Ecco l’ultimo messaggio di un medico cristiano che – da cristiano e da medico – risponde alla chiamata del Signore: «Passiamo all’altra riva». Egli è pronto al passaggio. Ha speso la vita a curare gli altri e ora cura se stesso, affidandosi al cenno del Signore. Mario Campanacci è morto di tumore al pancreas il 16 gennaio 1999, a 67 anni. Era direttore scientifico della Prima clinica ortopedica dell’Istituto Rizzoli, a Bologna. Questo è il suo testamento:
«Un anno e mezzo fa i medici e i loro meravigliosi strumenti diagnostici mi trovarono un cancro del pancreas. Oggi mi restano alcune settimane prima di fare ritorno alla casa del Padre. Le parole più belle e più vere per descrivere la morte della carne si trovano nei Vangeli, via, verità e vita.
«Il lago è deserto. Il sole è appena tramontato. Gesù e i suoi sono accanto alla barca. “Venite, perchè si è fatto sera. Passiamo all’altra riva”.
«I due discepoli di Emmaus con lo sconosciuto incontrato per strada giungono nelle prime case del paese dove si sono accese le prime lucerne. “Resta con noi, Signore, perchè si fa sera”.
«In questi giorni, se cammino per strada vedo la folla dei “sani”, e tra questi cerco i più miseri, o mi figuro con l’immaginazione i più diseredati, poveri, reietti sparsi nelle strade di tutto il mondo. Penso “se si potesse passare questo calice da me a uno di loro… ma no, Signore, non lo vorrei, perchè questo è il tuo disegno, pensato prima della creazione”. “Sia fatta la tua volontà, così in cielo come in terra”: non lo diciamo ogni giorno nella nostra preghiera?
«Questa mia malattia, che è la cosa più naturale del mondo, che condivido con milioni di fratelli e sorelle il cui dolore è certamente molto più grave del mio, la considero un dono e una chiamata. Quale grande e misterioso dono è la chiamata del Signore! Quando Gesù, all’inizio della sua missione, camminava lungo la riva del lago, chiamò quattro pescatori. Perchè loro quattro? Ecco il mistero. Facendoli pescatori di uomini, li costituì messaggeri, li fece entrare per tutti i giorni della loro vita nella pace e nella gioia di vivere e servire negli atri della sua casa, preparò loro un posto per l’eternità presso il trono del Padre. Ecco il dono. Li destinò al martirio. Ecco la via, la porta stretta, donare la propria vita per tutti, l’amore più grande.
«Questa mia malattia, nate da poche cellule un po’ scapestrate, è dunque un dono del Signore, un dono e una chiamata, per me. Egli mi ha scelto, da prima della creazione. Per questo ti rendo grazie e ti lodo, Signore.
«Quando ero “sano”, mi riusciva difficile la preghiera di lode, che pure è la prima e più pura forma di preghiera. Pregavo più facilmente nel momento del bisogno, della paura, delle difficoltà. Soltanto ora ho cominciato a capire e a lodare Dio.
«Prima di tutto ti lodo Signore per aver creato la terra, con la sua luce, stagioni, erbe e fiori. E ancora ti lodo per aver rivelato queste cose ai piccoli piuttosto che ai sapienti.
«E con migliore cognizione perchè basata sui sensi miei, ti lodo per le innumerevoli e singolari grazie che mi hai donato. Farmi nascere in una famiglia come la mia, la famiglia che chiunque desidererebbe avere. E per avermi donato da sempre l’amore, il rispetto e la dolce consolazione della religione cattolica». (Dalla rivista bolognese «I Martedì», 3/1999, p. 47)
Ciò che più amo, in questo suo testamento, è la serenità del medico cristiano di fronte alla sua malattia incurabile: «che è la cosa più naturale del mondo», ci dice. Il grande clinico scherza sulle cellule «un po’ scapestrate» che l’hanno prodotta. E sui medici e i loro «meravigliosi strumenti».
Restiamo incantati da tanta serenità. Noi infatti quando ci colpisce un qualche male tendiamo a disperare. Il cristiano serio invece si affida al Signore e non dimentica che la stessa sorte è condivisa da milioni di fratelli e sorelle, che «sicuramente» soffrono di più. Avvertiamo subito che quella premura per ogni fratello e sorella sofferenti egli la può sentire ora perchè l’ha esercitata tutta la vita.
A lettura ultimata, avvertiamo che è il dialogo con Gesù a guidare tutto il bellissimo testamento. Mario sente e accoglie la voce del Signore che lo chiama, invitandolo amichevolmente a «passare» all’altra riva perchè «si è fatta sera». E risponde familiarmente con quelle altre parole del Vangelo: «Resta con noi perchè si fa sera».
E’ la consolidata amicizia con Gesù che gli permette di accogliere come un «dono» la «chiamata» all’altra riva. Non come un’ingiustizia, ma come un segno di predilezione. Tanto da provocare la «lode»: non la domanda della guarigione, ma il ringraziamento per il dono della «chiamata».
Eccolo dunque questo fratello medico che loda il Signore per la vita che ha avuto, la luce e l’amore in cui l’ha vissuta e infine per «la morte della carne» in cui sta per concluderla. Ecco la vetta toccata dal nostro medico: quella stessa di Francesco, che arriva a «laudare» il Signore «per sora nostra morte corporale».
[Testo pubblicato dall’Eco di San Gabriele nel settembre del 1999]