Mariantonietta ha già una figlia e gliene sta arrivando un’altra quando scopre d’avere un tumore al rene destro. Rifiuta la chemioterapia e le radiazioni per non fare del male alla creatura che porta dentro. Nasce la bimba e viene chiamata Annalisa. Mariantonietta le sorride per sei mesi, poi muore: il giovedì santo del 1995, a Potenza.
«Nessun atto d’eroismo, nessun gesto speciale», racconta a «Famiglia cristiana» il marito Alfredo Gaetano: «Mariantonietta ha scelto con naturalezza, come avrebbe fatto un’altra mamma. Non avrebbe potuto uccidere il bambino che aspettava per curare se stessa. La sua decisione è stata il frutto del suo carattere allegro e ottimista, non di una riflessione filosofica o teologica. Per lei era naturale non fare del male a sua figlia».
Mariantonietta aveva 32 anni. Il marito le ha portato più volte in ospedale le due figlie: Marta di tre anni e la neonata. Insiste con i giornalisti che lo interrogano: «La nostra era una fede normale, di una coppia come tante, neanche assidua a partecipare alla messa ogni domenica».
Anche il fratello di Mariantonietta, Franco, minimizza: «Mia sorella non ha fatto nulla di eccezionale, ma semplicemente quanto fanno le mamme, seguire il bene dei figli con generosità. Non sentiva la vocazione a essere né una santa, né un’eroina, ma a mettere in pratica l’educazione al rispetto della vita che abbiamo ricevuto in famiglia».
Il parroco don Antonio Molé indica l’itinerario percorso da Antonietta, da quella scelta «naturale» a una più esplicita veduta cristiana: «A poco a poco le difficoltà e il dolore l’hanno spinta a leggere quelli che erano semplici valori umani e il grande affetto per la famiglia nel quadro di un Amore più grande, che l’ha aiutata a vivere la malattia nella speranza e le ha donato la grande forza con cui si è fatta coraggio per cercare in tutti i modi di non far soffrire i familiari».
(da CERCO FATTI DI VANGELO di Luigi Accattoli, Sei 1995)