“Troppo facile amare chi ci fa del bene, la vera sfida è riuscire a perdonare chi ci perseguita. Lo dice nostro Signore, ama il tuo nemico. Se adesso che mi hanno tolto Giuseppe io non ne fossi capace, tradirei anche lui e tutto ciò per cui è andato in Iraq”: così parla nei telegiornali dell’11 novembre 2003 Margherita Coletta, la vedova di Giuseppe, uno dei carabinieri morti a Nasiriyah. Margherita non smentisce negli anni quelle parole cristiane e così le conferma in un libro che scrive in dialogo con Lucia Bellaspiga, giornalista di Avvenire: “Lo diciamo tutti i giorni nel Padre nostro: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Lo stesso Gesù ci ha lasciato il comandamento di perdonare settanta volte sette, cioè sempre. Non vedo allora perché debba sembrare così eccezionale se un cristiano perdona chi gli ha fatto del male. Per un credente semmai dovrebbe essere strano il contrario”.
“Io e Giuseppe – dice Margherita in altra pagina di quel libro – siamo ancora uniti, ci siamo solo divisi i compiti, io qui con Maria, lui lassù con Paolo, ma un giorno torneremo insieme”: Paolo è il primo figlio di Margherita e Giuseppe, morto di leucemia a sei anni nel 1997; Maria è la loro figlia nata nel 2001. “E’ stato il dolore per la morte di Paolo a spingerlo a partire per le missioni di pace, aveva un bisogno estremo di portare aiuto a quei piccoli innocenti che pagano le conseguenze di inutili conflitti”. Per restare fedele all’impegno umanitario del marito, Margherita partecipa alle attività dell’Associazione Giuseppe e Margherita Coletta – Bussate e vi sarà aperto. Alla domanda su che cosa le manchi di Giuseppe, Margherita nel libro con la Bellaspiga risponde: “La carne. Lui, le sue mani soprattutto, i baci, le carezze, il sorriso, la sua fisicità. L’essere ancora moglie”.
Lucia Bellaspiga e Margherita Coletta, Il seme di Nasiriyah. Giuseppe Coletta il brigadiere dei bambini, Editrice Ancora, Milano 2008, pp. 128, 12 euro.
[Maggio 2010]