«Mentre sto scrivendo le mie memorie sono in isolamento. Mi sento graziato dal Signore e cambiato radicalmente dentro. Provo disprezzo per il mondo a cui appartengo. Nella ‘ndrina (legalità e amore, ndr) non esistono, è un mondo dove l’omicidio è dietro l’angolo. Spero di essere di esempio per tutti quei ragazzi che sono vicini alla ‘ndrangheta così da avere la forza di volontà di tornare indietro, la forza di voltarsi prima che sia troppo tardi. Vorrei che questo brutto male sia sconfitto. Che una volta per tutte sia distrutto. Vorrei che stesse lontano da tutti i ragazzi a un passo dalla ‘ndrangheta. Una volta entrato a far parte della ‘ ndrangheta non riuscirai a uscirne. È come una droga per un drogato, ti entra nella pelle e nel sangue, acquisisci la sua mentalità, diventi sempre più spietato»: è un brano di un memoriale di 49 pagine scritto da Antonio Belnome, padrino di ‘ndrangheda pentito, nato a Giussano, Milano, da famiglia calabrese, 37 anni, due figli, arrestato il 13 luglio 2010.
Belnome inizia a “collaborare” nell’ottobre del 2010 nel carcere di Voghera. Completa la stesura del racconto della sua vita – che intitola “Memoriale di un ex padrino” – nel gennaio del 2011, quando con le sue confessioni i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Milano hanno già riempito 16 verbali. Con le sue “confessioni” svela quattro omicidi e documenta le proprie responsabilità. Per l’uccisione del boss operante in Lombardia Carmelo Novella – avvenuta nel 2008 e della quale ha indicato se stesso come esecutore materiale – Belnome il 20 giugno 2011 sarà condannato a 11 anni e sei mesi di carcere.
Ho preso le parole del memoriale di Antonio Belnome da un articolo del Corriere della Sera del 15 maggio 2011, a p. 17, intitolato “Milano. Il memoriale di Antonio Belnome, 49 pagine per dire basta con la ‘ ndrangheta: in ogni momento si può decidere la morte di qualcuno. Il boss pentito: che orrore la mia vita tre metri sopra il cielo”. La notizia della condanna da “Il Giorno” del 21 giugno 2011.