Muore a Livorno Italo Piccini, il Console del Porto, comunista e anticlericale, che aveva saputo stabilire una rispettosa convivenza e – occasionalmente – una qualche collaborazione con Alberto Ablondi che fu vescovo di Livorno dal 1970 al 2000. Ed ecco il “vescovo emerito” che saluta il vecchio amico-nemico con un articolo sul Tirreno del 22 marzo 2010 intitolato “Insieme alla meta”. Riporto la conclusione che gira intorno alla “Medaglia d’oro del porto” che il vecchio Console volle offrire al vecchio vescovo:
Come non ricordare il gentilissimo gesto con cui alla vigilia di Natale dello scorso anno, alle nove di sera, mi invitavi a una celebrazione non precisata. Vincevi la mia resistenza e il giorno dopo mi sono ritrovato al porto, dove dirigenti e portuali, nella sala presidenziale, mi offrivano la Medaglia d’oro del porto. Il gesto mi ha commosso per la fraternità che esprimeva da parte di chi lavora su «barche diverse», ma sempre per gli uomini e per il Signore.
Ma voglio anche tradurre questo gesto, in un modo che mia mamma mi ha insegnato. Quando il governo di allora le richiese l’offerta delle fedi del matrimonio, mia mamma non volle consegnare la sua, ma ne comprò un’altra. Anche io, ispirandomi al gesto di mia madre, voglio tradurre il valore di quella medaglia che allora mi hai donato, tenendo questa per me, e dando il suo valore ai poveri. Anche questo è un segno consistente di carità, tradurre il valore di un oggetto in beneficenza, senza perdere il ricordo di chi lo ha donato.
Sono proprio contento che questo sia l’ultimo gesto che facciamo insieme, perché giunge a coronamento di un altro.
Ti ricordi, Italo, quando per la prima volta apristi a un vescovo le porta del porto, chiudendo un’epoca di lontananza e aprendo nuovi orizzonti di collaborazione fra la Chiesa e gli uomini?
Tu sei stato protagonista con un saluto che poteva destare perplessità, ma voleva essere offerta di quella vicinanza che avrebbe caratterizzato il nostro rapporto. Dalla tolda della nave, chiamavi gli amici a salutare il vescovo con un gesto, dicendo «è lo sceriffo!».
Questi sono i sentimenti che hanno la forza di raggiungere anche i cari familiari e coloro che hanno condiviso con te preoccupazioni e trionfi, che ti hanno sostenuto nelle gioie e nelle fatiche di quanti si amano.
Alberto Ablondi vescovo emerito
Nel capitolo 6 UNA RAZZA DI LONGEVI trovi un’altra storia con il nome di Ablondi nel titolo. Debbo la segnalazione dell’articolo apparso sul Tirreno a Ettore Bettinetti.
[Aprile 2010]