bellissime parole. (di più non scrivo che con i sentimenti sono negata).
Davvero.
Grazie Lorenzo.
Per il resto,
spero che chi si erge a Giudice,
cerchi
di non uccidere…
Grazie a Luigi per un prologo e nove pensieri da me molto sentiti e condivisi.
oh si’ che mi diverto! Ma proprio tanto tanto tanto!
La buona novella dell’eternita’ cambia tutto, rivoluziona tutto.
Il cristiano si definisce biblicamente uno che ‘sa distinguere’ il passeggero dall’eterno… Taliercio, la lettura che Luigi fa della nascita al cielo di Don Gallo…sono collirio di purificazione nei nostri sguardi sulla vita, il mondo….l’umanita’!
Temo invece che alla base di questa falsa bontà che si rifiuta di distinguere il vero dal falso, il bene dal male, e pretende che tutto sia vero, tutto sia buono, vi sia una radice molto cattiva.
Forse sarà meglio recitare la preghiera a san Michele, prima di mettere piede qui dentro … (Così, per prudenza).
Ut in omnibus glorifetur Deus
Mi aveva lasciata un po’ perplessa il tuo silenzio su don Gallo, Luigi. E ne avevo dedotto che a te non piacesse il suo modo di porsi come cristiano.
Ora hai spiegato, e non posso che apprezzare la tua prudenza, il tuo cercare di fare chiarezza in te stesso prima di esprimerti su di lui. Questa, a mio parere, è onestà intellettuale.
“Forse poteva stare più cauto su Siri.”
Sì, doveva “stare più cauto”, perché quelle parole suonavano abbastanza false, visti i precedenti. E la gente non ama le falsità, le ipocrisie, che possono arrivare da chi si propone come dispensatore di verità.
“Cercare Dio “dentro il dramma umano” è il lascito di don Gallo”.
Lascito monumentale.
Questo è vero amore per il prossimo. E,se si crede in Cristo, questo è il vero amore verso Dio.
Tutti gli uomini hanno a che fare con le miserie della vita, piccole o grandi che siano.
Il “mestiere di vivere” è forse il più difficile. Non “scavalcare gli uomini” ed andare incontro a loro, nei loro drammi, significa avvicinarsi a Dio e comprenderLo almeno con il cuore. Altro non possiamo fare.
“Temo invece che alla base di questa falsa bontà che si rifiuta di distinguere il vero dal falso, il bene dal male, e pretende che tutto sia vero, tutto sia buono, vi sia una radice molto cattiva.”
Falsa bontà ?! Signor Franti, lei è cristiano o cosa? Lo ha mai letto il Vangelo?
Mi dia retta: lo prenda e lo legga parola per parola, con tutti i punti e pure le virgole.
Io la “radice molto cattiva” la vedo, con tutto il rispetto, in chi parla a vanvera come lei. Provi ad estirparla, se può.
Guardi che neanche san Michele può ascoltare preghiere che corrispondano al suo pensiero aberrante.
Preghi…preghi pure…
“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare ‘‘il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa’’.
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”.
Ho letto queste “parole” da qualche parte: dite che c’entrano con don Gallo?…
E perché credere al Vangelo?…
Se don Gallo lo seguiva alla lettera, una “radice molto cattiva” era in lui, o no?
«Persone rette – ha aggiunto – che non hanno paura di andare controcorrente. Non dobbiamo avere paura, a voi giovani dico: non abbiate paura di andare controcorrente. Quando ci propongono valori avariati, come un pasto andato a male, bisogna andare controcorrente, con fierezza. Siate fieri di andare controcorrente». «Cari amici – ha detto ancora – accogliamo con gioia questa parola di Gesù. È una regola di vita proposta a tutti. E San Giovanni Battista ci aiuti a metterla in pratica. Su questa via ci precede, come sempre, la nostra Madre, Maria Santissima: lei ha perduto la sua vita per Gesù, fino alla Croce, e l’ha ricevuta in pienezza, con tutta la luce e la bellezza della Risurrezione. Ci aiuti Maria a fare sempre più nostra la logica del Vangelo».
Al Regina Coeli di eri il Papa ha invitato i giovani ad andare “controcorrente”, ma si riferiva alla corrente del mondo, alla logica del peccato. Resto convinto che Don Gallo abbia spesso imboccato una “corrente sbagliata” e, come nell’occasione di quel dibattito a Torino di cui riferiva Luigi, abbia finito con il dare una testimonianza perlomeno discutibile del cattolicesimo.
Quando si ricorda la vita di un uomo è doveroso ricordare il bene compiuto, ma è anche giusto non sorvolare sui comportamenti più “problematici”.
Non facciamone un santo. Abbiamo avuto e abbiamo altri esempi molto più luminosi: i tanti “fatti di Vangelo” che Luigi ci ha proposto stanno lì a dimostrarlo.
Apprezzo le parole di Luigi ed il suo lucido giudizio che però, sinceramente, non condivido.
Infatti, come già fatto in passato, vorrei fare delle precisazioni, anzi una piccola riflessione su Don Gallo e lo spettacolo allucinante cui abbiamo assistito ai funerali – anche a costo di scatenare le proteste di mezzo blog!
Premesso che ciascuno di noi ha bisogno della Misericordia del Signore e che il funerale in Chiesa è un Sacramento, mi pare che – senza voler fare prediche a nessuno – il compito della Chiesa (e dei cattolici tutti!) sia quello di indicare la Verità. Perché la Misericordia senza Verità si chiama complicità.
E invece alla morte di Don Gallo si sono letti decine di commenti in cui si celebra solo il prete “di strada”, come un esempio più che positivo di sacerdozio vissuto, come se aprire la casa a poveri, trans e prostitute bastasse di per sé ad essere santi.
Ma se si segue acriticamente questo canovaccio, si fa fatica a cogliere una differenza netta tra Madre Teresa di Calcutta e Don Gallo, o tra Don Gallo e Don Oreste Benzi.
Ma una differenza c’è: anche Don Benzi accoglieva le prostitute e apriva la casa agli ultimi, anche madre Teresa raccoglieva per strada gli scarti della società (e non c’è neanche paragone tra Calcutta e Genova), ma il desiderio, la missione era quella di elevare tutti a Dio, non di abbassare Dio alla misura dell’uomo.
Per questo madre Teresa e don Benzi non avrebbero mai accompagnato una povera ragazza ad abortire o si sarebbero messi ad intonare “Bella Ciao”, nel mezzo del Sacrificio Eucaristico.
Un peccatore, consapevole di esserlo, ha bisogno di un Dio misericordioso non di un Dio complice: abbiamo bisogno di un Dio che è più grande di ogni peccato che possiamo commettere, e che ci dica “Và, sei perdonato, non peccare più, un’altra vita è possibile”.
A cosa ci può servire un Dio che ci dice “Ma sì, non fa niente, continua così che ti voglio bene lo stesso”?
Sabato scorso, L’Osservatore Romano pubblicava un brano di un’omelia tenuta dall’allora Cardinale Ratzinger in ricordo di Papa Paolo VI. L’omelia diceva fra l’altro:
“Paolo VI ha svolto il suo servizio per fede. […] ha dovuto accettare critiche, e anche in alcuni commenti dopo la sua morte non è mancato il cattivo gusto. Ma un Papa che oggi non subisse critiche fallirebbe il suo compito dinanzi a questo tempo. Paolo VI ha resistito alla telecrazia e alla demoscopia, le due potenze dittatoriali del presente. Ha potuto farlo perché non prendeva come parametro il successo e l’approvazione, bensì la coscienza, che si misura sulla verità, sulla fede”.
Che distanza siderale da personaggi come Don Gallo – e non solo perché Paolo VI era Papa e Don Gallo solo un povero prete innamorato di un Gesù Cristo fatto a sua immagine e somiglianza!
Ciò che mi rimane di quel funerale è il coraggio del card. Bagnasco che ha voluto celebrare il funerale del leader di una nota ONG di Genova pur consapevole che sarebbe stato fischiato.
Se non fosse andato il cardinale, probabilmente qualcun’altro (l’on Vitaliano Della Sala?) al posto suo…avrebbe occupato il palc… scusato sarebbe salito sull’ambone per il comiz… scusate per l’omelia… e magari chissà che avrebbe detto.
Il cardinale invece ha testimoniato una Chiesa diversa, che non si spaventa delle periferie e non è chiusa in se stessa: chissà quanti, quel giorno, si sono interrogati…
Niente scuse, mattlar! Si è capito bene quel che volevi dire. Attento alle parole!
Marilisa… pure alle parole?!?!?
🙂