Difficile persino immaginare la catena di emozioni e difficoltà nei giorni di un grande ustionato. Prima di uscire, ogni mattina, Marco deve medicarsi, farsi aiutare per indossare i tutori che proteggono la pelle. Ne porta uno anche sul volto, trasparente ma non abbastanza perché qualcuno non si volti a guardarlo. «Non ci faccio caso. Esco e faccio una vita il più possibile normale. Non posso arrendermi e chiudermi in casa. Buttarmi via sarebbe un gesto che Stefania e i bambini non meritano. Io sono cattolico. Loro sono qui, accanto a me e non posso deluderli».
Così parla Marco Piagentini, un grande ustionato sopravvissuto alla strage di Viareggio del 29 giugno 2009, quando un treno carico di Gpl esplode uccidendo 31 persone. Tra loro Stefania, moglie di Marco e i loro due figli più piccoli, Luca e Lorenzo, quattro e due anni. Con il papà è sopravvissuto Leonardo, il primo figlio che oggi ha nove anni.
Le parole cristiane di Marco sono nel racconto che egli ha fatto della sua vicenda a Giusi Fasano del Corriere della Sera nel reportage “Ero in coma, tutto bruciato ma sentivo di voler vivere”, pubblicato il 2 aprile 2010.
[Aprile 2010]