Muore un’amica a Venezia e per la prima volta partecipo a una sepoltura nel cimitero che è sull’isola di San Michele. “San Michele in Isola” è il titolo della chiesa che fu già dei Camaldolesi e poi dei Cappuccini. Quattro figli maschi tra i venti e i trent’anni portano a spalla la mamma che tutti in vita li aveva portati sulle spalle. Dietro le quattro fidanzate. Le amiche di famiglia commentano che “almeno” quella mamma ha avuto la “consolazione” di lasciarli “che avevano tutti una compagnia”.
Quattro figli maschi e tutti fidanzati
22 Comments
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Quando muore una madre, non si è mai abbastanza grandi! Quando muore una madre si ritorna piccoli, ed è come imparare a camminare per la prima volta…
Camminare con le proprie gambe, sulle proprie gambe è impossibile finchè si è figli, lo si impara quando si diventa orfani di madre. Solo allora, senza quel sostegno arcano, misterioso, si iniziano a “balbettare” i primi passi nel mondo…perché, quando muore una madre…
tutto e’ dolore …
il cielo cade in mare
per morire,
in quell’azzurro
senza piu’ colore.
Il sole non rischiara
le parole,
senza il suo cielo
sembra giu’ cadere,
le pacche sulle spalle
fanno male
e il suo calore
non ti sa’ scaldare.
Quando una mamma
muore,
non la vuoi lasciare…
insieme a lei
vorresti camminare
stringendogli la mano
facendogli coraggio
e’ freddo questo sole….
chissa’ se verra’ maggio!
Spesso sono i figli a portarsi in spalla la madre e il padre.
Bella la poesia Clodine. Non conosco che cosa voglia dire perdere la mamma, ma l’altra sera quando ho sentito mia nonna dire tra le lacrime che non ce la fa più mi si spezzava il cuore…
Capita, Marco.
Ma quando i genitori vengono a mancare sei ben felice di averli portati in spalla, finché e quanto potevi.
..La nonna..altro grande dolore la nonna che muore, specie se è vissuta con te, fin dalla nascita! Quando morì mia nonna,la mia cara nonnina io non c’ero! Ero in gita, per una settimana con la scuola. Ricordo che la lasciai pallida, stretta nella sua bella mantellina di lana blu cobalto, come i suoi occhiono ridenti e sereni. Mi disse
-dove stai andando-
– in gita ma torno presto –
-non mi troverai- rispose!
-ma che dici nonna!!…che dici?!_
Convinta, cosciente che se ne sarebbe andata e non ci saremmo mai più riviste in questo mondo! Avevo 14 anni e, l’idea della morte non mi sfiorava.. Per me, la mia nonna era eterna, senza ombra di dubbio ero certa che non sarebbe mai morta! E’ stato terribile … ancora oggi, al pensiero di lei, mi sciolgo in pianto….come fosse passata un’ora.
quando è morta la nonna materna, mia madre pianse amaramente. per me fu un grosso shock. Fino a quel momento avevo visto mia madre essere sempre forte in tutto, vederla così debole, nel suo pianto angosciato, pur essendo già adulta, mi ha spezzato la certezza che lei mi rappresentava. So che la stessa cosa succederà ai miei figli, quando e se mia madre morirà prima di me
Pensando ai disastri che combinano con il loro autoritarismo, con il loro caricarti addosso i loro fallimenti e le loro frustrazioni, passa la voglia di piangere e ci si sente più liberi.
Di certe cose ci si accorge quando ormai è troppo tardi. Si ha la forza di reggerlo quando non serve più.
Eh sì… i nonni morirono prima della mia nascita; le nonne, ero appena fanciullo quando mancarono; i miei genitori non hanno avuto fratelli sposati, per cui finora il congedo è stato da alcuni zii, tre, in brevi anni. Papà e mamma ci sono ancora, acciaccati ma presenti.
E io, che annuncio il Vangelo della Risurrezione ai miei cristiani, allor che qualcuno di loro passa “di vita in vita” (bella espressione del beato Giovanni Paolo II), sono sempre qui a interrogarmi, ormai sul mezzo secolo, come sarà quando io stesso farò esperienza lacerante di quel distacco.. dove troverò la forza… confesso un po’ di timore. E’ una esperienza che mi manca: la temo, eppure so che essa mi darà un ulteriore supplemento di umanità, di condivisione, mi renderà ancor più fratello tra fratelli, uomo tra gli uomini.
La morte e i blog:
http://www.corriere.it/esteri/11_maggio_10/ultimo-post-blog-malato_ae13d87c-7b3b-11e0-be08-e42815e8b082.shtml
“E io, che annuncio il Vangelo della Risurrezione ai miei cristiani, allor che qualcuno di loro passa “di vita in vita”…”:
Stephanus, mi trasmette sempre qualcosa di molto intenso, quello che scrivi e il come lo scrivi.
Ciao, Mamma; mancavi da tanto.
E’ bello questo parlare insieme, qui, tra noi, della morte e della vita.
Luigi, mi rattrista pensare che hai perduto un’amica. Spero che la nostra presenza, la nostra amicizia un poco lo colmi, quel vuoto.
La morte nell’immediato non la si accetta mai,ci lascia sgomenti anche se siamo credenti,ci lascia increduli.È una realtà che fa parte della vita,si usa dire,e più vero non può essere.Ma quando questa tremenda realtà ci colpisce direttamente,ci abbatte in maniera indicibile e sembra che per noi e per il nostro dolore non ci sia via d’uscita e ci si stupisce che al di fuori di noi la vita continui come se nulla fosse accaduto.Quando poi si perdono la madre e il padre,le radici della nostra vita,per i quali eravamo davvero importanti e che per noi erano insostituibili,il dolore è lancinante e lascia ferite profonde,difficilmente guaribili.Sì,il tempo può attenuare,ma vi è una recrudescenza in certi periodi,in certi momenti che li riportano davanti a noi vivi più che mai in un sorriso,in una parola,in un atteggiamento che dentro di noi non si sono mai spenti.Resta solo la speranza di poterli rivedere,un giorno,nella luce della gloria di Dio.
cari amici,
sono andato a rileggere con un po’ di calma un titolo del 9 gennaio, quello sul nome cristiano,ricordate? Vi ringrazio e grazie tantissime, Luigi, perché è una miniera!!!
affido anche alle vostre preghiere più calde il cugino del mio caro collega, che è stato operato oggi per 12 ore per un tumore alle ossa del piede, accanto alla moglie, medico diagnosticante, al settimo mese di gravidanza del terzo figlio.
Grazie mille Luigi.
E adesso vorrei condividere con voi qualcosa -pagine sparse- del libro che poco fa mi sono messa a rileggere (per l’ennesima volta) (è il libro che sempre rileggo in certe ore che tra loro si assomigliano). E’, di Joao Guimaraes Rosa, “Grande Sertao”, ed. Feltrinelli:
“So, quando l’amarezza preme, cosa è il cane e la creatura. E’ la tristezza, tristi acque, il cuore posto sull’orlo.”
“Dormii, nei venti. Quando mi svegliai, non ci credetti: tutto quello che è bello, è assurdo – Dio è stabile. Oro e argento, Diadorim appariva lì, a un due passi da me, mi vigilava.
Serio, quieto, proprio come lui, eguale soltanto a lui stesso in questa vita. Aveva notato la mia idea di fuggire, aveva seguito le mie orme, mi aveva trovato. Non sorrise, non disse niente. Anche io non parlai. Il calore del giorno si attenuava. In quegli occhi e tanto di Diadorim, il verde cambiava sempre, come l’acqua di tutti i fiumi nei luoghi ombrosi. Quel verde sabbioso, ma così giovane, aveva molta vecchiaia, molta vecchiaia, volendo raccontarmi cose che la mente della gente non è capace d’intenderle – e penso che è per questo che la gente muore.”
“Come posso io raccontare e vossignoria sentire come me? Vossignoria nacque lì? Vossignoria ha sperimentato quello? ha conosciuto Diadorim? Ah, vossignoria pensa che la morte è pianto e sofisma – terra fonda e ossa quiete…Vossignoria dovrebbe poter immaginare una persona aurorare di tutto amore e morire come se fosse solo per uno.”
“Gli occhi di lui rimasti aperti perché la gente li vedesse…Non scrivo, non parlo -perché così non sia: non fu, non è, rimane non essendo! Diadorim..”
“Fu così. Io m’ero ripiegato sulla finestra, per poter non vedere il mondo.”
“Vossignoria non faccia caso. Abbia pazienza, che racconto. La vita della gente mai ha termine reale”
“Qui sto dopo le tempeste… La vita scaduta di una persona, con cammini tutti volti all’indietro, è storia che possa istruire la vita di vossignoria in qualche modo? Vossignoria riempie un quadernetto… Vossignoria vede dov’è il ‘sertao’? Il suo margine il suo centro?”
“Altipiano. Morì il mare, che fu. Andai. Lottai. A più non posso. Come è che io sapevo andare contro la mia tristezza…Se vossignoria facesse una canzone. Di ahi, di me. M’innamorai di una palma, nell’aiuola del crepuscolo… Per la debolezza, crollai, non ne potevo più…”
“Vossignoria trova che la vita è triste? Ma nessuno può impedirmi di pregare; lo può forse qualcuno? L’esistere dell’anima è una preghiera.”
“Vossignoria preghi con me. Qualsiasi orazione. Guardi: tutto quello che non è orazione è pazzia”.
“E termino qui, osservi bene. Questo non è un raccontare i casi della propria vita, con tutta ammirazione. Racconto quel che fui e vidi, allo spuntare del giorno. Aurore.”
“So qualcosa di me? Eseguo.”
Mattlar, grazie per la bella testimonianza.
A Marco 10 maggio 2011 @ 20:40,
accidenti
quanto le tue parole sono forti e come le capisco.
Facendo di corsa ho letto i commenti solo fino a quello di marco,
per quanto non appare “esteticamente” bello quello che scrive,
per tantissimi è terribilmente vero,
e io ne provo profondo rispetto.
Grazie Marco
per la tua sincerità,
sempre dura da accettare.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Questi versi di Pasolini (Supplica a mia madre) esprimono con efficacia quello che mi angoscia al pensiero di una morte della mia anziana madre.
Novant’anni, novantuno quasi e in lei non rimangono che poche tracce di quella femminilità combattente, di quell’ostinazione e quella energia mai risparmiata per mantenere dritta la rotta della nostra famiglia.
Il pensiero di una solitudine infinita, di una insostituibilità assoluta, che la certezza della vita eterna solo in parte lenisce, mi è quasi insopportabile da affrontare.
Quante lotte, quanti pianti di cui ora rimangono solo echi lontani come fotogrammi di un vecchio film in bianco e nero.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
Quel cordone ombelicale che non si è ancora spezzato del tutto e da una parte mi opprime perché mi impedisce di essere libera, e dall’altra mi consola perché in ogni momento so a cosa posso appigliarmi
“Aria acqua terra e fuoco”
Dio
ti sei fatto vento
soffio impetuoso e caldo
e io
ammainata vela
al tuo sospiro
danzo…
Ti sei gettato in me
acqua sulle radici
e io
le fronde al cielo
dopo la sete
innalzo…
Hai posto la tua forza
roccia alla mia salita
e io
mi aggrappo a te
dolgono le mie dita…
Sarai di fronte alfine
fiamma fontale ardente;
io
lettera d’amore
in te
leggerò la vita…
Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,
ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta omai. Dispera
l’ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l’infinita vanità del tutto.
Ciao Fiorenza, per me è bello leggerti, e intuisco che le cose vanno meglio.Un affettuoso pensiero a te
Chi ricorda questa poesia di G.Ungaretti,struggente di nostalgia e consolante?La dedico soprattutto a quelli che,come me,piangono ancora la morte della madre(e del padre).
E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
1930
Madre…
fa un solo sbaglio,
quando chiudendo gli occhi
ci lascia soli in questo mondo…
@Ubi
Proprio per questo le è tanto difficile morire…