“Credo perché mi sento amata”

Divagazione sulla fede da un libretto di Armando Drago
Nulla oggi è così arduo come dire “Io credo in Dio” e darne ragione in parole comprensibili a chi ascolta. Io mi esercito a farlo a modo del giornalista che non porta pena ma non trovo le parole giuste e sto attento a ogni altro tentativo. Per questo motivo ho letto fino in fondo un libretto senza pretese e senza referenze intitolato Credo in Dio perchè è il più bravo (scritto da Armando Drago e appena pubblicato dalla EDB, 168 pagine, 12 euro) e me ne è venuto un qualche guadagno ai fini di quella ricerca.
Sono 765 risposte alla domanda Perchè credi in Dio e nell’altra vita? che l’autore ha rivolto – con la distribuzione di migliaia di foglietti – a chiunque gli capitasse a tiro, piccoli e grandi, noti e sconosciuti. Alcuni atei tranquilli, altri musulmani e buddisti. Chi della Campania e chi del Veneto, ma per lo più toscani incontrati negli anni. Ne sono venute un migliaio di risposte e “la maggior parte di esse” è finita in questo libretto, precedute dalla narrazione godibilissima delle rispostacce che il nostro si becca da chi a tutto pensa meno che a Dio.

“Perché credi in Dio
e nell’altra vita?”
C’è chi risponde con rimando al catechismo e all’essere perfettissimo (risposta 204); chi va sicuro: “perché me lo dice il Vangelo” (22); chi distingue: credo in Dio ma nell’altra vita “non lo so” (274). Chi cortocircuita: “Credo perché credo” (446). Chi dà ragioni sorprendenti: “Perché i bambini ci credono” (338). Chi è sincero da morire: “Perché ne ho bisogno” (301). Chi si arrende al primo colpo: “Non te lo so dire” (20).
Fin qui uno si divaga a leggere. Ma ogni tanto viene una risposta impegnativa, almeno come formulazione personale di un luogo noto dell’apologetica: perché mi ha dato la vita (risposta 314 e un’altra quindicina), perché la mia vita non può essere un caso (43 e un’altra ventina), perché non può finire così (41 e un’altra ventina).
Più vive sono una serie di risposte che puntano sull’esperienza personale: perché l’ho incontrato (53 e altre nove), perché ho avuto delle prove (10 e altre sette), perché ricevo dei segnali (83 e un’altra dozzina), perché quando chiedo mi risponde  (91 e altre sei).
Vivissime – per me – sono risultate le risposte che fanno riferimento all’esperienza dell’amore accolto e donato e ho gioito nel vedere che erano, come genere, le più numerose: perché mi sento amato (296 e altre trenta), perchè lo amo (271 e altre due), perché sento che mi è vicino e – anzi – che è dentro di me (229 e altre trenta), perché credo nell’amore  (392 e un’altra trentina).
Come inchiesta questa del prode Armando non vale granchè: il “campione” chiamato a rispondere è casuale, l’ordine in cui vengono riportate le risposte altrettanto. Ma ciò che mi ha aiutato è stata proprio l’ingenuità, voglio dire la genuinità, di chi ha proposto la domanda e di chi ha risposto. Non serve per apprendere “che cosa credono” gli italiani di oggi, ma ci dà alcune centinaia di risposte che vengono dal cuore.

Che può venire di buono
da Bonistallo?
Armando Drago è nato a Baone, Padova, nel 1950 e vive a Bonistallo, che credo si trovi dalle parti di Prato: egli dice ogni tanto “Bonistallo” e nient’altro come fosse un luogo importante. E’ un uomo semplice ma conosce il mondo. Ha lavorato per una ventina d’anni in Svizzera come tecnico di macchine industriali, interprete e allenatore di calcio. Non ha timore di abbordare uno sconosciuto e di chiedergli perché crede in Dio.
Come accennavo, tra tutte preferisco le affermazioni che parlano della fede come dono che viene a noi nell’amore. “Perché mi sento amata di un amore grandissimo” è la risposta più bella tra tutte quelle del libretto: ha il numero 15 ed è di una donna che si chiama Liliana, nata nel 1973: dunque oggi ha 37 anni. La risposta 494 suona come l’altra faccia di questa medaglia: “Solo amando siamo immortali perché l’amore è Dio”.
Se la fede mi viene da Dio, se è “gratia gratis data”; e se Dio è amore, allora questa fede non potrà che essere chiamata all’amore e risposta nell’amore. Dunque “credo perché mi sento amata” sta a segnalare questo aspetto: sono stata raggiunta da un Dio amore al quale cerco di affidarmi.
Suor Serena, 39 anni: “Dio è per me evidenza sconfinata, da sempre. La vita eterna: un abbraccio senza fine iniziato tanti anni fa. Come posso dubitare di un abbraccio?” (511). Emanuela 1964: “Io ti amo, Signore, per avermi amata”  (719). Antonietta 1936: “Lui è mio padre, io sua figlia” (505). Maria Luisa: “Il giorno in cui sono nata, sono nata per sempre” (421).
Un’altra risposta travolgente è di una donna di 46 anni che non mette il nome e scrive: “Perché l’amore che porto dentro sento che è inesauribile” (421). Anche la sofferenza vinta nell’amore può portare a Dio: “A volte il dolore ci offusca la vista, ma fa venire fuori la nostra capacità di amore. Questa è esperienza di Dio” (283).

“Credo perché sono felice”:
questa sì che è una risposta
Dello stesso genere – io credo – è la risposta di una suor Giovanna che al numero 11 dice: “Perché c’è questo grande mondo dentro di me”. Sono 17 le risposte con questa tonalità. Una delle più efficaci, di una persona di sessant’anni afferma: “Credo in Dio perché lo sento dentro di me e ho bisogno di lui”.
Una – anomina e senza data – dice che crede in Dio “perché mi sento parte di lui” (251). Cinque affermano di credere per l’esperienza della felicità e qui mi sono fermato, ho passeggiato un poco per il corridoio, ho aperto la finestra che c’è al centro e mi sono detto – tutto contento – che la via della gratitudine non è preclusa ai nostri giorni: credo “perché sono felice” (263), perché “troppo bella è la mia vita” (285), “perché mi ha regalato un figlio bellissimo e un marito fantastico e sono felice” (319), “perché è una cosa che mi rende felice” (328), “felice di essere qui” (509). Quello che ha scritto di credere perché è felice si chiama Luigi come me: gli ho mandato un bacio.
Ritengo che la motivazione che rimanda all’amore sia oggi la meglio ricevibile dai non credenti. Se io dico che credo perché mi sento amato, l’altro può intuire in che cosa consista la mia condizione di grazia che egli non ha ancora sperimentato e magari potrà disporsi ad attenderla. Se invece rimando alla ragione o al cosmo, l’altro si sentirà tagliato fuori. Anche qui vale – mi pare – l’aforisma di von Balthasar: “Solo l’amore è credibile” (titolo di un saggio del 1963, tradotto da Borla nel 1965). E mi allieta l’impegno con cui papa Benedetto viene svolgendo la sua teologia dell’amore.

“Perché spero che dopo
rivedrò i miei cari”
Il signor Armando – che ha armato questo arsenale di risposte – immagino si meraviglierà della mia elaborazione. Ha trafficato per un decennio con i suoi bigliettini mosso da un fuoco che gli si era acceso dentro con la morte della moglie che si chiamava Angelina. Racconta anche che una volta la sognò e gli parve che gli chiedesse di fare qualcosa per le persone di colore che aveva con sé. E allora Armando, che è un uomo pratico, ha unito due obiettivi: interrogarsi e interrogare su Dio e la vita eterna, nella quale attende di ritrovare Angelina; e dare il ricavato della pubblicazione a un ospedale in Africa.
Come autore di svariati libretti immagino che l’aiuto all’Africa sarà minimo, ma consiglio la lettura delle brevi e sapide risposte. Forse provocati dalla ragione dell’iniziativa – la memoria della sposa – molte risposte cavano una ragione di fede dal desiderio del ricongiungimento con i familiari: “Credo nell’altra vita perché spero che quando morirò rivedrò i miei cari” (risposta 13 e altre trenta).
Una fede basata sulla speranza. Un poco simile a quella di chi – come abbiamo visto – riconosce che crede perché ne ha bisogno. La formulazione è ingenua, ma la questione è seria. Ed è nota alla Scrittura e al Credo: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.
Così la formula lo stesso autore del libretto alla risposta 26: “Ho conosciuto e conosco l’amore di mia moglie per me, per i miei figli, per la mia famiglia, per gli altri, per i fiori e per la natura. Vivo con la speranza di rivederla un giorno e di restare per sempre con lei”.
In chi trova un argomento per credere nel desiderio di rivedere le persone amate opera un rimando della fede all’amore che io credo decisivo – come già detto – per la presentazione del messaggio cristiano all’umanità di oggi. Ma ogni argomento tratto dal vissuto è controvertibile. Ecco per esempio alla risposta 176 un suo rovesciamento a opera di un tale che si firma Corrado 1934 e che dunque oggi ha 76 anni: “Dalla morte di mia moglie mi sono disorientato. Credo soltanto se tocco”.

Ceronetti: “Ho cercato
e aspettato durante tutta la vita”
Dicevo che nel libretto non mancano – ma sono una manciata – i personaggi noti. Tra essi Enzo Biagi, che alla risposta 227 rimanda anch’egli all’argomento del ricongiungimento: “In Dio? Alti e bassi. Nell’altra vita sì!, perché rivedrò i miei cari”. Qui è evidente che il desiderio prevale sul convincimento e lo fonda per intero.
C’è anche una risposta di Guido Ceronetti che è la più lunga di tutto il libretto e che nella prima parte dice così: “Non mi pare che Dio sia raggiungibile da un pensiero umano, anche se sublime. Si è sempre costretti ad accontentarci di poco, troppo poco. Chissà se un giorno Dio vorrà rivelarsi di più, rompendo il suo silenzio… Io posso dire soltanto che ho cercato e aspettato durante tutta una ormai lunga vita”. Ho letto tanto di Guido e so la tenacia della sua ricerca. Essa rispuntava anche in una serata recente da Fabio Fazio, nella trasmissione Che tempo che fa (9 febbraio 2009). Io sto con Ceronetti e con la sua invocazione a Dio perché venga in soccorso alla nostra attesa.

Da Il Regno 8/2010

Commento

Lascia un commento