Benedetto Castellini perde l’uso delle gambe nel 1998 – a 43 anni – per una lesione midollare causata da un intervento chirurgico per ernia dorsale. Insegnante di matematica e fisica nei licei, sposato, due figlie, è costretto a lasciare la scuola e muoversi con la sedia a rotelle, ma non si arrende e conquista con grande tenacia una sua autonomia di movimento. L’esperienza di tanta fatica ne ha fatto un lodatore del “prodigio” del corpo umano e della prudenza necessaria a proteggerlo.
Dopo anni di fisioterapia riabilitativa sto in piedi a fatica e il mio modo di camminare è faticoso. Per salire i venti scalini della mia casa impiego anche dieci minuti. Guido un’auto adattata a me e nell’auto mi porto la carrozzina. Tre volte alla settimana vado in piscina dove ritrovo me stesso nuotando. In casa mi esercito con un tapis roulant. Dopo un’ora di piscina sto bene per il resto della giornata e mi sento in pace con me stesso e con il mondo.
Il mio rapporto con Dio è altalenante, a volte mi sembra che non esista o che sia solo una necessità umana per consolarci della morte, altre volte invece invoco il suo aiuto e penso che se non ci fosse sarebbe una grande fregatura, specialmente per chi ha vissuto una vita di stenti (vedi parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro). Sono grato per le grazie ricevute da me e dai miei famigliari e vedo la più grande nel fatto che nel nostro Paese a partire dalla mia generazione abbiamo potuto vivere in pace senza conoscere fame, distruzione, terrore.
Vorrei fare una raccomandazione – che potrebbe apparire banale e ripetuta chissà quante volte in spot televisivi – ai ragazzi ma anche agli adulti: nei vari ricoveri ho conosciuto giovani che, per un incidente d’auto o di moto, sottovalutando il pericolo, si sono ritrovati in carrozzina. Perché farsi del male per mancanza di un po’ d’attenzione e di prudenza, o per sentimento d’invulnerabilità? Dovremmo pensare a quanto è complesso il nostro organismo, che nessun laboratorio potrebbe mai riprodurre. Ogni tanto perché non lasciare auto e moto e riprendere la vecchia bici o semplicemente camminare, fare un passo avanti l’altro, e sentire il peso del proprio corpo sul piede d’appoggio, per poi liberarlo e mandarlo avanti all’altro piede che diventerà a sua volta d’appoggio? Anche l’utilizzo delle mani, con tutte le loro articolazioni, per impugnare, stringere delicatamente e con forza oggetti o la mano di una persona amica, sembrano cose scontate che possano durare l’intera vita e invece in un attimo si può perdere tutto. Anche se – per quello che mi riguarda – debbo dire che la speranza di un aiuto dal Cielo e dalla ricerca, che mi salvi da questa situazione, è sempre con me.
Quella riportata in corsivo è – abbreviata – la conclusione di un racconto che Benedetto Castellini ha scritto su mia richiesta nel novembre del 2010. L’intero racconto – intitolato Un episodio della mia vita – si può leggere qui .