Mirella Ruosi di Collecchio, Parma, operata di tumore alla tiroide, narra come scoprì la grave malattia e come la sta vivendo. Decisivo fu l’abbraccio che ricevette dalla dottoressa che le diede la notizia e alla quale disse: “Non sto piangendo per quello che mi hai comunicato, ma perché mi hai abbracciata”.
Il 3 dicembre 2010 sono in ospedale a Parma in attesa di un ago aspirato che il prof. Chiodera ha chiesto alla sua collega dott.ssa Cataldo di effettuarmi pochi giorni prima, perché un nodulo tiroideo in cura da più anni aveva avuto “2 figli” e stava ingrossandosi. Ai poliambulatori c’erano tante persone in attesa, perché i due medici menzionati ricevono con un’infinita disponibilità tante persone in più di quelle previste dal calendario loro assegnato. Esce dalla stanza la dott.ssa Cataldo e chiama me, che ero li da poco. Entrata le dico che c’erano persone prima di me e potevo tranquillamente aspettare. Lei era contrariata per le solite contese sulle “precedenze acquisite” e si è sfogata con me sentendosi compresa. Mi ha detto: “Volevo dirle…” e io subito pronta, con un sorriso: “se ci diamo del tu?” Sapevo che mi stava chiedendo l’esito dell’eco precedente, ma era il mio modo di allentare la sua tensione ed entrare in empatia. Mi ha fatto un sorriso e siamo passate al “tu fraterno”. Ha visionato l’eco e mi ha fatta sdraiare per l’ago-aspirato dicendomi: “Lo facciamo subito, sono sicura che oggi proprio a te non potrò che dare una buona notizia”.
E’ stata bravissima, non ho sentito nulla e in più mi ha detto che era riuscita a prelevare proprio dove voleva. E’ uscita dalla stanza per andare a vedere il vetrino. Al ritorno era rabbuiata, non aveva il coraggio di guardarmi. Le ho detto di dirmi serenamente quello che doveva. Ha appoggiato il vetrino esclamando: “Non è giusto che proprio a te…”. Per farvi capire, il vetrino aveva tanti puntini neri uno vicino all’altro mi è sembrato “il male” che l’attore di colore del film “Il miglio verde” toglie dalle persone risucchiandolo dalla bocca. Ha proseguito: “Aspettiamo l’esame citologico la prossima settimana, ma non è niente di bello”.
Mi ha guardato negli occhi e mi ha abbracciata. Ho accolto il suo gesto e lei è sparita tra le mie braccia perché è esile ed io 104 kg. Le lacrime sono cominciate a scendere dal mio volto. Mi ha detto di non piangere e mi stava spiegando che il tumore era aggredibile con una terapia ma io l’ho bloccata dicendole: “Non sto piangendo per quello che mi hai comunicato, ma perché mi hai abbracciata”. Allora anche lei è scoppiata in lacrime e io mi sono accorta che quell’abbraccio di pochi minuti per me valeva un’eternità.
Ora cerco di spiegare cosa ho provato, consapevole che un incontro con il Risorto non è possibile renderlo a parole. Già a quella sua comunicazione della diagnosi stava scattando in me il ragionamento “perché a me”; ma l’abbraccio, quell’abbraccio immediatamente successivo non era solo di Simona, no: era l’abbraccio di tutti i fratelli del mondo, di ogni razza, di ogni nazionalità, di ogni religione. Era l’abbraccio Suo, di Gesù. Mi sono sentita ricoperta dal mantello della Misericordia di Dio, unta con olio profumato; insomma, mi sono sentita Amata, riempito il cuore di un Amore che avrebbe potuto farlo implodere da un momento all’altro. Le lacrime sgorgavano copiose perché in quel momento il mio cuore ha pregustato il Paradiso e ho solo potuto dire con tutta me stessa: “Davvero Signore Gesù mi ami così tanto?”
La sera stessa di quel 3 dicembre all’Eucarestia delle 18 ho cercato il prete per la confessione e ho provato com-passione e com-prensione come se veramente a parlare con me fosse Gesù e, attraverso la parola del prete, mi sentivo accompagnata.
Sono stata operata di carcinoma papillare a cellule alte invasivo l’11 gennaio 2011, ho fatto il primo ricovero a Brescia il 14 aprile dello stesso anno per la terapia con lo iodio 131. Ho trascorso in quell’occasione la Pasqua lontana dalla mia famiglia perché radioattiva ma vi assicuro che quest’anno 2012 la Pasqua vissuta in comunità insieme ai miei fratelli ha avuto un “sapore” e un’intensità che nessuna delle 51 precedenti aveva avuto.
L’errore più grande che possiamo fare è di “abituarci” a essere cristiani, è di rimanere una vita intera (compresa la messa, Pasqua domenicale) ripiegati su noi stessi, guardando a ciò che non va e non alzando mai lo sguardo a Lui, verso il Cielo, diritti, camminando da Figli di Dio, figli di Re, destinati alla Gloria, già Salvati dal Suo Prezioso Sangue. Tutti fratelli in quanto Figli di un unico Dio che si fa Tutto in Tutti. Come non gioire, come non essere Illuminati da tanta Luce? Come non cantare: “Grazie Signore Gesù, grazie del Tuo Amore che è per sempre, per l’Eternità”.
Da quando a 30 anni è iniziata la mia seconda vita, quella vera (fino a 30 anni ero una “mangiapreti”), ogni giorno mi sento ripetere da Lui: “Non avere paura, non temere, Io sono con te”. E se Lui è con me, chi sarà contro di me, diceva l’apostolo Paolo. Io rispondo sempre al “mio” Gesù: “Non ho paura se Tu sei con me”. Molte volte noi non comprendiamo, non è importante. Un giorno, quando saremo faccia a faccia, tutto ci sarà chiaro. Quando penso a questo incontro devo fare un forte sospiro e dilatare polmoni e cuore perché sarà una Gioia troppo grande abbandonarsi in Lui. Già solo pensando a quella gioia mi sento beata.
Ho conosciuto Mirella Ruosi a Collecchio in occasione di una conferenza. Questo racconto lo ha scritto per il mio blog.
[Maggio 2012]