Adriana guarisce da grosse insidie tumorali e attribuisce la guarigione a una “speciale” benedizione avuta da Giovanni Paolo II. Il racconto della gratitudine che gliene viene e dell’impegno in cui si concretizza è già una forma di preghiera pubblica.
All’età di 23 anni subii tre interventi chirurgici per una massa “strana” tra l’utero e le ovaie. Tutto sembrava risolto e dopo un anno mi sposai. Il problema riemerse e il mese dopo il matrimonio dovettero rioperare. A detta dei medici era quasi impossibile che potessi rimanere incinta, invece dopo tre anni è nato il nostro primogenito. Cinque anni passati intensamente e poi la diagnosi: leiomiosarcoma pelvico. Fui operata urgentemente e sottoposta a polichemioterapia che mi ha veramente disabilitata, tre cicli.
Tra il 2° e il 3° ciclo – il 24 ottobre 1990 – ci fu l’incontro con il Santo Padre in udienza privata: sono passati 20 anni, ma credo che non scorderò mai quel contatto che ha segnato la mia esistenza e quella dei miei cari. L’ho incontrato in una piccola stanza a ridosso dell’Aula delle Udienze, con mio marito, mio figlio e Don Guido Todeschini. Al Papa chiedevamo una speciale benedizione.
“Deve lavorare per la Chiesa!” disse don Guido al Santo Padre ed Egli abbracciando mio figlio gli disse: “Preghiamo insieme”, poi ha abbracciato me e mi ha dato la sua benedizione. Lo stesso giorno andammo a trovare un amico sacerdote della Famiglia Paolina, Don Stefano Lamera, che disse: “Hai incontrato il Santo Padre? L’anno prossimo lo andrai a ringraziare”.
Tornata a casa ho completato il terzo ciclo di chemioterapia e sono risultata chemio-resistente, hanno dovuto operare un’altra volta. Ho iniziato a fare radioterapia ma a metà percorso ho dovuto smettere per un’epatite da trasfusione. Dopo mesi e mesi di interferone per stimolare l’organismo a combattere l’epatite, risulto interfero-resistente, dovendo sospendere qualsiasi cura.
Da allora ho iniziato a migliorare tanto che nell’agosto dell’anno successivo – nel 1991 – sono riuscita a seguire mio marito in uno dei suoi numerosi viaggi di lavoro: a Roma per trasmettere il Rosario del Santo Padre. Chiedo di poter vedere il Prefetto della Casa Pontificia, Mons. Dino Monduzzi, che conoscevamo bene e gli dico: “Un giorno o l’altro vorrei poter ringraziare il Papa per la grazia ricevuta”. “Non un giorno o l’altro – mi risponde – ma questa sera al Rosario” e così è stato.
L’ho ringraziato, mi ha abbracciato e benedetto. Era passato un anno. Ora sto bene e vado ancora ai controlli, ma solo perché vogliono capire perché sono ancora viva! Nel 1997 abbiamo adottato un altro figlio e tutti e quattro siamo tornati dal Santo Padre il 22 marzo 2003 per ringraziare insieme in un’udienza speciale concessa alle famiglie degli operatori di Telepace nel 25° di attività.
Miracolo? Sì, ne sono certa. E’ il miracolo di una vita che va vissuta intensamente. Senza quella speciale benedizione – forse – non avremmo potuto adottare il nostro piccolo Francesco, non ci saremmo messi a disposizione dell’affido per altri “figli” che hanno bisogno di affetto e di essere seguiti, non avremmo potuto tenere in casa mio suocero, assisterlo nella vecchiaia e poterlo seguire e preparare all’incontro con il Padre, non potremmo seguire le tante coppie di fidanzati che dal 1990 accompagniamo al matrimonio, non avremmo potuto seguire i numerosi bambini e ragazzi nella catechesi, nelle attività parrocchiali, nei campiscuola.
“Deve lavorare per la Chiesa!” aveva detto don Guido al Santo Padre ed è quello che da allora e da prima di allora continuo a fare. Ringrazio ogni giorno il Signore per il bene che mi ha voluto e per la grazia donata, la grazia della vita.
Adriana Malacchini – di Villafranca di Verona – questo racconto l’ha scritto su mia richiesta nel marzo del 2010. L’ho conosciuta attraverso il marito Dino Serpelloni, collega di Telepace tanto volte mio compagno dei voli papali insieme a don Guido Todeschini.
[Giugno 2010]