Il nuovo volume del Papa intitolato Gesù di Nazaret arriva con la Pasqua e si presenta come un’ottima lettura per questo tempo, avendo come sottotitolo Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione. Tratta cioè dell’ultima settimana della vita di Gesù e potrebbe benissimo accompagnarci nei giorni della Settimana Santa, essendo diviso in nove capitoli che hanno nei titoli la purificazione del tempio, il discorso escatologico, la lavanda dei piedi, la preghiera sacerdotale, l’ultima cena, il Getsèmani, il processo a Gesù, la crocifissione e la deposizione, la risurrezione.
Il libro inizia dall’ingresso di Gesù in Gerusalemme, accolto dalla folla festante, seduto su un’asina, come “un re della pace e un re della semplicità, un re dei poveri”. Non è un rivoluzionario politico, “non si fonda sulla violenza, non avvia un’insurrezione militare contro Roma”. Egli rifiuta l’uso della forza e chiede ai suoi seguaci di fare altrettanto. “La violenza – commenta Benedetto – non instaura il regno di Dio. È, al contrario, uno strumento preferito dall’anticristo. Non serve all’umanesimo, bensì alla disumanità”.
Sul rovesciamento del sogno messianico di Israele – che si aspettava un messia politico – il Papa scrive pagine che emozionano: “Gesù non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti ai margini della propria vita e ai margini della società. Egli mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore”.
In alcune pagine il volume ha l’andamento caldo della preghiera: “Nel Getsèmani Gesù ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui Egli ha lottato anche per me”.
Quando parla dei discepoli che si addormentano nell’Orto degli Ulivi, Benedetto sembrano alludere a quella spina nella carne costituita per lui e per tutti noi dallo scandalo della pedofilia del clero: “La sonnolenza dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male”.
Importante per il rapporto con gli ebrei è il capitolo 7, Il processo a Gesù, perché nella storia per tanti secoli gli ebrei sono stati considerati in blocco come un popolo “deicida”, cioè responsabile dell’uccisione di Dio in Gesù. Queste pagine hanno incontrato il gradimento degli ambienti ebraici italiani e internazionali. In esse il Papa sottolinea che a volere la morte di Gesù non è stato “il popolo” degli Ebrei come tale, ma l’aristocrazia del tempio (con qualche eccezione, tipo Nicodemo) e la “massa” dei sostenitori di Barabba.
Il massimo impegno il Papa esegeta e teologo lo pone nel capitolo 9, intitolato La risurrezione di Gesù dalla morte. Qui è rilevante la ricerca di un linguaggio nuovo per parlare di una realtà sorprendente: “La risurrezione di Gesù è stata l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò – una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini”.
Il Papa vuole chiarire che la risurrezione di Gesù non ha nulla a che fare con quella di Lazzaro, che il Signore aveva operato poco prima della sua passione. Lazzaro era tornato a vivere, si era avuta la “rianimazione di un corpo morto”, mentre con la risurrezione di Gesù abbiamo qualcosa come una nuova creazione: “La risurrezione di Gesù (…) è una sorta di ‘mutazione decisiva’ (…) un salto di qualità. Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini”.
Benedetto insiste nel descrivere i discepoli, testimoni della risurrezione, “sopraffatti dalla realtà” che sperimentano e da essa indotti ad attestare “con un coraggio assolutamente nuovo” che “Cristo è veramente risorto”. “Di fatto – argomenta il Papa professore – l’annuncio apostolico col suo entusiasmo e con la sua audacia è impensabile senza un contatto reale dei testimoni con il fenomeno totalmente nuovo ed inaspettato che li toccava dall’esterno e consisteva nel manifestarsi e nel parlare del Cristo risorto. Solo un avvenimento reale di una qualità radicalmente nuova era in grado di rendere possibile l’annuncio apostolico, che non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche”.
Dunque la risurrezione e le apparizioni del Risorto costituiscono per i discepoli un “avvenimento esterno” e non un’esperienza “mistica”. E’ ben comprensibile l’insistenza di Benedetto XVI su questo asserto centrale nella tradizione di tutte le Chiese: “La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere – una sorta di concezione religiosa del mondo –, ma la fede cristiana è morta. Gesù in tal caso è una personalità religiosa fallita”. Qui è detta, in chiaro, la distanza tra il Papa teologo e i teologi secolarizzati, o demitizzanti, o liberali come si chiamavano un tempo.
Sul ruolo delle donne nella Chiesa il volume ha queste righe incoraggianti: “Come già sotto la croce – a prescindere da Giovanni – si erano ritrovate soltanto donne, così era a loro destinato anche il primo incontro con il Risorto. La Chiesa, nella sua struttura giuridica, è fondata su Pietro e gli Undici, ma nella forma concreta della vita ecclesiale sono sempre di nuovo le donne ad aprire la porta al Signore, ad accompagnarlo fin sotto la croce e a poterlo così incontrare anche quale Risorto”.
Infine la domanda delle domande: se Gesù è risorto davvero, se davvero ha vinto il male, perché la sua vittoria non si fa più manifesta? Perché manca la prova indubitabile che induca l’intera umanità ad accettare l’annuncio cristiano? Già nel primo volume il Papa rifletteva su questo aspetto drammatico dell’esperienza cristiana, che nell’ultimo capitolo del nuovo volume evoca così: “E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come Risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di ‘vedere’. E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore”.
Pur nella necessità di un ascolto assiduo della voce “sommessa” del Signore, Papa Ratzinger invita i cristiani a guardare con fiducia al futuro della fede: “Anche oggi la barca della Chiesa, col vento contrario della storia, naviga attraverso l’oceano agitato del tempo. Spesso si ha l’impressione che debba affondare. Ma il Signore è presente e viene nel momento opportuno (…) La vittoria dell’amore sarà l’ultima parola della storia del mondo”.
Luigi Accattoli
La Voce di Padre Pio 5/2011
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Tutto Gesù in tre volumi
Quando l’opera del Papa su Gesù sarà completa avremo una trilogia, cioè tre volumi, che avranno tutti il titolo Gesù di Nazaret, ma tre diversi sottotitoli: Prima parte: i Vangeli dell’infanzia; Seconda parte: dal battesimo nel Giordano fino alla trasfigurazione; Terza parte: Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione. Quest’ultimo è il sottotitolo del volume presentato alla stampa il 10 marzo. E’ pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (345 pagine, 20 euro). Il volume sulla “vita pubblica” era stato pubblicato nel 2007 da Rizzoli e contava un centinaio di pagine in più. Quello sui racconti dell’infanzia – si potrebbe anche dire Dall’annuncio a Maria alla disputa nel tempio – è previsto per il prossimo anno. Non sappiamo come sarà intitolato. Nella premessa al volume appena pubblicato, il Papa dice che intende restare fedele all’impegno che ha preso e vorrebbe “presentare su tale argomento [l’infanzia di Gesù], ancora un piccolo fascicolo, se per questo mi sarà ancora data la forza”.