“Lei cade molto spesso in tentazione. Per vincere le sue debolezze, dovrebbe andare a Messa tutti i giorni e chiedere così aiuto al Signore”: è il consiglio che il confessore dà ad Alessandra Borghese, al termine della “confessione generale” che segna la sua conversione. E Alessandra – simpatica collega vaticanista del settimanale Panorama, 41 anni – così commenta quel consiglio: “Ho iniziato a partecipare alla Messa, quasi ogni giorno”.
Alessandra è una donna estroversa, decisa. La diresti una collega rampante. Nel libro che ha appena pubblicato dall’editore Piemme, Con occhi nuovi. La storia della mia conversione (174 pagine, 9,50 euro) si descrive come “carattere forte e scontroso”, un poco “prepotente”, “sicura” di sé, “di grande vitalità”, “un po’ altera e un po’ viziata”.
Questa è l’Alessandra di prima, che poi ha vissuto un grande cambiamento. Ma l’indole forte e combattiva è restata. E anche un “pizzico di monelleria”, che si manifesta quando corre in motorino per Roma.
Prima di leggere il libro – a me piacciono le storie delle vite convertite – io non sapevo nulla delle convinzioni e dei sentimenti di questa bella collega, discendente della nobile famiglia Borghese, che ha dato un Papa alla Chiesa. Avevo avuto con lei due conversazioni personali: una mentre facevamo la fila in un aeroporto, durante un viaggio papale; un’altra per via Condotti, a Roma e cioè come a dire sottocasa, dal momento che la sede del Corriere della Sera, dove lavoro io e il palazzo Borghese, dove vive lei, si trovano lì a due passi.
Nel colloquio all’aeroporto le avevo chiesto “che si prova a essere ‘proprietari’ della Cappella Borghese di Santa Maria Maggiore, dove vado a pregare quando sono libero”. Restò colpitissima da queste mie parole e continuava a domandare: tu conosci quella cappella, davvero ti piace, io ne ho una vera passione, pensa che una volta mi sono trovata lì con il Papa, un 8 dicembre, quando viene a pregare davanti all’icona della Vergine Salus populi romani (Salvezza del popolo romano).
Non diedi peso alle sue parole, ma ora vedo che di quella cappella e dell’incontro che ebbe lì con il Papa parla con commozione nel libro. Proprio come aveva fatto quel giorno, quando invece pensai che fossero parole di circostanza, anche se ben dette: “Come sanno essere convincenti le donne!”
Lo stesso pensiero avevo fatto per via Condotti, quando mi aveva chiesto che cosa pensassi della salute del Papa e io avevo risposto che probabilmente soffriva meno di quanto noi pensassimo e lei aveva esclamato: “Meno male, perché io gli voglio bene davvero”. Anche su questo torna il libro: “Dichiaro subito che sono entusiasta di Giovanni Paolo II. E’ l’unico uomo al mondo che ammiro incondizionatamente”.
In che cosa è consistita la conversione di “Donna Alessandra Romana dei Principi Borghese”, come la collega è chiamata sui cartoncini degli inviti ufficiali? “Ho ritrovato – lei dice – con pienezza una fede cristiana-cattolica mai estinta del tutto, ma certo compressa e soffocata in un angolo remoto del cuore”.
Alessandra confessa di aver vissuto – nella prima giovinezza – “anni superficiali e inquieti” e di essere stata – in essi – “molto distratta”. Benché non le siano mancate esperienze tragiche.
Dopo il liceo linguistico dalle suore del Sacro Cuore, studia “marketing e management” in un’Università americana che ha anche una succursale romana. Poi il salto a New York, dove lavora per l’American Express, avendo l’ufficio al 104° piano di una delle Torri Gemelle. Torna a Roma e fonda il “Centro culturale Alessandra Borghese”, che organizza mostre d’arte. Intreccia rapporti di amicizia e di lavoro con Giovannino Agnelli, Leonardo Mondadori, Isabella Rizzoli. Fa il Consigliere speciale per la cultura con il sindaco di Roma Francesco Rutelli. Oggi – come già detto – è la vaticanista del settimanale Panorama.
La prima esperienza terribile la fa per una via di Roma, dove un ragazzo di cui è innamorata si uccide a due passi da lei: “Si mise la pistola in bocca e si sparò”.
Si riprende a fatica da quello choc, si reinnamora e sposa un uomo che usa cocaina e che lei sogna di riscattare. Ma la droga sarà più forte della sposa e a due anni dal matrimonio arriva il divorzio e infine anche quel giovane – che “è stato l’uomo della mia vita” – si uccide.
Ma la conversione non arriva dall’esperienza del dolore. Arriva piuttosto dall’attrazione di un’amica di sangue blù come lei e – come lei – già mondana e “un po’ pazza”: Gloria Thurn und Taxis.
Lei continuava a vivere la sua vita spericolata, “come se Dio non ci fosse”, quando – siamo a metà agosto del 1998 – Gloria , di cui è ospite nel castello di Tuzing, l’invita “ad andare a messa con lei e la sua famiglia”. Un invito che si ripete e che si fa coinvolgente quando Gloria passa un periodo a Roma.
Alessandra avverte “un sentimento nuovo e irrefrenabile: quello di imitarla e di seguirla”. Seguendo l’esempio della “principessa punk” – come Gloria era detta prima della sua scoperta della fede – Alessandra arriva a una “profonda e liberante confessione” di due ore e al proposito di cambiare vita.
Questa è la descrizione del cambiamento: “Provai un sollievo enorme. Mi sentii rinata. Avevo scoperto, con una gioia che non riesco neanche pienamente a descrivere, che Dio era lì per me, per accogliermi e offrirmi il suo aiuto”.
Finalmente “respira a pieni polmoni”. Vede il mondo “con occhi nuovi”: e così intitola il libro. Scopre che “non è affatto vero che i cristiani non amino la vita”. Il suo è un cristianesimo felice: “E’ stata per me una fonte di grande gioia capire che per chi crede non ci sono punti morti, momenti privi di significato”.
La conversione le fa scoprire “numerosissimi amici” tra i santi: Caterina da Siena, Escrivà de Balaguer, Teresa di Calcutta, Francesco di Sales. Le chiedo al telefono se tra i suoi amici vi sia anche Padre Pio e reagisce così: “Lo considero importante per la risposta che dava alle persone che gli confidavano di fare difficoltà a credere in Dio: ‘Non ti preoccupare, Dio crede in te’. Quella frase di Padre Pio mi ha aiutato nella mia vicenda e mi aiuta ogni volta che parlo con qualcuno che fa l’agnostico”.
Luigi Accattoli
Da La Voce di Padre Pio 1/2005