La Rete permette ai disabili di comunicare ben oltre la loro capacità – a volte menomata – di muoversi o di parlare: è uno dei vantaggi dell’era digitale. “Non cammino e scrivo con la voce sul mio sito” mi informa Franco Antonio Mizzi che ha realizzato un sito molto ben fatto, intitolato A mio Padre dal quale riporto alcuni passi della pagina AUTOBIOGRAFIA:
Mi chiamo Franco Antonio Mizzi, sono nato nel 1954 e risiedo a Paderno Dugnano, Milano. All’età di nove mesi sono stato colpito da meningite e fin da piccolo ho subito diversi interventi chirurgici: più di 30 fino a ora. Nel 1967 vengo dimesso dall’istituto neurologico – dov’ero stato undici anni – con la diagnosi: “affetto da tetraparesi spastica” con “ritardo mentale irrecuperabile”, e vengo ricoverato al Don Gnocchi di Torino per essere avviato a una scuola professionale. Qui incontro il maestro Carlo De Ponti che, dandomi fiducia, mi fa frequentare la scuola normale, così finisco la terza elementare e successivamente – al Don Gnocchi di Roma e poi a quello di Milano – il ciclo delle elementari e delle medie. Prima di uscire dal Don Gnocchi mi rifanno i test psicologici e risulta un’intelligenza superiore alla media e non capiscono come i loro colleghi avessero potuto sbagliare la diagnosi.
Mi iscrivo all’Università Cattolica e cerco un lavoro iscrivendomi al collocamento obbligatorio. Vengo mandato presso una ditta che però si rifiuta di assumermi e di fronte all’ingiunzione del pretore del lavoro tenta di offrirmi cinque milioni affinché rinunci al posto. Rifiuto l’offerta e vengo messo in un sottoscala da solo con una scrivania e la maggior parte delle ore lavorative non mi fanno fare niente. I primi tempi c’era con me Maurizio, dipendente di quella ditta e sindacalista, che mi aveva aiutato nella battaglia per l’assunzione. Un giorno mi chiese: “Sei cristiano?” Io risposi: “Sì, certo che lo sono”. “Allora devi perdonare”. E io: “Non ce la faccio, non vedi come mi trattano?” Ma lui ribadì: “Se sei veramente cristiano devi perdonare”. Mi comperai un crocefisso e lo appesi al muro: mi faceva compagnia nei momenti di sconforto, guardando Lui sulla croce trovavo la forza di andare avanti.
Un brutto giorno, mentre mi trovavo sul luogo di lavoro, ebbi un grave infortunio. Rischiai di morire, ma fui soccorso in tempo. Gridai affinché mi sentissero, e mentre gridavo e speravo che mi soccorressero, perdonai i miei datori di lavoro. Poi che morì mio padre nel 1982 rimasi solo al mondo e mi venne in mente la parabola dei gigli di campo e pensai: se non è una favola, io ci credo. Da quel momento mi sono fidato ed affidato a Dio Padre, e così è da ventisette anni.
Nonostante io viva da solo, so che Lui è qui con me, assieme a sua madre, che è anche la mia, e insieme al mio angelo custode. Siamo ormai nel 2007, e la mia “avventura” continua e ogni volta che recito il Padre Nostro percepisco la Sua paternità e la Sua maternità insieme. È da questo sentimento che è nato il titolo di questo sito: A mio Padre.
E’ stato Franco Antonio a segnalarmi con una e-mail il suo sito, dopo aver scoperto il mio blog.
[Giugno 2010]