Qui si narra la storia di tre coppie in missione: Enrico e Desi Ceccarelli, i loro cognati Paolo e Paola Ceccarelli, la loro figlia Giulia che al momento in cui scrivo sta per partire con il marito Fabio e con il figlio Ismaele (che ha meno di due anni) per il Mozambico. Ma cuore e motore di tutta questa missione sono Enrico Ceccarelli e Desi Giannoni, che sono stati per un decennio la coppia animatrice del Centro Fraternità Missionarie di Piombino e poi sono partiti loro stessi per il Mozambico. In questa intervista Desi narra l’avventura del loro “ministero di coppia” e la viva memoria lasciata da Enrico che è morto di tumore nel 2004 lasciandola coordinatrice delle attività di una parrocchia di Piombino della quale si erano assunti la responsabilità negli anni della malattia.
Enrico ed io non eravamo due persone di fede, anzi. Enrico aveva litigato con Dio perché, essendo cuoco su una nave da crociera e avendo saputo che il padre era stato colpito da un ictus, aveva pregato di poter tornare in tempo per rivederlo ma era arrivato a casa solo tre giorni dopo il funerale. Io ero cristiana ma più per l’educazione ricevuta che per convinzione personale. Anche quando abbiamo deciso di sposarci in chiesa – nel 1977 – l’abbiamo fatto perché tutti intorno a noi facevano così.
Le cose cambiano quando arrivano nella nostra parrocchia – nel 1986 – Emma, missionaria laica e padre Carlo Uccelli, saveriano, che avevano alle spalle un decennio di missione in Africa e che si impegnano nella formazione di sacerdoti e famiglie intenzionate a costruire delle Fraternità in terra di missione. Con loro scopriamo un nuovo modo di parlare di Dio e di essere Chiesa. Già la nostra vita era improntata alla semplicità e alla condivisione, ma nella lettura della Parola che venivamo facendo sotto la guida dei due missionari trovavamo motivazioni più profonde e finalità più alte. Scoprimmo il desiderio di una vita più viva. Aprimmo la nostra casa a un gruppo di lettura del Vangelo del quale Enrico era l’animatore e io lo seguivo con gioia.
Di figli ne avremmo voluti almeno dieci, ma ci furono gravidanze difficili e ne arrivarono tre: Filippo, Giulia e Caterina, mentre altri cinque ne avemmo in affido: tre italiani, un albanese e una saharawi. Eravamo impegnati come coppia nella preparazione dei fidanzati al matrimonio ed entrammo a far parte del Centro Fraternità Missionarie realizzato da padre Carlo ed Emma. Eravamo la coppia di riferimento per la formazione dei fidanzati e degli sposi che desideravano partire per la missione alle genti. Nel 1998 siamo partiti anche noi per il Mozambico, dove siamo restati tre anni e mezzo, a Chibututuine, in una zona devastata dalla guerra e poi colpita da un’alluvione, portando con noi le due figlie e lasciando a casa il figlio più grande, Filippo, ormai ventenne. In Africa Enrico mise a frutto creativamente l’esperienza di imprenditore che aveva fatto qui a Piombino, dove aveva gestito un’azienda di oleodinamica di 60 operai. Dopo l’alluvione ricevette un apprezzamento dal governo mozambicano per aver coinvolto gli alluvionati nella ricostruzione delle case, con i loro tempi e i loro metodi. Diceva che i poveri devono diventare protagonisti della propria liberazione.
Scoprimmo la malattia di Enrico nel 2001, durante un rientro di vacanza in Italia: era un tumore al polmone già non più operabile e con metastasi al cervello. Seguono tre anni nei quali non smarrisce mai la sua energia trascinatrice e si impegna a preparare amorevolmente i figli a vivere nel Signore la sua morte. Con riferimento alle gravidanze difficili e ai figli perduti prima della nascita diceva: “Una bella parte della nostra famiglia è già in paradiso e quando arriverò là me li prenderò tutti in collo questi nostri figli che finalmente conoscerò”. Con le figlie parlava in parabole: “Andrò nel Giardino di Dio a prepararlo per quando tutti ci ritroveremo insieme. Pianterò tanti alberi che intanto cresceranno perché quando arriverete siano già grandi”. Alla più piccola diceva: “Nel Giardino vi preparerò un banchetto. Che ti piacerebbe trovare sulla tavola? Il latte no, lo so che non ti piace; ma le ciliegie sì, ci metterò tante ciliegie”.
Credeva fortemente nel “ministero di coppia” come lo chiamava e dovevamo fare tutto insieme. Una volta che gli fu proposto di diventare diacono così rispose per iscritto: “E’ un onore grande che mi sia stata fatta questa proposta, ma io leggo la mia storia a partire dall’essere coppia con Desi, non lasciando in ombra nessuno dei due. La nostra conversione è stata di coppia. Il servizio ecclesiale al Cotone [nella zona delle acciaierie di Piombino, ndr] e ora a San Bernardino, così come quello sociale e di accoglienza, è stato di coppia. Far parte del Centro Fraternità Missionarie e partire per il Mozambico è stata ancora una scelta e un impegno di coppia. Non sarebbe forse bene riconoscere e valorizzare di più il ministero di coppia, tentando strade che costruiscano la pastorale ordinaria non solo attorno a un prete, ma anche a una famiglia, che è Chiesa domestica?
Eravamo già nel pieno della malattia quando accogliemmo l’invito del vescovo a farci carico della parrocchia di San Bernardino rimasta senza prete, perché – diceva Enrico – “non vogliamo morire prima del tempo ma vivere in pienezza da cristiani fino alla fine”. Nell’ultima fase mi svegliava di notte per dirmi qualcosa che pensava fosse importante per me e non voleva dimenticare di trasmettermi. Aveva un carattere generoso e anche focoso. Alle volte lo vedevo piangente, mi diceva “ho paura” ma subito prendeva il Vangelo che tenevamo sempre sul comodino, lo apriva a caso e leggevamo un brano e ci ritrovavamo nel Signore. A tavola diceva: “Preghiamo perché Gesù sia conosciuto da tutti e questo amore sia amato da tutti”.
Andammo due volte a Lourdes. Diceva: “Non chiedo la grazia per me”. L’ho visto uscire dalla piscina singhiozzando: “Non sono guarito dal tumore, ma ho avuto la grazia di sentire come cosa certa che la vita non è tolta con la morte”. Dopo la seconda visita mi ha detto di aver inteso dentro le parole: “Ti basti il battesimo”. Ormai era pronto. Sentendo della morte di un amico nell’aprile del 2004, lui morirà il 5 ottobre, esclama: “Non è giusto, mi ha sorpassato”. Il giorno del funerale ho avvertito dentro di me e intorno a me il suo spirito, anzi la sua presenza. Quel giorno c’erano in me, scandalosamente intrecciati, il dolore e la gioia. E me ne è venuto il desiderio di continuare anche a suo nome l’impresa avviata insieme. Ma la stessa comunità in cui viviamo e tutta la nostra famiglia ha un sentimento vivo della sua presenza. La nostra figlia Giulia e il fidanzato Fabio hanno scelto di sposarsi nel giorno anniversario della sua nascita al Cielo.
Nel suo ricordo ho trovato la forza di farmi carico da sola della parrocchia che porto avanti come se lui fosse ancora con me. Nel 2008 ho chiesto aiuto ai cognati Paolo e Paola Ceccarelli che a Fano gestivano una casa famiglia, Casa Nazareth, per ragazze madri e bambini soli, realizzata con l’aiuto di don Di Liegro. Ho chiesto loro di venire a darmi una mano e li ho sentiti accettare con entusiasmo. Enrico li aveva preparati a questo. Ora dunque qui siamo un’equipe familiare, costituita da due famiglie, che si occupa delle attività parrocchiali.
Ho conosciuto Desi Giannoni Ceccarelli nella sua casa presso la parrocchia di San Bernardino, a Piombino, nel novembre del 2011, durante un incontro organizzato dai comuni amici Simone e Luisa Sereni. “Enrico mi ha voluto bene senza giudicarmi. Questo non lo scorderò mai. Era un uomo senza retorica ma nei suoi occhi appassionati ho visto l’amore di Dio per me” sono parole di Simone ascoltate in quell’occasione. Erano presenti all’incontro le figlie Giulia e Caterina, i cognati Paolo e Paola, Emma e padre Carlo. Sembrava di essere in una delle case di Corinto o di Efeso dove si riuniva la Chiesa delle origini, come narrano gli Atti degli Apostoli e le Lettere di Paolo.
[Agosto 2012]
[…] Qui si narra la storia di tre coppie in missione: Enrico e Desi Ceccarelli, i loro cognati Paolo e Paola Ceccarelli, la loro figlia Giulia che sta per partire con il marito Fabio e con il figlio Ismaele (che ha meno di due anni) per il Mozambico. Ma cuore e motore di tutta questa missione sono Enrico Ceccarelli e Desi Giannoni, che sono stati per un decennio la coppia animatrice del Centro Fraternità Missionarie di Piombino e poi sono partiti loro stessi per il Mozambico. In questa intervista Desi narra l’avventura del loro “ministero di coppia” e la viva memoria lasciata da Enrico che è morto di tumore nel 2004 lasciandola coordinatrice delle attività di una parrocchia di Piombino della quale si erano assunti la responsabilità negli anni della malattia. – E’ l’avvio a esca di un buon testo intervista che puoi leggere nella pagina CERCO FATTI DI VANGELO di questo blog, capitolo 10 “Coppie in missione come Aquila e Priscilla”: Enrico e Desi Ceccarelli: “Scoprimmo il desiderio di una vita più viva”. […]