“Chi siamo noi, miserabili uomini, che ci arroghiamo il diritto di giustiziare dei nostri simili, nostri fratelli, di sostituirci a Dio onnipotente nel dare la morte? Pazzi, solo dei pazzi (…). Mamma, ho sentito che hanno arrestato molte persone di cui io avevo fatto il nome, indicandole come appartenenti alla mafia, fra questi c’è anche lo zio Titta. L’ho fatto e intendo andare fino in fondo. Tutti gli uomini che agiscono nel bene mi comprenderanno, io intendo aiutare la legge e la giustizia a stroncare questo cancro che infesta la nostra terra e così nello stesso tempo dare la possibilità a tutte queste anime di entrare nella grazia di Dio col pentimento dei nostri peccati (…). Mamma, Maria, ma capite cosa fa la mafia, avete idea di tutti i crimini che commette solo per raggiungere lo scopo di guadagnare soldi, il vile denaro… Perché non le ho capite prima tutte queste cose, perché mai mi sono allontanato da Dio, da questo Dio buono e giusto che è ancora disposto a perdonarci e metterci sotto la sua protezione, purché sinceramente pentiti dei nostri peccati (…). Sento ogni giorno di più di andare acquisendo la mia libertà, quella libertà interiore che non ho mai conosciuta… Mamma io posso dire di essere rinato”.
Così Leonardo Vitale (1941-1984) scrive alla mamma e alla sorella motivando il proprio “pentimento” che ha motivazioni religiose e che lo porterà alla morte per mano della mafia. Leonardo Vitale è il primo pentito di mafia dopo Melchiorre Allegra: si autoaccusa di alcuni delitti e per primo parla ai magistrati della struttura dell’organizzazione mafiosa, affermando di aver preso la decisione di dissociarsi per motivi religiosi. Il fenomeno è così nuovo che i magistrati non credono alle sue rivelazioni e lo condannano per le autoaccuse. Passa dieci anni nei manicomi criminali e al confino, infine – scontata la pena – rientra a Palermo dove è lasciato senza alcuna protezione e dove la mafia l’uccide il 2 dicembre 1984. Viene colpito di domenica, mentre torna a casa dalla messa.
Giovanni Falcone nella sentenza di rinvio a giudizio per il Maxiprocesso di Palermo 1986 rende omaggio al coraggio e alla conversione di Leonardo Vitale: “Scarcerato nel giugno 1984, fu ucciso dopo pochi mesi, il 2 dicembre, mentre tornava dalla Messa domenicale. A differenza della Giustizia dello Stato, la mafia percepì l’importanza delle sue rivelazioni e lo punì inesorabilmente per aver violato la legge dell’omertà. E’ augurabile che, almeno dopo morto, Vitale trovi il credito che meritava e che merita”.
I testi citati – sia le lettere di Vitale, sia la valutazione di Falcone – sono leggibili qui: www.leonardovitale.it. Vedi anche Umberto Santino, Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Palermo 1995, p. 55. Nel 2006 Stefano Incerti ha girato un film sulla vita di Leonardo Vitale, intitolato L’uomo di vetro, dal titolo dell’omonimo romanzo di Salvatore Parlagreco. – Leonardo Vitale. La mia battaglia l’ho vinta di Salvatore Agueci – Editore: QUICK – marzo 2021 – euro 12.00
[Settembre 2011 – aggiornato al marzo 2021]