Libretto raro questo di Giorgio Meschini e da leggere con gratitudine. Perché se è sempre rara – e perla di grande valore – la narrazione della fede, rarissima è quella dei cristiani comuni che svolgono ruoli di primo piano nella società. L’attestazione della fede cristiana nella vita pubblica italiana non è affatto precaria, ma rara e reticente è la sua narrazione da parte dei protagonisti.
C’è infatti qui da noi una decisa ritrosia a raccontare il proprio rapporto tra la fede e l’impegno pubblico, rapporto che è costante materia di ammonizione da parte degli uomini di Chiesa e forse anche per questo è avvertito quasi come un tabù dai cristiani comuni che quotidianamente lo vivono. Il nostro autore con questo volumetto rompe quel tabù e quella reticenza.
Giorgio Meschini è un ingegnere nucleare che si occupa di sicurezza nei luoghi di lavoro e conosce l’intreccio delle responsabilità private e pubbliche in materia di tutela della vita e di promozione dell’uomo: anche di ciò parla nel libro e in particolare di come la vocazione cristiana spinga ad affrontare secondo un’attitudine di servizio ogni impegno culturale e professionale.
Meschini è stato attivo fin da ragazzo nell’Azione Cattolica di Macerata, dove è stato anche vice presidente diocesano del settore giovani: questa esperienza – avvertibile nel linguaggio del volumetto – aiuta a intendere la passione e la gratitudine con cui l’autore intesse ogni considerazione sulla vita ecclesiale.
Infine la più importante, forse, tra le scuole frequentate dal nostro e che l’hanno preparato e provocato a svolgere questa narrazione di sè: per quindici anni a partire dal 1985 egli è presente nel Consiglio comunale di Macerata, eletto prima nella lista della Dc poi in quella dei Popolari. Sempre di Macerata è sindaco – a capo di una giunta di Centro Sinistra – per un decennio, dal 2000 al 2010. Egli dunque sa “di che lacrime grondi e di che sangue” la lotta politica e come essa metta alla prova il sentimento cristiano della vita e il discernimento che da esso può germinare se posto a buona cultura.
Meschini è molto discreto – forse troppo – nel fare riferimento alla molteplice esperienza del combattimento a cui va incontro ogni vocazione pubblica e in particolare quella politica. Sta al lettore tener presente quel retroterra esigente delle sue parole mai enfatiche. Badando al curriculum – e all’immagine di buon concittadino di cui gode in Macerata, ora che ha lasciato ogni incarico nella vita della città – potremo intendere appieno l’affermazione che è alla base dell’intera narrazione: “La fede è un fatto personale che non può non incidere anche nelle scelte ‘politiche’, non dei partiti, delle persone”.
La riflessione del nostro è sempre legata all’esperienza – di uomo tra gli uomini, di professionista, di sposo, di cittadino – e questo è il suo sale. Egli è sposato ma non ha figli e persino questa privazione della paternità è più volte “serenamente” echeggiata nei dodici capitoli del libretto. In una pagina dice che la mancanza di figli ha permesso a lui e alla moglie di dedicarsi “con maggiori energie ad altri impegni sia familiari sia sociali, i quali ci offrono la possibilità di vivere in modo diverso l’esperienza della maternità e della paternità”.
Quanto all’esperienza di uomo tra gli uomini, nel terzo capitolo scrive del dovere del cristiano di vivere “incarnato” perché “solo con gli occhi ben attenti a ciò che mi capita intorno” potrò riconoscere il prossimo a cui approssimarmi. Qui scorgo il consigliere e il sindaco che passa per via e dove guarda vede.
Sull’esperienza sponsale il libretto offre le pagine più catturanti, specie quando – nel quarto capitolo – tratta della preghiera come di un “dialogo tra due amanti” e guarda all’adorazione come a un “contemplarsi a vicenda godendo della presenza dell’altro” e alla comunione eucaristica come a un inveramento sacramentale dello slancio di unione che induce gli innamorati a dire “ti mangerei”.
La ricca esperienza di “cittadino” rende sapide le pagine in cui Meschini parla – nel quinto capitolo – delle tentazioni della ricchezza, del potere e del sesso: della “sudditanza ai potenti” che sempre insidia i singoli cristiani e l’intera comunità, dell’accusa di sessuofobia – immeritata ma non casuale – che ancora viene mossa alla Chiesa, del “possesso dell’altro” che non è una degenerazione della sola vita sessuale o politica.
Ho trovato utile ascoltare – nei capitoli centrali del libretto – questo ingegnere nucleare e già sindaco che svolge una singolare lectio delle Beatitudini, della Parabola del Giudizio finale e dell’Inno alla carità di Paolo, con vivi riferimenti a salari e salute, all’impegno politico che assume e che lascia in libertà di spirito, alla miseria di tanti, alla pace e alla guerra, ai migrati e ai carcerati, alla pena di morte, al “peccato” dell’evasione fiscale, a quel “rivoluzionario anticonformista” che è il cristiano che affronta il mondo “a mani nude”.
Nell’ultimo capitolo Meschini tratta la questione attualissima dei “valori non negoziabili” – soprattutto in riferimento al “fine vita” – e di come promuoverli in una comunità civile e politica in cui convivono appartenenti a “fedi” diverse. Egli indica nella nostra Carta costituzionale l’esempio “più alto” dei risultati che si possono ottenere con la concertazione democratica a promozione di quei valori e tenacemente si rifà a una “visione molto laica e relativistica della politica”, senza mai attribuirle “un valore assoluto e salvifico”. Egli – in altre parole – è di centrosinistra ma qui non si adopera a portare il lettore dalla sua parte che addirittura non nomina mai: perché è vero – argomenta – che “ciascuno può legittimamente ritenere che una parte politica sia più confacente alle proprie idee rispetto a un’altra”, ma questa opzione sarà solo il punto di avvio di una sfida sempre aperta e mai appagata a farsi prossimi a ogni umanità, assumendo ognuno il rischio delle proprie scelte e rispettando quelle altrui, gareggiando tutti nella dedizione al bene comune.
Il meglio di questa narrazione della fede da parte di un cristiano comune così concretamente impegnato sta in questo: che in nulla egli pretende di porsi a maestro e – insieme – mai si rifiuta di dare il proprio apporto alla ricerca di tutti. Mira in ogni pagina a porre in luce la scelta di fede mentre colloca in secondo piano le scelte storiche, che non nasconde e non ostentata, sempre sottoponendole a critica e vivendole nella logica del provvisorio che dovrebbe caratterizzare ogni umana avventura.
Luigi Accattoli
www.luigiaccattoli.it
Quarta di copertina
Un ingegnere nucleare che si occupa di sicurezza del lavoro e che è stato per un decennio sindaco di Macerata narra la propria esperienza di vita che ha i suoi “fuochi” nella fede cristiana e nella “politica”.
Una fede “laica”, ragionevole e ragionata, fondata sul rapporto personale e comunitario con Dio e incarnata nell’incontro con gli uomini attraverso tutti gli aspetti della vita sia privati sia pubblici, in un continuo scambio che rende la fede concreta e la vita realizzata. La “politica” come relazione tra gli uomini nell’organizzazione sociale, di cui il “fare politica” nelle istituzioni democratiche è solo un aspetto, perché l’“azione politica” parte dal modo di essere, di agire e di pensare di ciascuno.
La riflessione dell’autore è sempre legata all’esperienza – di uomo tra gli uomini, di professionista, di sposo, di cittadino – e questo è il suo sale. Si avverte in ogni pagina l’occhio dell’ingegnere che ispeziona uno stabilimento, o del sindaco che attraversa la città e dove guarda vede.