Lidia Quaranta, di Rimini, muore a 29 anni nel 2010 e il marito Matteo così narra il loro matrimonio, gli anni felici, la malattia e la partenza di lei vissuta da ambedue “nella certezza di una vita che non finisce”:
Lidia si è ammalata nel 2009 pochi anni dopo il nostro matrimonio. Ci siamo sposati il 23 settembre del 2006, abbiamo passato due anni bellissimi in questa casa, sentendo di avere intrapreso il cammino che sognavamo e poi nel 2009, a marzo, mentre camminavamo in montagna sulla neve, lungo quella salita lei ha manifestato il primo sintomo della malattia e quindi in un attimo la nostra vita è cambiata, il nostro cammino successivo è durato 15 mesi e io lo paragono a una discesa in un abisso e a una risalita verso la vetta.
Lungo questa salita la fragilità è un paradigma di quello che abbiamo vissuto. Specialmente quando sali sopra certe quote tu sei completamente esposto, non hai difese, non conti più nulla di fronte alla grandezza di quello che hai attorno. In quel momento l’atteggiamento dell’affidamento fa la differenza. Con Lidia posso dire che questa vetta l’abbiamo raggiunta con un pochino di anticipo e poi ci siamo fermati un po’ lì a goderci un cielo incredibile, un’aria tersa.
Lidia è andata in cielo il 21 agosto del 2010. Le ultime due settimane sono state particolarissime, le abbiamo passate all’hospice di Rimini. Era agosto, pieno agosto, c’era sempre il sole e in quella stanza dell’hospice c’era un’aria molto, molto particolare. Lei era già una persona meravigliosa prima, ma in quei frangenti veramente ha rivelato il meglio della sua natura e ce l’ha donata di fatto, perché chiunque sia passato anche brevemente, per pochi istanti, da quella stanza, dice di essere arrivato con l’angoscia e di essere andato via in pace.
Lidia aveva una certezza assoluta che era quella della vita, tant’è che lei è arrivata in fondo al suo cammino vivendolo come un cammino in una prospettiva di guarigione, ma in realtà quello che viveva – secondo me – era già la certezza di una vita che non finisce. In tutto questo Dio era quel compagno vivo di cammino, quel supporto a ogni passo, a ogni tentazione di cedimento, a dei momenti di fatica veramente estremi che ci sono stati. Lungo il cammino che abbiamo affrontato insieme ci sono stati, penso, tutti i colori delle emozioni possibili, dalla disperazione più nera fino all’azzurro del cielo e all’aria tersa e penso che vadano vissute tutte. Cioè non può mancare nel corso della vita e nel corso di un’avventura come questa, non può mancare la disperazione, la percezione di essere abbandonati, impotenti, e inutili nell’affrontare quello che sta arrivando. E secondo me il trucco è proprio nel non scappare davanti a questo.
La cosa che resta di più in assoluto come percezione della Lidia è il suo sorriso. Al di là delle sue manifestazioni, dei suoi gesti di gioia, delle parole che potevano essere anche poche, poteva bastare uno scambio meno verbale magari del normale, ma quello che resta è la sua fisicità gioiosa e un sorriso che conteneva il sole.
Matteo Botteghi fa questo racconto nel capitolo “Fragilità” del video “Vita cristiana: ce n’è una più umana?” Prodotto dalla diocesi di Rimini nel maggio del 2012. Su Quotidiano.net era apparso il 23 agosto 2010 questa necrologia: “Con la gioia dei risorti annunciano il ritorno all’abbraccio del Padre di Lidia Quaranta in Botteghi di anni 29. Il marito Matteo, i genitori Sandro e Rita, i fratelli Maria Luisa e Gabriele, i suoceri Pier Paolo e Maria, la cognata Michela, unitamente ai parenti tutti. I funerali avranno luogo lunedì 23 Agosto, alle ore 15.30 nella Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista; dopo le esequie seguirà il trasporto della cara salma al civico Cimitero”. Ho conosciuto Matteo per corrispondenza in occasione della veglia di Pentecoste che si è fatta a Rimini in piazza Cavour il 26 maggio 2012, durante la quale veniva proiettato il video da cui ho preso le sue parole. Io ero lì per commentare le testimonianze contenute nel video.
[Agosto 2012]