“Qui a Monglin vivo senza casa; m’alzo senza sveglia; mi lavo senza catino; prego senza chiesa; mangio senza tovaglia; vo’ a caccia senza licenza; viaggio senza soldi; imbroglio senza colpa; lavoro senza posa; vo’ a spasso senza scarpe; sono allegro senza teatro; studio lingue senza fine; non passo giorno senza fastidi; campo senza amici; sfamo quaranta ragazzi senza scrupoli; invecchio senza accorgermi. E di certo morrò senza rimorsi, ché uomo allegro il Ciel l’aiuta. E voi? Voi, così, non mai se non verrete, e presto, a tenermi compagnia!“: è un bellissimo testo di Clemente Vismara (1897-1988), missionario del Pime in Birmania per 65 anni, proclamato beato il 26 giugno a Milano (era di Agrate Brianza). Onoro quella gustosa interpretazione del paradosso cristiano con un bicchiere di Vino Nuovo e nel primo commento ne segnalo la nativa ilarità – narrano che Vismara come ogni vero cristiano sapeva essere “sempre lieto” – raffrontandola con la goliardica litania “senza denari senza calzari” del film “Brancaleone alle Crociate” (1970) di Mario Monicelli.
Vismara: “Imbroglio senza colpa”
10 Comments
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[Segue dal post] Ultime due strofe della canzone LONGO E’ LO CAMMINO del film “Brancaleone alle Crociate”, di cui nel post:
Senza armatura
senza paura
senza calzari
senza denari
senza la brocca
senza pagnocca
senza la mappa
senza la pappa
senza cavallo
né caciocavallo
vade retro satan
vade retro satan
vade retro satan
Senza armatura
senza paura
senza calzari
senza denari
senza la brocca
senza la gnocca
senza la mappa
senza la pappa
senza cavallo
nè caciocavallo
longo è lo cammino
ma grande è la meta…
Carissimo Luigi, indubbiamente molto bello questo post sul Beato Vismara; ho imparato a conoscere questa figura negli ultimi tempi, ed indubbiamente, (non c’è bisogno che lo dica io) è stato un Testimone di Cristo.
Permettimi però, caro Luigi di prendere spunto dal tuo post, per introdurre questo tema , di cui ci parla Rino Camilleri, nell’articolo che qui sottopongo a tutto il pianerottolo.
Penso che sia tempo che Santa Romana Chiesa, cominci a prendere seriamente coscienza di ciò che scrive Rino Camilleri
FEDE E NEVROSI
a cura di Rino Cammilleri16-07-2011
Un problema “pastorale” che vorrei segnalare qui è quello delle malattie moderne. Queste dilagano ch’è un piacere. Dunque, colpiscono anche i cattolici credenti e praticanti. Negarlo sarebbe mentire. Tra queste malattie moderne le più imbarazzanti sono quelle mentali, come anoressia e depressione. Chi ne soffre se ne vergogna e cerca, per quanto gli è possibile, di tenersi defilato. Infatti, se facesse “outing” si creerebbe immediatamente il vuoto attorno. Anche per i credenti vale la regola: gli allegri e i simpaticoni tutti li cercano; i musi lunghi o problematici tutti li scansano. I più volenterosi, al massimo ci provano, ma dopo qualche frustrante tentativo, mollano. Con i depressi non serve dire «Dài, tirati su». Non possono. Né serve spronare gli anoressici a mangiare. Ora, queste persone sono di mente lucidissima, non di rado di intelligenza superiore. Ma, in quanto credenti, soffrono ancor di più per la “testimonianza” negativa che sono costretti a dare.
Tutti, infatti, sono convinti che il credente debba essere nella gioia, come dice il Vangelo nella parabola della dracma ritrovata, e come addirittura ordina s. Paolo («…siate lieti; ripeto, siate lieti!»). I convertiti, poi, secondo l’immaginario comune dovrebbero saltellare e ballare attorno al tavolo continuamente, dal momento che hanno rinvenuto l’evangelico «tesoro nel campo». Il non credente, al cospetto di un depresso o di un anoressico (per indicare solo un paio tra le più diffuse affezioni della mente), si allarma, perché ragiona così: a) la fede può fare questo effetto, meglio starne alla larga; b) non è vero che la fede genera gioia, anzi. D’altra parte, lasciare il compito di testimonial ai soli euforici sarebbe ipocrita. Questo sì che sarebbe «proselitismo» di bassa lega. Non solo. Contravverrebbe al dovere della testimonianza (una volta si chiamava «apostolato») di tutti i cattolici credenti e praticanti. Anche un malato terminale (di un male fisico) può dare testimonianza di fede, anche un inguaribile, anche un tetraplegico gravissimo.
Ma se il male colpisce la mente, ecco il problema. Che la fede, da sola, basti a risolvere nevrosi, personalmente non credo. Che il problema esista e, anzi, sia molto diffuso, lo vedo. E lo leggo in alcune, timide, lettere che mi arrivano. Penso sia inutile, a questo riguardo, rivolgersi alla Chiesa per due motivi. Uno è che ha drammatica scarsità di personale. L’altro è che la psichiatria non so fino a che punto sia una scienza esatta e temo non lo sappia nemmeno la Chiesa. Anche spulciando i miracoli da essa riconosciuti, quasi mai (anzi, mai) si trova qualcosa che faccia al nostro caso. Per forza: uno che si alza e cammina lo si vede, un tumore sparito rimane nella cartella clinica, un cieco che recupera la vista pure. Queste sono «prove» che gridano. Ma un disturbo mentale, del genere che ci interessa, risolto a Lourdes, a Medjugorje, a San Giovanni Rotondo, come lo dimostri?
Ecco perché le testimonianze, se ci sono, latitano. Ed è un motivo in più, per chi ne soffre, di sentirsi abbandonato pure da Dio. Premetto che, ovviamente, non ho soluzioni. Né pretendo che questo mio scritto sia esaustivo. Esso vuole solo gettare un sasso nello stagno, chissà che non ne esca qualche ranocchio. In attesa che il Signore susciti il Santo che fondi una congregazione apposita, come ha sempre fatto. Un tempo si usava pregare il Signore affinché potessimo «perpetua mentis et corporis sanitate gaudere». Ma, com’è noto, il latino non si usa più.
“Gaudete in Domino semper, iterum dico, gaudete”. La gioia è una grande testimonianza. Ringrazio Luigi per avere valorizzato le “suore che cantano con giubilo” (e del loro giubilo ero l’unica testimone …). Ma c’è anche la “notte oscura”, c’è anche il senso di abbandono provato pure da Madre Teresa di Calcutta. Penso che i modi di testimoniare siano tanti. Ci può essere anche il non – crdente che si sente in qualche modo urtato dal gaudio del credente, perché non ne capisce il motivo. Io penso che anche il credente tormentato possa testimoniare, purché la sua testimonianza sia sincera.
Il libro più bello per informarsi su Clemente Vismara è l’antologia delle sue lettere e altri testi raccolti e annotati da Piero Gheddo cpon il titolo PRIMA DEL SOLE. L’AVVENTURA MISSIONARIA DEL BEATO CLEMENTE VISMARA, pubblicato dalla EMI nel 1991 e ripubblicato ora con il titolo aggiornato alla beatificazione.
Gustosi brani delle lettere si possono leggere anche nel sito della diocesi di Milano: http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2011/Le_sue_parole_vismara.pdf
Come provocazione dei visitatori a leggere qualcosa di Clemente Vismara, ecco un altro suo brano felice:
Mi dovete scusare, ma io son fatto così: delle cose serie mi vien fatto assai sovente di vedere il lato ridicolo; come delle cose ridicole mi si presenta tosto il lato serio. Il pericolo io non lo so
considerare. Del resto, tranne che quello di andare all’inferno, a questo mondo non ci sono pericoli!
(Avventura pericolosa, 1959)
Ancora un’esca per la lettura, che spiega il titolo del volume curato da Gheddo PRIMA DEL SOLE:
“Tu dirai forse che sono mezzo squilibrato, ma nella notte mi vien voglia di alzarmi per vedere a che altezza è arrivato Sirio, Aldebaran, i Gemelli. Certi bei panorami veduti dall’alto delle montagne io li rivedo ancora a occhi chiusi, mentre sto seduto a scriverti. Arrivare in cima a un monte prima che vi arrivi un raggio di sole. Una sfida al sole… e vincerlo!”
@Fabricianus, sante parole e quantoo mai vere.
Ho passato anni a comportarmi come un donChisciotteingonnella contro quelli (preti in testa) che abbinavano fede a gioia … di quella gioia che ben è descritta da Camilleri.
Sono sempre state parole, a mio aviiso, bugiarde/assurde e che recano danni enormi alle persone (ragazzi soprattutto).
Le “facce da CL” (come io le chiamo) non le sopporto perchè … altro che testimonial di Cristo!!! Allontanano in modo spaventoso.
C’è poi anche da dire che esiste pure una “graduatoria” per essere tristi, una “top ten” per il quale è lecito essere tristi o tormentati.
Che dire, a me è sempre sembrato una nuova specie di discriminazione spietata, intollerabile per la Chiesa … (anche perchè non mi pare Gesù sia stato della schiera dei simpaticoni che tanto OSTENTAVANO LA LORO GIOIA).
Per quanto riguarda i miracoli di guarigione dei depressi ti dirò che è il miracolo che avviene sempre a Lourdes. Nel momento stesso in cui posi i piedi in Lourdes è come una mano potentissima che dice “Ora lascia a me tutto”.
Lo si può chiedere a chiunque e tutti diranno la stessa cosa, tutti confesseranno la stessa sensazione.
Miracolo frequente, ma non un miracolo che finisce sulla carta.
Ciao concittadino.
@ antonella lignani
“Io penso che anche il credente tormentato possa testimoniare, purché la sua testimonianza sia sincera.”
Grazie, sig.ra antonella, com’è buona lei…. Eh tanto per chiedere, perché pensa che la testimonianza del credente non debba essere sincera ? forse che le suore che cantano con Giubilo sono più sincere ? come la misura la sincerità ?
Domanda facile: Se per Teresa di Calcutta c’è la “notte oscura” che ci dovrebbe essere per tutta la massa dei denunciati per pedofilia ma che prima avevano fatto un voto ? non era meglio non farlo quel passo ? erano sinceri anche loro ? o era più sincero chi li copriva ?
“Nel caso che tu faccia un voto a Geova tuo Dio, non devi essere lento a pagarlo, perché Geova tuo Dio immancabilmente lo esigerà da te, e sarebbe davvero un peccato da parte tua.” ( Deuteronomio 23.21)
“Ogni volta che fai un voto a Dio, non esitare a pagarlo, poiché non c’è diletto negli stupidi. Il voto che hai fatto, pagalo. È meglio che tu non faccia voto piuttosto che tu faccia voto e non paghi. Non permettere alla tua bocca di far peccare la tua carne, non dire davanti all’angelo che era uno sbaglio. Perché deve indignarsi il [vero] Dio a causa della tua voce e distruggere l’opera delle tue mani ? “
E come concilia queste parole con la confessione le deviazioni e le coperture ?
Le parole di Rino Cammilleri non potrebbero essere più giuste e aderenti alla realtà. La depressione è una malattia vera ma non creduta; spesso neanche i familiari di chi ne è colpito riescono ad accettarla perché sono convinti che il malato sia in grado di farcela da solo. E ripetono fino alla nausea quel ” devi combattere, dipende da te” che fa venire il voltastomaco. Senza contare che la tristezza è scansata con crudeltà, se ne conoscano o no le ragioni. Quelli che soffrono di altre malattie gravi, in genere vengono tenuti in considerazione per un senso di pietà vera o finta; i depressi, che non di rado apparentemente sembrano sani, vengono a noia e sono lasciati soli, si direbbe abbandonati anche da Dio. E i credenti non sono speciali da questo punto di vista: anche loro sono soggetti ad una malattia che, proprio come tutte le altre, non discrimina. So di preti che sono stati in cura per depressione o che, per vincerla, si sono dati all’alcol. La preghiera non aiuta- diciamola la verità, e senza ipocrisie- per il semplice motivo che la malattia in questione spegne la vita; si è vivi, ma si desidera morire, e non sono pochi quelli che si tolgono la vita, lasciando senza parole familiari e amici. Basta andare su un sito che tratta di malattie depressive per vedere quanti sono quelli che ne vengono colpiti fin da giovane età; da non crederci. A volte mi sono chiesta se gli indemoniati di cui si legge nel Vangelo non fossero, in realtà, persone in preda alla depressione più nera, male non conosciuto in quei tempi. Chi può saperlo?
Riguardo alla gioia che dovrebbe essere testimoniata dai credenti, devo dire che non mi è quasi mai capitato di vedere in letizia una persona che ha fede. Come spiegarlo? Razionalmente ritengo che tutti, credenti e non, debbano fare i conti col carattere in “dotazione”, che li porta ad essere ottimisti o pessimisti, gioiosi o tristi o disperati a seconda delle circostanze. Il resto è pura retorica.
Lourdes è un luogo di grande suggestione, ma non sono sicura che il vedere tanti malati di ogni genere opererebbe sicuramente “il miracolo” della guarigione di un depresso.